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 2016  ottobre 28 Venerdì calendario

BENTORNATI URLATORI


Quattro ragazze camminano a braccetto trionfanti: sono vestite con tutti i colori e le fogge possibili e paiono certe esemplari invitate alla sfilate di moda, decise a far più spettacolo dello spettacolo: e i cappelli? Di così pazzi se ne sono visti, e in bianco e nero, solo nel film Donne di Cukor, del 1939, quasi 80 anni fa. Però se si guarda con più attenzione, oltre i tacchi a spillo, le calze maculate, i guanti azzardati, i capelli viola, gli orecchini enormi, le bocche carminio, pare di riconoscere gli sguardi, i sorrisi, la vivacità di volti famosi, a due per volta. Due Celentano di qua, due Mina di là, in un montaggio di grande allegria e complicità. È la copertina del nuovo disco inciso insieme da questi celebri personaggi senza età e senza tempo, eroi del nostro spettacolo da sempre, intramontabili e insuperabili: le loro canzoni hanno attraversato i decenni accumulandosi, quelle vecchie e quelle sempre nuove, le loro voci erano e sono voci, non squittii o grida, non brontolii o sussurri che sono il cantare delle nuove star con milioni di fan per una stagione, mentre loro lo sono da più di cinquant’anni. Sul retro della copertina ci sono ancora le quattro vispe ragazze, viste appunto da dietro, trionfanti e a braccetto: nell’immobilità della foto, pare persino che sculettino. Giovani, pazzerelle e felici.
È addirittura dall’ottobre del 2015, un anno fa, che sono iniziate le cosiddette indiscrezioni sulla favolosa possibilità che dopo 18 anni dal primo disco insieme, la Mina e il Celentano ne incidessero un altro. In quel 1998 lui aveva 60 anni, lei due meno, e il loro disco mina celentano, con in copertina, schiena contro schiena, un Paperino e una Paperina da cartoon con i loro tratti, vendette come nessun altro italiano in quell’anno, 1.600.000 copie. Adesso a gennaio lui ne compie 79 e lei a marzo 77: luminosi come tanti altri immortali di poco più giovani, come il premio Nobel Bob Dylan, Springsteen, Elton John. Nel nuovo disco ci sono 12 canzoni, 9 nuove più il remix di Prisencolinensinainciusol cantate insieme, una a testa da soli. Il titolo è Le Migliori e Claudia Mori, da 52 anni moglie di Adriano e amministratore delegato del Clan Celentano, conferma che quel titolo e l’idea del travestimento sono nati da una mail di auguri a Mina per il suo compleanno, in cui lui scriveva: «Tutti ci fanno incazzare, ma te ed io saremo sempre le migliori». Al femminile? «Perché di solito prevale il maschile, perché lui crede alle tante espressioni della sessualità e oltre, perché pensa che bisogna amarsi tutti, al di là del colore della pelle, della religione, della cultura, del denaro: ma anche in omaggio alla grandezza di Mina».
Un video clip di Gaetano Morbioli celebra Amami Amami, la prima canzone del nuovo cd, girato sul lungomare della California, giovani di ogni colore che si rincorrono mentre su muri sbrecciati o eleganti scorrono le parole della canzone, le voci dei due interpreti, le immagini di lei e di lui.
Mina è nonna, Adriano è nonno: lei, dei figli del primogenito Massimiliano, cioè di Axel ed Edoardo e potrebbe essere già bisnonna; lui, a 78 anni, del nipotino figlio di Giacomo, il terzogenito: mentre molto amata è anche Viola, due anni, figlia del figlio della sorella di Claudia. Patriarca lui, patriarca lei, eppure le loro voci sono giovanissime, inalterate, appassionate, uniche, come ai tempi di Il ragazzo della via Gluck e di Il cielo in una stanza: «Amami amami» cantano adesso insieme, e lei: «E se non ti avessi amato mai adesso non saresti qui», e lui: «Pericolosa amica mia sarò un pericolo per te», in un intreccio di note che pare un abbraccio senza fine. E poi ancora: «È l’amore», Adriano: «È l’amore che non mi lascia stare», e Mina: «È l’amore che brucia l’anima». E chi ascolta sente che in queste parole, in queste note, c’è un sentimento antico e caldo come la passione d’amore. Poi naturalmente non può mancare il Celentano che predica la sua visione del mondo, cantando Il bambino col fucile: «A Medjugorje si vede la Madonna e sta piangendo, la nonna in minigonna in parlamento, all’asilo c’è un bambino col fucile...». L’assolo di Mina è invece ancorato all’amore, e si intitola Quando la smetterò. Sempre, come in passato, quell’idea di lasciare.
Così contemporanei, non si sa se anche per i critici, Adriano e Mina portano con sé inevitabilmente la loro giovinezza lontana, che è stata anche il tempo in cui la giovinezza di tutti ha cominciato a sbocciare, si è sottratta all’uniformità, è diventata una categoria: in una Italia antica, padronale, di un moralismo punitivo non solo sessuale. E per esempio al Festival di Sanremo 1961 (cui pur essendo di leva e consegnato in caserma poté partecipare per intervento personale di Andreotti), Adriano cantò voltando le spalle al pubblico, scandalizzandolo anche per il suo rock: la canzone era 24 mila baci, e quell’anno vinse Al di là, con la voce melliflua di Luciano Tajoli, rivale di Claudio Villa e come lui adorato da un Paese che d’amore voleva piangere, come ai film di Matarazzo.
Di Mina ricordo la fremente conferenza stampa in un ufficio della milanese Galleria del Corso in cui, già celebre, a 23 anni, annunciò qualcosa allora inaccettabile, un peccato che le donne dovevano pagare (gli uomini ovviamente no): stava per diventare una ragazza madre (definizione fortunatamente scomparsa da molto), avendo «peccato» con Corrado Pani, attore belloccio e apprezzato, per di più sposato anche se già separato, in tempi in cui da noi non esisteva il divorzio. Oggi in televisione, e certo sono passati più di cinquant’anni, è molto ambito chiunque abbia da raccontare una vita erotica delle più tempestose, le coppie dello stesso sesso che si sposano in diretta, i cantanti transgender con il seno e la barba (ma anche, più allarmante, la coppia con 16 figli). Mina invece fu bandita dalla televisione in cui già trionfava, così giovane, così bella e sottile, così coraggiosa, così geniale e nuova. Il secondo ricordo indimenticabile che ho di lei è una notte di agosto alla Bussola di Marina di Pietrasanta, allora il locale più alla moda della costa tirrenica: aveva appena finito di cantare con la solita passione e il solito successo, aveva chiuso il corpo in un vasto abito nero, la sua carnagione lunare splendeva drammatica. Aveva deciso di scomparire davvero, e ormai si sapeva che lei le decisioni non le rimangiava mai. Rivoleva vivere, rivoleva la libertà, rivoleva se stessa, il silenzio, la sicurezza, il rispetto che la popolarità spesso non comporta. Negli ultimi anni soffriva la persecuzione incattivita di cronisti e fotografi, le illazioni sulla sua vita privata, soprattutto la paura, che in quel momento era molto diffusa, dei rapimenti: che infierissero su Paciughino, su Benedetta, sulla sua solitudine, sulle sue speranze di un futuro più dolce.
Mina e Celentano sono legati forse dall’amicizia, forse dalla celebrità, dalla rivalità, dalle scelte diverse di vita. Nel 1959 lei ha inciso Vorrei sapere perché di Celentano, un anno dopo erano insieme in un film pop Urlatori alla sbarra, hanno cantato insieme in programmi televisivi d’epoca, come Studio Uno e Sabato sera, oggi comunicano via mail. Per Le Migliori lui ha inciso nel suo studio a Galbiate, lei in quello di Lugano, però un paio di volte si sono anche incontrati.
Dice Claudia Mori: «Li unisce, a parte la musica, l’essere irregolari sul serio, l’aver sempre trasgredito, il mettersi ogni volta in gioco». Pugno di ferro, la moglie di Adriano, che fu bellissima, quattordicenne anche in Rocco e i suoi fratelli, oggi è una placida signora allargata con i begli occhi di un tempo, che si comporta però, dice lei, «come un mastino. Ci paragonavano a Yoko Ono e a John Lennon, ma a me sembrava che Yoko Ono fosse mio marito».
Se sono stati separati negli anni Ottanta, un’epoca fa, ormai sono insieme, cementati: «Anche perché lui riesce sempre a farmi ridere, è imprevedibile, mi dà risposte che non mi aspetto». Può darsi che c’entri pure il fatto che lei è stata cintura nera di karate a livello agonistico: certamente è sapiente nel difendere la vita privata di Adriano, nell’organizzare benissimo quella professionale, nell’accettare serena le sue stranezze. Per esempio: «Gli devo comprare calze e t-shirt a centinaia alla volta, perché lui ha l’abitudine di tagliarne le punte e di sforbiciare gli orli: dopo due lavate, bisogna buttarle».
Nel caso di quest’ultimo disco atteso come un massimo regalo dai fan ottantenni o quindicenni, Claudia è riuscita a evitare ogni noia e fatica, a lui e anche a se stessa, rifiutando di rispondere a lacrimose domande persino via mail, con la scusa che pure Mina non ne aveva proprio voglia. Inutile insistere: al massimo arrivano, all’umiliato cronista, vecchi vezzeggi di Mina a Celentano (su Vanity Fair) o antichi elogi di Celentano a Mina (La Stampa). Del resto sfuggire oggi a ogni esibizionismo è privilegio di pochi, rifiutare di esprimersi un vantaggio della vecchiaia: lui ha venduto 150 milioni di dischi, ha interpretato e in parte girato più di 40 film popolari, ogni volta che appare in video assicura anche 16 milioni di spettatori (18 nel duetto con Morandi). Pur di averlo la Rai gli dà carta bianca e lo lascia alle sue prediche, politiche, religiose, ecologiche, sociali e una volta, pur di non perderlo, il direttore di rete di allora, Fabrizio Del Noce si è sospeso temporaneamente. Anche Mina ha venduto 150 milioni di dischi oggi è cittadina svizzera, vive a Lugano da single (il marito cardiochirurgo vive a Milano), il presidente Ciampi le ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, la sua immagine è totalmente scomparsa da anni ma lei continua a incidere nuove canzoni, sempre magnifica, e a essere amata da un pubblico che può pensarla ancora svettante come appare nei brani dei suoi spettacoli che raccontano i suoi, e i nostri, tempi giovani. Oggi il tempo dei giovani è quello del web, della condivisione di sé sino alla propria vita erotica, sperando che diventi virale, in pasto a milioni, un momento di vita usa e getta. Grandiosa Mina.
Natalia Aspesi