19 giugno 1981
Tags : Roberto Peci
Attentato all’avvocato di Patrizio Peci
• Alle 17.40 a Roma attentato contro l’avvocato
penalista Antonio De Vita, 40 anni, difensore d’ufficio di Patrizio Peci, in
viale Mazzini 146, nell’edificio dove il professionista ha il suo studio. Lo
attendono nell’androne un uomo e una donna. Mentre De Vita entra in ascensore
sente sparare, si volta di scatto, viene preso di striscio al collo e a una
spalla. Si getta a terra ed estrae una pistola dal borsello, fa fuoco: colpisce
la donna. I terroristi fuggono. L’avvocato, su consiglio di un carabiniere,
girava armato soltanto da pochi giorni. L’auto viene ritrovata dopo pochi
minuti a via Lepanto, non lontano da viale Mazzini. A Roma in mattinata, poco
prima delle 13.30, quattro terroristi hanno ammazzato il vice questore
Sebastiano Vinci, 44 anni, dirigente del Commissariato Primavalle, che due anni
fa ha condotto importanti indagini sul terrorismo. Gli assassini lo hanno
aspettato all’incrocio tra via della Pineta Sacchetti e via San Cleto: era
sulla Fiat Ritmo di sevizio guidata dall’autista Pacifico Voto, 32 anni.
Accanto a lui sul sedile posteriore il cane Ciccio, che spesso porta con sé.
Fermi al semaforo, vengono avvicinati da due giovani bruni in jeans che
nascondono le pistole sotto a dei giornali. I terroristi sparano e colpiscono a
morte Vinci con sei proiettili: alle spalle, al torace, all’addome. Una
pallottola raggiunge anche l’autista, che si salva al Policlinico. Le Br
fuggono su un motorino e su una 128 blu. Una telefonata alla redazione di
Macerata del Messaggero avverte: «La spia Roberto Peci è stata giustiziata». È
falso, perché intanto nella «prigione del popolo» di via Stazione di Tor
Sapienza i brigatisti hanno allestito uno studio di regia e montaggio: una
telecamera, un apparecchio timer-turner e un videoregistratore, tutto di marca
Telefunken. Sullo sceanario di una bandiera rossa con stella a cinque punte,
davanti alla telecamera, Roberto Peci deve rispondere all’interrogatorio dei
brigatisti.