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 2016  ottobre 30 Domenica calendario

J-AX, LA RIVINCITA DI UN PERDENTE

L’uomo che ha vinto (almeno) tre volte. Sui bulli che lo tormentavano alle medie, sulle ragazze che lo mollavano perché non aveva abbastanza soldi, sui giornalisti che lo avevano battezzato finito troppo presto. J-Ax è un perdente di successo e la sua autobiografia un viaggio di una vita che non sempre è stata in rima perfetta. «Imperfetta forma» inizia con una scampata overdose a Cuba («lo sballo era la mia aspirina»), ma scava anche in un passato fatto di colazioni col Nesquik, la scoperta di Hemingway e Dostoevskij, la passione per l’Amiga 500 conquistata facendo il pony express di nascosto dalla mamma.
J-Ax viene dalla periferia, da un qualsiasi paese della provincia italiana. Non ha le scarpe giuste, non ha il motorino, non fa parte del branco. «Ero un paninaro low-cost». Le ragazze lo ignorano, i ragazzi più grandi lo menano. «Chiesi a mia madre perché mi avesse messo al mondo sapendo di non potermi dare una vita felice. Mi vergogno ancora oggi di averglielo detto, ma da ragazzo lo pensavo davvero». Però poi arriva la redenzione grazie alla musica, il grilletto per sparare ogni rivincita. «Eravamo stufi di sentir parlare di cantautori con la barba che sapevano solo parlare di un passato in cui non potevamo identificarci». Così è montata l’onda rap: «Rappavo in inglese, all’inizio i miei testi scritti con le conoscenze linguistiche di un ragazzo di un istituto tecnico erano di una qualità che oscillava fra una traduzione automatica su Internet e un gatto che cammina sulla tua tastiera».
Con Dj Jad arriva il successo degli Articolo 31: «Decidemmo di chiamarci così dopo un incontro con un professore universitario che ci parlò di questo articolo della costituzione irlandese sulla libertà di espressione e di parola... Ci siamo conosciuti ragazzi, siamo diventati uomini insieme, invecchieremo separati». Ma il successo non è mai completo. «Nella musica italiana prima sei un figo, poi sei un venduto e alla fine sei un classico. Ecco allora i momenti bui. Le lacrime: «Piango spesso o mi commuovo, solo gli stupidi lo vedono come un segno di debolezza». Ma anche momenti sorprendenti, come la telefonata dello staff di Bob Dylan che chiede di utilizzare la loro versione di «Like a Rolling Stone» per il film Masked and Anonymous . Il libro è anche un pezzo di storia del rap italiano, quello nato sui marciapiedi di Milano, sdoganato dalle radio e finito espugnando la roccaforte nemica della tv: «L’ho vissuta come un’occasione per riprendermi ciò che il sistema mi aveva tolto. Prima di accettare “The Voice” chiamai Maria De Filippi, Albertino. Gli altri rapper mi dissero “vai, è arrivato il momento anche per noi di andare in televisione”... Ero diventato il Massimo D’Alema del rap, quello a cui telefonare per una dichiarazione a proposito dei nuovi arrivati». J-Ax oggi ha 44 anni. Ha chiuso con la droga («la cocaina è come chiedere in prestito un po’ di pace alla morte») e si è rilanciato anche come imprenditore, grazie al socio Fedez («Mi ha pugnalato al cuore con la siringa di adrenalina»). Il loser alla fine ha trovato il suo posto nel mondo. Commettendo i suoi errori. «Gli unici che non hanno mai sbagliato sono Bob Marley e Eminem».