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 2016  agosto 31 Mercoledì calendario

GIORNALISTI IN MANETTE. LA CENSURA TURCA FUNZIONA

Nel giorno della Vittoria, una delle ricorrenze più celebrate in Turchia, i dipendenti pubblici ancora in servizio dopo le purghe successive al fallito golpe del 15 luglio hanno fatto “festa”, se così si può dire. Gli unici ad aver lavorato alacremente, come del resto tutti i giorni da un mese e mezzo a questa parte, ovvero da quando è in vigore lo stato d’emergenza, sono state le forze dell’ordine. All’alba di ieri la polizia ha fatto irruzione nelle case di 35 persone tra le quali molti giornalisti. Uno dei più noti è Dincer Gokce del più popolare quotidiano indipendente, Hurriyet. I mandati della procura di Istanbul sono stati spiccati nell’ambito delle indagini sulla rete legata a Fethullah Gülen, il religioso fondatore della confraternita Hizmet, e in autoesilio negli Stati Uniti.
Gülen fu il mentore del presidente Erdogan ma ora Ankara lo accusa di aver orchestrato il tentato colpo di stato. Gokce è stato arrestato con altre nove persone. La stessa Hurriyet ha riferito che, dei 35 destinatari dei mandati, 18 si trovano in realtà all’estero. Tra gli arrestati c’è anche Murat Aksoy, ex giornalista del quotidiano filogovernativo Yeni Safak, oggi consigliere del principale partito d’opposizione, il repubblicano Chp, e l’ex capo della polizia di Istanbul. Intanto le edizioni francese e fiamminga del quotidiano Zaman, che era affiliato al movimento di Gülen, annuncia la sospensione delle pubblicazioni a causa di minacce di morte.
La magistratura ha chiuso 130 testate e arrestato più di 60 giornalisti in 40 giorni. Ma anche i giudici sono sotto osservazione e non dal 15 luglio, bensì dal 2013 quando scoppiò la cosiddetta “tangentopoli turca” che fu bollata di “golpe giudiziario” dal presidente Erdogan e segnò la fine della alleanza con Gülen. A ulteriore dimostrazione della paura che serpeggia tra i magistrati (centinaia sono stati rimossi negli ultimi tre anni) è arrivata ieri sera la notizia che un giudice turco è sbarcato sull’isola greca di Chios con sei rifugiati siriani a bordo di un barcone.
Il togato avrebbe chiesto asilo politico e verrà trasferito ad Atene. In precedenza, altre sette persone erano riuscite a entrare illegalmente in Grecia per sfuggire all’accusa di far parte di Hizmet. Il clima di terrore diffuso in tutte le categorie sociali, compresa quella mediatica, rende difficile per la stampa straniera interloquire anche coi colleghi. Per questo il direttore dell’edizione inglese di Hurryet, Ali Kaylaran, ha concesso al Fatto Quotidiano solo una breve dichiarazione: “La confraternita di Gülen, che è stato un fondamentale alleato dei governi dell’Akp, il partito di Erdogan, e ha contribuito al suo mantenimento al potere per 12 anni, non ha infiltrato tutto l’ambiente mediatico e queste purghe contro la libertà di stampa non sono iniziate ora ma sono in corso da anni anche se in modo meno massiccio. La repressione della libertà di stampa è uno dei maggiori problemi per la tenuta democratica del paese da molto tempo”.
Sul fronte internazionale sembra che la Turchia e le forze curde in Siria abbiano intanto raggiunto un accordo per il cessate il fuoco. Prevederebbe il ritiro delle ‘Forze democratiche della Siria’ (principalmente curdi) a est del fiume Eufrate, mentre le forze turche potranno penetrare solo 15 km all’interno del territorio siriano tra Jarabulus e Azaz.
di Roberta Zunini, il Fatto Quotidiano 31/8/2016