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 2017  gennaio 11 Mercoledì calendario

MARINO E LE SUE CENETTE: TANTI CALI DI MEMORIA E INSUFFICIENZA DI PROVE

Innocente. Ma “non commendevole”. Le 54 pagine della sentenza che assolve Ignazio Marino escludono responsabilità penali. Con formula piena ma, a proposito di due episodi, si cita quella che una volta era l’insufficienza di prove. Una sentenza che è forse un ritratto dello stile Marino. E che segna un precedente: manca una disciplina che definisca cosa diavolo siano le spese di rappresentanza, sembra invocare il magistrato. Due le vicende che vedevano imputato l’ex primo cittadino Pd: i contratti e le rendicontazioni della onlus che faceva capo a Marino e la faccenda degli scontrini delle spese di rappresentanza. Cominciamo dalla onlus. Si parla di contratti fantasma per due dipendenti. Il magistrato ricorda che Carlo Pignatelli – dipendente indagato – “aveva manifestato il convincimento che Marino fosse ‘consapevole del modo con il quale era stato assunto e retribuito’”. Non una prova, però, solo un convincimento. Ma i giudici non hanno dubbi: “Le evidenze di cui sopra non solo non consentono di ritenere raggiunta una prova ‘indubitabile’ della consapevolezza di Marino, ma sono senz’altro tali da indurre ragionevolmente a escludere che questi ne fosse stato in qualsivoglia modo reso edotto”. Pronuncia netta: il fatto, per Marino, non sussiste.
Più articolata la pronuncia riguardo agli scontrini. Innocente penalmente. Ma, se così si può dire, colpevole di un certo casino. Un tantino smemorato. Non sono, però, reati. Il magistrato Pierluigi Balestrieri usa parole più eleganti: “Amministrativamente non del tutto commendevole”.
Del resto, si ricorda, Marino aveva deciso “di donare 20 mila euro al Comune, all’esito del mandato e non per ristorare l’Ente per l’indebito utilizzo della carta di credito”. Il magistrato ripercorre anche la prassi della compilazione da parte degli uffici delle note spese. Magari a mesi di distanza. Un discreto caos, appunto. Aggravato dall’uso dell’agenda elettronica “condivisa da 50 persone di vari uffici”. Addio, pare dire il giudice, ai bei tempi delle agende di carta.
Ma vediamo nei dettagli. Alcuni gustosi, come “le spese sostenute per l’acquisto di calici, pissidi e tintoria”. “Secondo Marino, una tradizione prevede che il Campidoglio regali calici per la festa di Santa Francesca Romana”. Quanto alla tintoria, bisognava lavare gli abiti storici di alcuni trombettieri di Vitorchiano.
Il magistrato rievoca i “non ricordo” di Marino. “In merito alla cena al ristorante Girarrosto Toscano” Marino ha dichiarato che “si era trattato senz’altro di una cena per motivi istituzionali, in ordine alla quale tuttavia, a distanza di così tanto tempo, non era in grado di fornire ulteriori elementi. Anche riguardo alla cena presso il ristorante Archimede Sant’Eustachio, Marino, a distanza di quasi due anni, non era in grado di rammentare con chi vi fosse addivenuto”. Idem per la cena al Sapore di Mare, pur confermando la sicura valenza istituzionale.
L’accusa si era concentrata su due cene. Una in particolare con una donna. Gli investigatori avevano portato le testimonianze dei camerieri che da fotografie avevano creduto di riconoscere la moglie di Marino, parlando di un atteggiamento confidenziale del sindaco e della sua ospite. Come per una cena privata, con carta di credito del Comune. Marino aveva replicato: “Si tratta della dottoressa Claudia Cirillo” invitata per convincerla a far parte del coordinamento della Città della Scienza. Cirillo ha confermato. Era lei. Gli investigatori non sono convinti. Ma il magistrato scrive: “Non si comprende perché le dichiarazioni a discarico di Marino” dovrebbero valere meno di quelle fornite “a due anni e mezzo di distanza” da due camerieri, “ogni sera impegnati nel servizio di decine di clienti… e non si comprende perché la Cirillo avrebbe dovuto coprire Marino assumendo il rischio, poi inveratosi, di essere sottoposta a procedimento penale per false dichiarazioni al pm”. Insomma, il sindaco era a cena con una donna, ma non con la consorte. I magistrati accettano la versione. Forse anche la moglie. Caso chiuso, almeno in primo grado. La procura farà appello.