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 2017  gennaio 04 Mercoledì calendario

SAREMO MARZIANI. SCONGELARE L’ACQUA AI POLI E DIFFONDERE BATTERI CAPACI DI PRODURRE OSSIGENO ECCO COME IL PIANETA ROSSO POTREBBE DIVENTARE LA PROSSIMA CASA DELL’UMANITÀ

«Sono appena tornato dalla Terra, dove non siamo più grado di gestire i pesantissimi mutamenti ambientali iniziati nel XXI secolo. Qui, su Marte, invece, prosperano i nuovi studi sul “terraforming”. Da quando siamo riusciti a ricreare un’atmosfera, anche se non ancora respirabile, e a riportare l’acqua nei grandi bacini, il clima ha iniziato ad essere più mite e permette la crescita di alcune specie di piante terrestri con il Dna modificato. Sento che ce la faremo».
Questa potrebbe essere una pagina del diario di uno scienziato che vive nella prima colonia marziana. Nel visionario libro «The Terraforming of Mars and Venus» di Charles Joynson la colonizzazione di Marte è prevista intorno al 2300, mentre la qualità della vita e il clima sulla Terra peggiorano senza sosta. Il «terraforming» (in italiano «terraformazione») è la tecnica con cui si rende un pianeta simile alla Terra e, quindi, abitabile. Il «terraforming» marziano, anche se è ancora di là da venire, non è soltanto fantascienza: non a caso abbiamo collocato il nostro scienziato, con ottimismo, nel 1250 d.C. del calendario marziano (dal momento che Marte impiega 1,88 anni terrestri per percorrere la propria orbita intorno al Sole).
Oggi studiamo come ricostruire le condizioni di abitabilità sul Pianeta Rosso, dove esistono tutti i tasselli per ricreare il meraviglioso puzzle della vita. Si tratta di studi fortemente interdisciplinari, che richiedono le conoscenze di chimici, fisici, ingegneri, biologi, geologi. Pur essendo rarefatta e con temperature medie piuttosto basse (tra −140 °C e 20 °C), la tenue atmosfera di Marte, composta sostanzialmente da anidride carbonica, con tracce di argon, azoto ed ossigeno, poggia su un pianeta in che contiene gli elementi necessari per ricostruire un clima terrestre: tutto sta a combinarli nell’ordine giusto.
Abbiamo, inoltre, la certezza della presenza dell’acqua, non solo quella congelata ai poli e nel sottosuolo, ma liquida e salata sotto forma di rivoli fantasma che appaiono e scompaiono. Occorrerebbe fare in modo che l’acqua torni a scorrere copiosamente sulla superfice del pianeta, come probabilmente accadeva oltre tre miliardi di anni fa, prima che Marte, perdendo la propria atmosfera, si trasformasse nel Deserto Rosso del Sistema Solare.
Uno degli strumenti visionari del «terraforming» è quello di deviare un certo numero di comete di ghiaccio verso il Pianeta Rosso per rifornirlo della grande quantità d’acqua necessaria a riempire di nuovo i bacini. Un altro è quello di bombardare con testate nucleari i poli marziani per fare fondere la CO2 congelata contenuta nelle calotte, sprigionando così gas in grado di riscaldare e ispessire l’atmosfera per mantenere l’acqua allo stato liquido. In entrambi casi l’obiettivo è quello riprodurre su Marte un effetto serra tale da innescare una serie di reazioni biochimiche a catena che potrebbero favorire la creazione di un ambiente adatto al sostentamento della vita.
Il secondo metodo, al di là delle implicazioni etiche, avrebbe molti effetti collaterali, tra cui l’aumento del livello di radiazioni su un pianeta già sterilizzato dai raggi cosmici. Un’altra possibilità è quella di sfruttare microorganismi opportunamente selezionati o modificati. Tra le applicazioni dell’ingegneria genetica e della biologia sintetica, la Darpa statunitense («Defense Advanced Research Projects Agency») progetta nuovi tipi di organismi in grado di vivere nelle condizioni ambientali più diverse. L’idea è l’adattamento di organismi estremofili - come le alghe anossiche che si sviluppano in assenza di ossigeno -, i quali sono capaci di sopravvivere in condizioni proibitive e che vengono ideati apposta per creare un nuovo clima. Eseguendo la fotosintesi e moltiplicandosi, prospererebbero e potrebbero quindi rendere l’ambiente marziano adatto alla vita terrestre, come successe sulla Terra circa un miliardo di anni fa, quando i cianobatteri crearono l’ossigeno grazie alla fotosintesi, a partire dall’acqua e dall’anidride carbonica.
Uno dei problemi maggiori per mantenere stabile l’atmosfera marziana sembra però essere l’assenza di un campo magnetico, fenomeno fondamentale per la vita sulla Terra. Il magnetismo è causato dal movimento del magma nelle viscere del nostro Pianeta, lo stesso meccanismo che causa la tettonica a placche e che, oggi, è sostanzialmente assente su Marte. Estendendosi per decine di migliaia di chilometri nello spazio, la magnetosfera è un potente scudo che protegge la Terra e la sua stessa atmosfera dai raggi cosmici e dal vento solare. Si pensa che il magnetismo di Marte sia scomparso da circa 4 miliardi di anni a causa, forse, di potenti tempeste solari. Senza campo magnetico l’atmosfera del Pianeta Rosso è stata dispersa nello spazio ed è quindi probabile che, in assenza di questo campo, l’azione di «terraforming» debba essere mantenuta nel tempo per stabilizzare il clima marziano. In alternativa sarebbe necessario produrre un futuribile schermo magnetico planetario artificiale.
L’uomo ha esplorato ogni angolo della Terra, moltiplicandosi fino a dominare le altre specie e influenzandone il clima in modo sempre più vistoso. Esplorazione e innovazione sono le due caratteristiche che lo rendono unico tra tutti gli esseri viventi e, forse, queste stesse caratteristiche, un giorno, lo porteranno alla colonizzazione di Marte. Se dovesse accadere, evolveremo in una specie multi-planetaria: è forse questo il nostro inevitabile destino.
Roberto Battiston, La Stampa 4/1/2017