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 2016  settembre 30 Venerdì calendario

I SUPERPOTERI DEL PIOMBO


Che cosa lega tra loro gli alambicchi degli alchimisti medioevali, le cristallerie più pregiate, le vernici dei grandi pittori, l’antiruggine, le valvole delle vecchie radio, l’industria bellica, le macchine da stampa e perfino le centrali nucleari? Un unico elemento, per la precisione il numero 82 della tavola periodica, il piombo.

DALL’URBE A NOI. I tecnici che nell’antica Roma si occupavano delle tubature si chiamavano plumbarii, un termine che è arrivato fino a noi nell’inglese plumber, idraulico. Nell’Urbe, infatti, l’acqua era trasportata spesso da tubature in piombo, un materiale ideale perché non arrugginisce ed è così malleabile che può essere battuto in fogli e “saldato” a martellate per tappare una falla. Oppure lo si può facilmente fondere e far colare sulla sezione danneggiata: ha un punto di fusione così basso (327,5 °C) che per liquefarlo basta un fuoco di legna, mentre il ferro fonde a più di 1.500 °C.
Purtroppo il piombo, come molti metalli pesanti, è velenoso, e per i tubi delle epoche successive fu progressivamente sostituito con ghisa, rame e plastica; ma la leggenda che abbia causato la fine dell’Impero romano rendendo dementi i suoi ultimi imperatori non ha basi scientifiche: una ricerca svolta nel 2014 dall’Università Lumière di Lione, in Francia, ha concluso che l’acqua bevuta dai Romani – pur avendo un contenuto di piombo cento volte superiore a quella di sorgente – non era così inquinata da costituire un problema di salute pubblica.

GLI 8 SUPERPOTERI. Resta il fatto che oggi il piombo è famoso soprattutto per le sue qualità venefiche, e ben pochi sono a conoscenza dei suoi straordinari superpoteri. Per esempio, lo sapevate che aggiunto al vetro lo rende più brillante invece che più opaco? Il primo a scoprirlo fu l’inglese George Ravenscroft che nel 1674 brevettò il suo nuovo “vetro cristallino”, ottenuto aggiungendo il 27% di ossido di piombo: l’ossido modificava l’indice di rifrazione dando al vetro quasi la brillantezza di una pietra preziosa. Per capirci: l’acqua ha un indice di rifrazione 1,3 il vetro 1,5, il cristallo 2 e il diamante 2,4. Allo scadere del brevetto, il cristallo al piombo si diffuse in Gran Bretagna e poi in tutta Europa. Fu un brutto colpo per i maestri vetrai di Murano!
Il secondo superpotere è chiamato “passivazione”. Esposto all’aria, questo elemento si combina subito con l’ossigeno creando un tetraossido ben noto a tutti: il minio. Questa curiosa “ruggine”, a differenza di quella del ferro, rimane saldamente attaccata al metallo e impedisce la corrosione degli strati sottostanti, tanto da essere usata in tempi moderni proprio come antiruggine. I Greci erano ben consapevoli di questa proprietà e la sfruttarono per proteggere il Partenone. Ogni colonna di questo monumento, infatti, è costituita da vari rocchi, anelli di marmo, che venivano infilati come rondelle su un perno di ferro. Alla fine, però, il ferro veniva ricoperto con una colata di piombo che serviva a mantenerlo intatto nei secoli. Quando, nel 1922, l’ingegnere greco Nicolaos Balanos eseguì il restauro del Partenone, non si preoccupò di proteggere le staffe con il piombo fuso, e già nei primi anni ’50 grossi frammenti di marmo cominciarono a staccarsi, costringendo il governo a effettuare un nuovo restauro in fretta e furia.
Il terzo superpotere, imprevedibile quanto il primo, è la propensione a realizzare pigmenti di straordinaria qualità. Senza il bianco di piombo, chiamato anche biacca o cerussa, non avremmo molti capolavori di Tiziano, Velázquez, Rubens o Rembrandt.

NEL MAKE-UP. Esistevano anche altri bianchi, certo, ma quello al piombo aveva una maggiore coprenza (la capacità di coprire e proteggere), un’eccezionale lucentezza e consistenza. Senza la biacca Raffaello non avrebbe potuto ottenere gli impasti cui sovrapporre le sue velature. Anche il minio (rosso) e il litargirio (giallo) erano ottimi pigmenti a base di piombo; ma senza la biacca la storia della pittura sarebbe stata diversa. Purtroppo, la vanità umana spinse molti nostri antenati a usare questa stessa sostanza non solo per l’arte ma anche per imbellettarsi il viso. Già gli Egizi usavano la biacca per sbiancarsi la pelle e ricorrevano al minio per accentuare il rosso delle labbra, e l’uso fu trasmesso a Greci e Romani.
Nel XVI secolo si mescolavano biacca e aceto per realizzare maschere di bellezza, senza sapere che invece il piombo rovinava la pelle, avvelenava gli organi interni e faceva cadere i capelli. In epoca elisabettiana, la moda di radere i capelli per esibire una fronte alta nacque anche perché molte dame di corte erano ormai quasi calve. L’uso di questi cosmetici diminuì solo a metà Ottocento, ma ci vollero ancora parecchi decenni perché scomparisse del tutto.
Ci sono poi altri due superpoteri che hanno davvero cambiato il mondo: la duttilità e il basso punto di fusione. Queste doti, unite all’alto peso specifico che permette di racchiudere una grande massa in un piccolo spazio, lo hanno reso perfetto per i proiettili delle armi da fuoco. Il piombo è abbastanza denso da rendere le pallottole mortali e abbastanza morbido da adattarsi alla canna dell’arma senza graffiarla: l’ideale per ferire e uccidere a ripetizione. Ma le stesse qualità hanno reso possibile anche una straordinaria rivoluzione culturale, quella della stampa. Addirittura, con l’introduzione nell’800 della monotype e della linotype, l’operatore batteva su una tastiera un’intera riga di testo e i relativi caratteri in piombo o la riga venivano fusi all’istante (è per questo che gli errori si chiamano “refusi”: perché costringevano a fondere di nuovo il carattere o l’intera riga).

PESI E INCANTESIMI. Tornando al peso, tuttavia, il piombo non ha alcun primato: un cubetto di osmio di dieci centimetri di lato pesa 22,6 kg contro gli 11 kg di un identico cubetto di piombo (un pari volume d’acqua, in pratica un litro, pesa 1 kg). Il peso specifico del piombo, però, ha una caratteristica che è stata storicamente importante: è simile a quello dell’oro. Tanto da aver indotto molti alchimisti medioevali a effettuare infiniti esperimenti (e incantesimi) per trasformarlo nel più nobile dei metalli. Curiosamente, in epoca moderna si è scoperto che alcuni elementi si possono davvero trasformare l’uno nell’altro, e senza bisogno della magia. L’uranio, per esempio, subisce una catena di decadimenti radioattivi che lo trasmutano progressivamente in una quarantina di sostanze diverse per arrivare infine a una forma stabile... che è proprio il piombo!
Il sesto e il settimo superpotere riguardano l’elettricità. Nell’800, la pila di Volta diede il via a ogni genere di sperimentazione; ma ci vollero 60 anni perché il francese Gaston Planté scoprisse che proprio con il piombo si poteva costruire una pila reversibile, cioè ricaricabile, e capace di fornire una tensione stabile. Nacque così la prima batteria al piombo e da allora, pur con vari miglioramenti tecnici, questo materiale fornisce elettricità alle nostre auto.
Poco dopo, nel 1874, il tedesco Karl Ferdinand Braun scoprì che un cristallo di piombo, la galena, collegato a un filo metallico permetteva alla corrente di passare solo in un senso: creò insomma un diodo, economico e facile da produrre, che dalla fine del ’900 fu usato come componente base delle primitive radio.

NELLA BENZINA. L’ultimo superpotere fu scoperto più recentemente, dopo gli esperimenti di Pierre e Marie Curie con il radio: il piombo fornisce la migliore schermatura possibile alle radiazioni, una qualità che lo rende essenziale per chiunque lavori in un settore pericoloso come quello dell’energia nucleare. Purtroppo, però, nessun superpotere può cancellare la cattiva fama di questo elemento, accentuata da alcune tecnologie sconsiderate usate in passato, come l’uso del piombo tetraetile – una particolare molecola – nella benzina: dalle prime denunce ci sono voluti oltre 20 anni perché la benzina al piombo fosse messa al bando in Europa. Per non parlare dell’uso deliberato di sostanze che oggi sappiamo essere tossiche, come le vernici al piombo usate in Cina che nel 2007 hanno causato il ritiro dal mercato mondiale di quasi 20 milioni di giocattoli.
Oggi il piombo è scomparso dalle tubature, dalle vernici e in genere da tutti gli oggetti che possono entrare a contatto con la pelle. E per gli oggetti di uso quotidiano come le batterie delle auto, l’importante è non buttarle in discarica: gli 8 kg di piombo lì contenuti possono essere tranquillamente recuperati senza inquinare l’ambiente. «Già nel 1988 è stato istituito un consorzio per il riciclo dei rifiuti al piombo, il Cobat», racconta Giancarlo Morandi, l’attuale presidente. «Oggi che il riciclo è arrivato al 98% possiamo vantarci di essere, come Paese, un’eccellenza mondiale in questo senso». Si riciclano solo le batterie delle auto? «No, ci sono anche gli accumulatori industriali, come quelli degli ospedali», spiega Morandi. «Nel corso della nostra attività, abbiamo recuperato un quantitativo di piombo equivalente a quello ricavabile da una miniera lunga 20 km, circa 200mila tonnellate l’anno. Ma le cose sono destinate a cambiare e stiamo già valutando, con la collaborazione del Cnr, quale sia il modo migliore per riciclare le future batterie al litio, quelle che alimentano le auto elettriche e i nostri smartphone».
Mauro Gaffo