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 2016  settembre 30 Venerdì calendario

I NUOVI ASTRONAUTI


Scordatevi i fisici scultorei da supereroi. La prossima generazione di astronauti somiglierà di più ad Angus MacGyver, l’agente segreto dell’omonima serie tv, che, con un semplice coltellino milleusi, riusciva a cavarsela in ogni situazione. Perché, in un mondo inesplorato e ostile come Marte, non sarà possibile prevedere tutto. E la capacità di arrangiarsi, di usare le mani e di improvvisare, diventerà la vera arma di sopravvivenza.
Ma non sarà l’unico requisito degli astronauti 2.0, che dovranno esplorare altri pianeti. Avranno una preparazione tecnologica trasversale, grandi capacità di adattamento, abilità sociali. Insomma, le doti dei nuovi esploratori del cosmo saranno per lo più nascoste: nella testa. Si sta aprendo, infatti, una nuova era per le missioni nel Sistema solare: dal 2024, la Stazione spaziale internazionale (Iss) terminerà le attività e sarà dismessa. E mentre la Nasa sta selezionando una nuova generazione di astronauti (i loro nomi saranno annunciati a giugno 2017) si torna a pensare all’esplorazione di altri mondi: la Luna, ma soprattutto Marte. Potremmo arrivarci nel 2035: i candidati a questa nuova fase di viaggi spaziali hanno oggi fra i 6 e i 20 anni d’età.

CHE VISTA! Ma come saranno selezionati e formati? Focus l’ha chiesto a uno che se ne intende: Rüdiger Seine, responsabile, per l’Agenzia spaziale europea (Esa), dell’addestramento degli astronauti diretti all’Iss. «Per cominciare, dovranno avere una salute di ferro», dice Seine dal Centro di Colonia (Germania), dove dal 1990 è stato istruito un centinaio di persone, fra cui 6 italiani. «Visto che la missione verso Marte durerà almeno 500 giorni, bisogna ridurre al minimo i rischi sanitari. Ma non cerchiamo superuomini: i requisiti restano gli stessi di oggi, cioè statura fra 160 e 190 cm, 20/20 di acutezza visiva, 140/90 di pressione. E nessuna malattia cronica».

STAMPA 3D. Sarà soprattutto la preparazione a cambiare: non basterà, come oggi, una laurea in discipline scientifiche (ingegneria, fisica, biologia, matematica), seguita da 3 anni di esperienza professionale o da 1.000 ore di volo come pilota d’aereo. «Nell’equipaggio, composto da 6 persone, non potrà mancare un medico: in caso di malore, non si potrà tornare a Terra, come oggi dalla Iss, nel giro di 6 ore», aggiunge Seine. «Alcune procedure diagnostiche e di intervento saranno automatizzate, ma in caso di emergenza sanitaria l’uomo non sarà sostituibile dalle macchine. Anche la presenza di un geologo sarà indispensabile per studiare le rocce del Pianeta rosso». Non solo per scopi scientifici: se le rocce contenessero acqua, infatti, la si potrebbe usare per ricavare combustibile (metano) facendola reagire con l’anidride carbonica dell’atmosfera marziana. Non basta. «Per evitare che la missione naufraghi per il malore di un membro dell’equipaggio», spiega Seine, «si dovranno anche prevedere competenze raddoppiate: ognuno, insomma, dovrà saper fare anche qualcosa che sa un altro».
A tutti, sicuramente, sarà necessaria un’ottima preparazione in informatica, visto che buona parte delle attrezzature necessarie alla base marziana sarà progettata e stampata in 3D sul posto. E, fra queste competenze trasversali, ci sarà anche l’agronomia: per non appesantire troppo il carico da lanciare in orbita (oggi ogni astronauta ha bisogno di 30 kg/ giorno di materiale fra acqua, aria e cibo, ndr), gli astronauti dovranno assemblare un bioreattore, in pratica una serra, dove coltivare il cibo.

INTELLIGENZE. Oggi l’addestramento di un astronauta dura circa 2,5 anni. E prevede esercitazioni con le attrezzature della missione, le navette come la Soyuz, gli esperimenti. Ma in futuro, aggiunge Umberto Guidoni, primo europeo ad aver messo piede sulla Stazione spaziale, «aumenterà l’indipendenza dell’equipaggio rispetto al comando a terra. I controlli dei veicoli diventeranno sempre più automatizzati e di tipo visivo, basati su intelligenze artificiali, che sapranno interpretare i comandi, o i guasti, in base alle situazioni. Tutto il resto gli astronauti dovranno saperlo fare da soli».
Ma sbaglia chi pensa che, per ottenere questo bagaglio di conoscenze, gli esploratori spaziali del futuro dovranno studiare decenni. «Non avrebbe senso bombardarli di nozioni», osserva Gabriele Mascetti, responsabile del volo umano per l’Agenzia spaziale italiana. «Con un addestramento più lungo di 2 anni, gli astronauti rischiano di dimenticare le prime abilità apprese. Parte del training avverrà a bordo della nave spaziale, con simulatori e realtà virtuale. Anche per occupare il tempo del viaggio verso Marte, che durerà 6-9 mesi».
Per riprodurre le proibitive condizioni dello spazio – la microgravità innanzitutto – l’addestramento prevederà, come oggi, corsi di sopravvivenza settimanali nelle buie e isolate grotte dei monti di Lanaittu (Nuoro), in Sardegna; lanci con paracadute, permanenza in camere iperbariche e ipobariche (cioè ad alta o bassa pressione), test su bracci rotanti che riproducono le forti accelerazioni di una capsula spaziale che precipita... E voli parabolici su un aereo Airbus A-310 in caduta libera da 8,5 km di quota: a cicli di 20 secondi per volta, gli astronauti sperimentano l’assenza di peso, galleggiando nell’abitacolo.
Soprattutto, continueranno le esercitazioni in tuta spaziale sott’acqua, la condizione più simile all’assenza di peso. Alla Nasa, a Houston, avviene lo stesso. Con un’aggiunta: la permanenza, due settimane, in “Aquarius”, un modulo sottomarino costruito a 19 metri di profondità al largo della Florida.
Insieme agli uomini, anche le tute spaziali dovranno cambiare. «Quelle di oggi sono molto rigide e permettono solo movimenti meccanici e molto rallentati», commenta Marco Carrano, istruttore di Esa/Argotec. «Questi sforzi non sono pensabili per missioni che prevedano uscite molto più frequenti». Ecco perché la Nasa sta lavorando a tute che consentano più libertà di movimento proteggendo al tempo stesso dalle radiazioni.

AFFIATATI. In ogni caso, aggiunge Seine, la formazione dovrà essere corale. «L’equipaggio dovrà iniziare a convivere almeno un anno prima del decollo, per affiatarsi», precisa. Lo si è visto nella simulazione di più lunga durata mai svolta: Mars 500. A Mosca, tra il 2010 e il 2011, un equipaggio di 6 persone ha vissuto per 516 giorni in una riproduzione di una base marziana, costruita in un hangar dell’Istituto per i problemi biomedici. Sono riusciti a convivere isolati e senza scossoni proprio grazie allo spirito di gruppo. Com’è avvenuto lo scorso agosto ai 6 partecipanti di un analogo esperimento della Nasa alle Hawaii, che hanno terminato una convivenza isolata di 365 giorni su una base a 2.500 m di quota sul vulcano Mauna Loa.
«Su Marte andrà un equipaggio internazionale: ci saranno europei, americani, asiatici», osserva Seine. «Perciò sarà privilegiato, nel reclutamento, chi avrà maturato solide esperienze all’estero. Gli astronauti dovranno saper comunicare con culture diverse: non basta conoscere le lingue, bisogna soprattutto saper interagire con diverse abitudini e prospettive di vita. Ed essere ingegnosi: i problemi da risolvere in una missione del genere saranno molti e imprevedibili. Ecco perché gli astronauti dovranno avere creatività e abilità manuali alla MacGyver». Insomma, dovranno avere particolari doti di resilienza, l’abilità di fronteggiare in maniera positiva gli imprevisti.
«Dovranno avere grande perseveranza e capacità di resistere alla solitudine», aggiunge Luca Parmitano, che nello spazio, sull’Iss, ha passato 166 giorni. Dalla base marziana, la Terra apparirà come un puntino impercettibile nel cielo. «I segnali radio impiegano da 5 a 20 minuti per coprire il tragitto Terra-Marte. E un dialogo diventa impossibile: fra domanda e risposta possono passare 40 minuti. Ecco perché gli astronauti dovranno soprattutto cavarsela da soli».

L’ANNO? IL 2035. Ma quanto è lontana la partenza di un viaggio umano su Marte? Meno di quanto si pensi. A marzo, in Costa Rica, l’International Academy of Astronautics (Iaa) ha presentato l’analisi di una missione. «Potrebbe costare 500 miliardi di dollari», spiega Giancarlo Genta, docente di progettazione meccanica al Politecnico di Torino e coordinatore del gruppo di studio. «Le date? Quelle in cui il pianeta rosso sarà più vicino alla Terra sono il 2035 e il 2050».
Il conto alla rovescia, insomma, è già iniziato. Ma quanto durerà la missione? L’Iaa ipotizza due scenari: uno breve, di 500 giorni, di cui 40 sul Pianeta rosso, e una di mille, con 454 giorni di permanenza. Quale sarà il più probabile? «Il più breve», risponde pronto Seine. «Non abbiamo ancora una tecnologia che consenta una sopravvivenza così duratura nello spazio. Andremo per gradi. Come fecero, del resto, gli antichi esploratori portoghesi quando si avventurarono per primi nell’oceano Atlantico».
Vito Tartamella
(ha collaborato Elisabetta Intini)