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 2016  agosto 25 Giovedì calendario

CONCORSONE: I PROF FURIOSI “BOCCIATI, MA NON SOMARI”

Umiliazione a reti unificate: Canale 5, Rainews, Tgcom, Corriere si sono dati appuntamento per dipingere i vinti al concorso come emerite capre e i vincitori come fortunati nell’aver trovato la commissione di manica larga. Nessuno si salva. Per fortuna che le future generazioni potranno contare sulla competenza dei docenti di fase C (quelli entrati con la Buona Scuola ndr), direttamente partoriti dal ventre generoso di Renzi e Giannini”.
Manuela S. docente precaria che quest’anno ha partecipato al concorsone della scuola, non trattiene lo sdegno. Da settimane, le notizie sulle bocciature (più del 55 per cento dei candidati, secondo i rilievi effettuati finora) vengono riportate con un contorno che parla di poca preparazione, strafalcioni e ignoranza. E se il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini aveva già catalogato come “fisiologico” questo tasso di bocciature, va detto che si è dimenticata di precisare che tutti i partecipanti al concorso non solo sono già abilitati all’insegnamento (criterio necessario per essere ammessi), ma hanno già insegnato, insegnano e insegneranno ancora, con incarichi provvisori anche annuali. O pluriennali se richiamati nella stessa scuola.
Per i non addetti ai lavori è necessario ricapitolare. Al cosiddetto Ruolo (ovvero al tempo indeterminato e quindi alla fine della precarietà) un docente arriva dopo diversi capitoli: laurea quinquennale (per gli insegnanti tecnici pratici basta il diploma), un percorso di abilitazione che può essere a numero chiuso (Tfa, Tirocinio Formativo Attivo) o basato sugli anni di servizio (Pas, Percorso Abilitante Speciale) e la vittoria di un concorso. Tutte tappe con uno sbarramento, esami e prove attitudinali.
Prendiamo come esempio il Tfa, per il quale i partecipanti hanno sborsato diverse migliaia di euro e al termine del quale hanno ottenuto l’abilitazione, che come dice il nome, abilita all’insegnamento, riconosce cioè la capacità del docente di fare il proprio lavoro. Vi si accede con tre prove selettive (una pre-selettiva, uno scritto e un orale), poi si danno 20 esami e, in uscita c’è una tripla prova: discussione di un elaborato, discussione di scelte metodologiche e lezione simulata su un argomento estratto dalla commissione. Un percorso introdotto dalla riforma Gelmini, certo, ma che quest’anno sarà confermato per il suo terzo ciclo dal governo Renzi.
“Sembra molto strano che chi ha superato tutto questo arrivi al concorso e si senta dare dell’impreparato da una commissione”, spiega Giuseppe Giove, insegnante di Estimo e Gestione dell’Ambiente e del Territorio a Torino. Lui gli scritti li ha superati e ora si prepara a fare gli orali. “A questo punto, le ipotesi sono due: o gli abilitati sono ignoranti – e allora è colpa di chi li ha formati ed è inutile continuare a selezionare con un terzo Tfa –.
O forse c’è la volontà di bocciare il più possibile, affinché i precari rinuncino alla scuola e facciano altro”. Dei problemi pratici del concorsone poi, abbiamo già parlato: dallo smarrimento dei codici dei compiti alle graduatorie riscritte, dalla difficoltà a reperire i commissari (perché pagati troppo poco) ai software mal gestiti.
La settimana scorsa, in Liguria, l’ennesimo caso per gli insegnanti di sostegno delle scuole medie: erano stati ammessi agli orali soltanto in 4 su 17. Dopo l’accesso agli atti, i candidati si erano accorti di alcune irregolarità e l’ufficio regionale aveva cambiato la commissione esaminatrice. Risultato? I promossi sono diventati bocciati e i bocciati sono stati promossi.
A opporsialle accuse, primi tra tutti il Coordinamento nazionale Tfa che ha lanciato una campagna per raccogliere e pubblicare i compiti di chi ritiene di essere stato ingiustamente respinto. “Non crediamo che le prove dei bocciati siano state tutte disastrose come quelle descritte dai media – spiegano –, e vogliamo dimostrarlo coi fatti. Sulla pagina Facebook ufficiale della nostra associazione pubblicheremo alcune risposte dei non ammessi. Lasciamo così, a quanti avranno il tempo e la voglia di approfondire, la piena libertà di farsi un giudizio su risposte che, ricordiamo sempre, sono state pensate e scritte in 18 minuti”.
di Virginia Della Sala, il Fatto Quotidiano 25/8/2016