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 2017  gennaio 06 Venerdì calendario

GLI 80 ANNI DI PAOLO CONTE: AUGURI, MAESTRO. CHIUSO IN CASA NEL MONFERRATO, IL CANTAUTORE FESTEGGIA E GUARDA AVANTI. E NEL FUTURO VEDE ANCORA TANTA MUSICA


In Francia lo hanno coperto di onorificenze e medaglie, da noi Stato e ministri frequentano poco la musica popolare e amen. Ma magari Paolo Conte è più contento così. Lui che detesta amabilmente i discorsi e la retorica, oggi tappato in casa nel Monferrato e lontano dai telefoni per fuggire l’eco di quegli 80 che gli piombano sulle spalle, pensando inevitabilmente alla sua vita guarderà di certo anche avanti, e vedrà (nel passato come nel futuro) il colore della gloria che gli va più a genio, quella delle file di accoliti che riempiono per lui i teatri delle capitali di tutto il mondo, che si sbracciano e vanno in deliquio quando Paolo si piazza dietro il pianoforte, e attacca con le sue delizie sonore.
Piccoli gioielli con liriche come pietre incastonate con la cura disinvolta di una cultura antica. Lo swing sferragliante e quella sottolineatura jazzy che si diffonde come un profumo nelle sale da concerto, i musicisti perfetti (che fiati, che chitarre). E la voce? La compiacenza non le appartiene, con grazia interna e rapida infila storie surreali e lampi concretissimi («Però un pediluvio mi farò/c’ho qui un bel talco da miliardario...») e via, la-la-la-la dentro la musica, sempre regina.
Tutto questo è, ieri oggi e domani, Paolo Conte, già avvocato specializzato in fallimenti, già captain del Paul Conte Quartet. In attesa di diventare artista in proprio ha dato al nostro Paese pezzi da novanta del patrimonio popolare: per primo a Celentano, con il quale debuttò e fu La coppia più bella del mondo, un valzerone. A 31 anni, nel ‘68, Azzurro sempre per Celentano (anche lui oggi compie gli anni, e sono 79), nel ‘70 Messico e Nuvole a Enzo Jannacci, nel ‘74/75 Onda su onda e Genova per noi per Bruno Lauzi.
Il successo spinse la discografia (già allora miope) a stampare i suoi album, le sue storie, il Mocambo. Roberto Benigni fu il divulgatore di Via con me. Rambaldi con il Club Tenco lo incoronò da subito, puntandogli addosso un faro che ha acceso la sua luce, poco a poco, in tutto il mondo.
Gli ingredienti del particolarissimo Conte sono tanti, un cocktail misterioso come il personaggio ora barricato nel Monferrato. La passione per il jazz e lo swing coltivata fin da studente, una famiglia borghese nella città più colta della provincia piemontese, Asti. Lo sguardo curioso e disincantato sulla musica italiana, la passione per quella francese. La curiosità, anche, per l’umanità guardata in modo distaccato e ironico, però complice. Il gusto della parola, dell’enigmistica, della pittura. Il senso orgoglioso dell’unicità (quella che ora manca così tanto).
Marinella Venegoni, La Stampa 6/1/2017