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 2016  agosto 23 Martedì calendario

Frammenti sparsi di Juventus– Vedi Libro in gocce in scheda: 2368653 Brani tratti da La Juve. La cronologia

Frammenti sparsi di Juventus– Vedi Libro in gocce in scheda: 2368653 Brani tratti da La Juve. La cronologia. Le immagini più belle, Edizioni Clichy, 2016 Rivoluzione «Tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere il risultato della Juventus?» (Palmiro Togliatti a Piero Secchia). Caviale «Platini lo abbiamo preso per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il caviale» (Gianni Agnelli). Caffè Boniperti e la sua fama di avaro. Pietro Vierchowod, in bianconero nella stagione 1995-96: «Nella mia carriera ho stabilito un record: sono riuscito a farmi pagare un caffè da Boniperti». J Alla richiesta di una definizione di Juventus, l’Avvocato disse: «La compagna della mia vita, ma soprattutto un’emozione. Accade quando vedo entrare in campo quelle maglie. Mi emoziono persino quando leggo sul giornale la lettera J in qualche titolo. A volte mi emoziono pure con l’Udinese, sempre per via dei colori bianconeri». Rosa Nel 1900, all’esordio ufficiale, la Juventus gioca con la maglia rosa e il cravattino nero: il padre di uno dei fondatori, industriale tessile, aveva delle rimanenze di tessuto rosa da sfruttare. La prima casacca in assoluto era stata una camicia bianca. La maglia diventerà a strisce bianconere solo nel 1903, quando verrà acquistato uno stock di magliette dall’Inghilterra su consiglio di John Savage – il primo calciatore straniero della storia – che aveva chiesto a un amico in patria di spedirgli un kit di divise del Notts County. Marisa Boniperti, tra l’altro, era soprannominato Marisa. E qui spiega perché: «Nel precampionato un’amichevole Novara-Juve c’era sempre. La rivalità era grandissima con l’aggiunta di un po’ d’astio nei miei confronti, novarese traditore che aveva scelto Torino. Erano sfide che richiamavano tanto pubblico. La popolarità della Juve era enorme e il Novara non era una squadretta, giocava in serie A e si faceva rispettare. Fu in una di quelle amichevoli che all’ingresso in campo delle due squadre si presentò anche Marisa, avvenente miss Piemonte, pure lei in calzoncini e maglietta bianconera. Mi porse un mazzo di fiori, ero il capitano, ci fu lo scambio di baci e il pubblico cominciò a urlare: Marisa, Marisa. Il coro poi cambiò destinatario e con cattiveria continuò; ogni volta che toccavo palla i tifosi mi beccavano: Marisa, Marisa» (da Una vita a testa alta, scritto con Enrica Speroni, Rizzoli, 2003). Carcano Carlo Carcano, allenatore dei primi quattro dei cinque scudetti del Quinquennio d’oro bianconero (1930-35). Arrivato nel 1930, impone una disciplina ferrea, riesce a far integrare il gruppo degli oriundi e lancia, tra gli altri, Felice Borel. La sua esperienza alla Juventus si interrompe bruscamente nel dicembre ’34 in seguito a voci insistenti sulla sua omosessualità, considerata inaccettabile in quegli anni di regime fascista – il licenziamento, ufficialmente, è «per motivi personali». Rimane così per un decennio ai margini del calcio, fino alla fine della Seconda Guerra mondiale. Scandalo Grande scandalo quando Altafini si innamorò, e poi sposò nel maggio 1973, Annamaria Galli, moglie del calciatore e compagno di squadra Paolo Barison. Breve Giovanni Trapattoni che alla prima stagione sulla panchina della Juventus, 1976-’77, si presenta con un indimenticabile «sarò breve e circonciso». Operai «Il Trap ti spiegava che il campo era lungo 90 metri e andava corso tutto, non solo 70, che la partita durava 90 minuti e cominciarla era un po’ come per gli operai timbrare il cartellino: si lavora sino al 90’ e non ci si ferma prima. Questo era il nostro calcio, fatto di cose precise, non di umiltà, parola che non sopporto perché nel calcio non esiste, ma di concretezza» (Antonio Cabrini). Pio XII Il 17 febbraio 1952 la Juventus affronta a Roma la Lazio. Due giorni prima la squadra era stata ricevuta da Papa Pio XII che, dopo aver confessato ai giocatori di essere juventino, li esorta: «Cercate di vincere». Finita la partita 2-0 per i biancocelesti, il danese Praest negli spogliatoi non si dà pace, «Che vergogna, che vergogna! E adesso che penserà di noi, che dirà il Santo Padre?», finché Boniperti non interviene: «Che penserà il Papa? Che dirà il Papa? Ma è di ciò che dirà l’Avvocato che ti devi preoccupare!». Sigarette Alla domanda di Gianni Agnelli, che lo sorprese all’intervallo di una partita con la sigaretta in bocca, «Ma come Michel? Un atleta come lei fuma nell’intervallo?», Platini rispose: «Avvocato, l’importante è che non fumi Bonini, è lui quello che deve correre. Io sono Platini». Fuori Alessandro Del Piero e la passione sfrenata per Platini: «L’ho studiato in tutti i suoi movimenti. Un giorno lascerò la maglietta fuori dai pantaloncini e magari gli assomiglierò un po’». Pinturicchio Del Piero diventò Pinturicchio un giorno d’agosto del 1995 a Villar Perosa, dove ogni estate arrivava Gianni Agnelli per far visita alla squadra. Mentre l’Avvocato si stava per sedere al fianco di Marcello Lippi arriva l’ultima domanda: «Avvocato, ma se Baggio è Raffaello, Del Piero che pittore le ricorda?». Agnelli ci pensò un attimo e poi rispose: «Pinturicchio. Sì, Del Piero è Pinturicchio». Bonimba Boninsegna, soprannominato Bonimba. «Lo devo a Brera. A San Siro gli ho chiesto perché. Perché hai il culo basso e quando corri mi ricordi Bagonghi, nano da circo. Ho incassato guardandolo come per fargli capire che coi miei 176 centimetri ero più alto di lui. Poi Brera scrisse sul Giorno, più o meno: è inutile che Bonimba mi guardi dall’alto in basso, nano l’ho battezzato e nano resta. Un nano gigante, però». Mumo Raimundo Orsi detto Mumo, un metro e sessantotto per 66 chili, oriundo, ala sinistra dal dribbling e delle finte micidiali, è in assoluto un personaggio di maggior talento del calcio degli anni ’30. Dopo aver incantato con la maglia dell’Argentina alle Olimpiadi del 1928, per convincerlo a passare dall’Independiente alla Juventus, Edoardo Agnelli gli offrì ottomila lire di stipendio, più una Fiat 509 e una villa – all’epoca lo stipendio dell’impiegato medio era di trecento lire, un chilo di pane costava venticinque centesimi, un vestito da uomo 90 lire. Alla fine in bianconero collezionerà 177 presenze, realizzando 77 gol. Record/1 Nel corso del Quinquennio d’oro, la Juventus mette insieme un numero impressionante di record: dal massimo delle vittorie in campionato (25 nel ’30-31 e nel ’32-33) al minimo di sconfitte (4, nel ’30-31 e nel ’31-32); dal massimo punteggio in classifica (55 punti nel ’30-31) al record dei gol fatti (89 nel ’31-32) e al minimo di quelli subiti (22 nel ’32-33); dalla miglior serie di partite senza sconfitta (21 nel ’33-34) al primato di giocatori schierati contemporaneamente in Nazionale (9 in Italia-Ungheria dell’ottobre 1933). Record/2 Con la Juventus Furino vinse otto scudetti (1972, 1973, 1975, 1977, 1978, 1981, 1982, 1984) record condiviso con Virginio Rosetta e Giovanni Ferrari (ci sarebbe pure Ciro Ferrara che però ne ha perso uno causa Calciopoli), però lui con una sola maglia. «Del calcio ho molti ricordi e un buco nello stinco che m’ha fatto Perico ad Ascoli». Bisiàco Fabio Capello – che con la maglia della Juventus ha giocato sei stagioni e vinto tre scudetti (’72, ’73 e ’75) – non è friulano ma “bisiàco” (dallo slavo “bezyak”, senza terra, i popoli che fuggivano davanti alle invasioni dei musulmani o dei barbari e che, giunti davanti la barriera dell’Isonzo, erano costretti a fermarsi). Cowboy «Capita di sbagliare, l’importante è capirlo. Ho tifato vent’anni per i cowboy dei film western e solo ora mi rendo conto che forse invadere gli indiani e sparargli contro non era una bella cosa» (Alessandro Del Piero). Cavalli Boniek, grande appassionato di cavalli. Oggi ha una sua scuderia, la Wind (già Kar Tom). Ha messo nome Platini a un suo puledro un po’ pigro, che corse senza fortuna nel 2012 nell’ippodromo romano di Tor di Valle. Bersaglieri «Essere stati juventini è come aver fatto il bersagliere. Per tutta la vita resti tale» (Antonello Cuccureddu, che con la maglia bianconera in dodici anni ha conquistato 6 scudetti, 1 Coppa Italia e 1 Coppa Uefa, totalizzando 434 presenze con 39 gol). Scoglio «Nella vita ho fatto tante cazzate e sulla mia carriera di allenatore nessuno avrebbe scommesso un mezzo caffè. “Allegri è un coglione”, dicevano. “Gioca al Casinò, punta sui cavalli, ha lasciato la sposa sull’altare, è solo una testa matta”. Diventare chi sono è stato sfidare un pregiudizio. Dimostrare che le origini hanno un senso: vengo da Livorno, sono di scoglio e lo scoglio, come si sa, è duro» (Massimiliano Allegri, nel marzo 2016). Nomi Beram Kayal, centrocampista israeliano del Celtic Glasgow, che ha chiamato suo figlio Pirlo. 330 Trecentotrenta milioni di lire più Carmignani e Fernandini: tanto era costato alla Juventus Dino Zoff, arrivato nell’estate ’72 dal Napoli. Fino alla stagione 1982-83 non avrebbe più saltato una stagione di campionato. Otto Il numero di maglia di Boniperti era l’8, come precisò sdegnato una volta che la Gazzetta dello Sport, volendo fare una squadra composta dai più forti juventini della storia, gli assegnò il 10. Undici Qualche numero sul Boniperti calciatore. L’esordio in serie A è il 2 marzo 1947, Juventus-Milan 1-2. Vinse cinque scudetti (1950, 1952, 1958, 1960, 1961) e due coppe Italia (1959, 1960). Capocannoniere (27 gol) nella stagione 1947/48, fino al 10 gennaio 2006 fu in testa alla classifica dei marcatori juventini di tutti i tempi (record battuto da Alessandro Del Piero). E poi, 38 presenze e 8 gol in Nazionale, fu l’unico italiano convocato per la partita del Centenario della Football Association (Londra, 21 ottobre 1953): impiegato come ala destra, segnò due gol. La partita finì 4 a 4, l’Inghilterra pareggiò per un favore fatto dall’arbitro agli inglesi: «Ricordo bene quella circostanza, e la risposta del commissario tecnico inglese, Winterbotton, alla domanda su chi sarebbe servito per rafforzare la sua squadra: “Undici Boniperti”». Calzini Il problema era imbarazzante per tutti. Si trattava di quegli orrendi calzini che Zidane indossava a riposo: bianchi e corti, a mezza caviglia. Si incaricò di intervenire Ciro Ferrara. Ha poi ricordato Angelo Di Livio: «Ciro glieli tagliò a pezzettini, quei calzini allucinanti, e appese i resti all’armadietto di Zidane. Doveva capire che in quel modo non poteva andare in giro, dai… Del resto quello era uno spogliatoio terribile, eh? Dovevi stare attento a cosa facevi, a cosa dicevi e pure a come ti vestivi». Notte Nel presentarlo a Henry Kissinger, l’avvocato Agnelli lo descrive così: «Ecco Boniek, il bello di notte» (il riferimento è agli sbalzi di rendimento, strepitoso soprattutto nelle partite serali di coppa). Abitudini Il presidente Boniperti, celebre per l’abitudine di lasciare sempre lo stadio alla fine del primo tempo. Foto Boniperti teneva appesa in ufficio (come metodo pedagogico) le foto della squadra avversaria che aveva vinto l’ultimo scudetto o quella con cui la Juve aveva perso una partita decisiva: in questo modo scoraggiava le pretese dei giocatori. 75 Nel 1982, l’anno in cui vinse Mondiali e pallone d’oro, Paolo Rossi guadagnava 75 milioni di lire. Armadio Il centromediano Luisito Monti, che sbarca in Italia dall’Argentina nel 1931. Si fa pagare in dollari americani (cinquemila al mese, più una casa poco fuori Torino) e a molti sembra un ex calciatore, tant’è grande e grosso, oltre dieci chili sovrappeso. Soprannominato «doble ancho», ovvero «armadio di due ante», ci mette poco a riprendere condizione e convincere tutti del suo valore, piazzandosi al centro della difesa bianconera. «La durezza dei suoi interventi era proverbiale, come la sua resistenza al dolore» scriverà poi Felice Chiesa. Idrovolante «Susanna, la terzogenita, raccontò la storia in Vestivamo alla marinara, un libro di ricordi famigliari pubblicato nel 1975. In un giorno dell’estate del 1935, il pilota Arturo Ferrarin, asso dell’aria della prima guerra mondiale, già recordman 1928 di velocità aerea in circuito chiuso e di volo senza scalo, ammara a Forte dei Marmi con un idrovolante S.80 su cui Suni viene portata a fare un giro. Ferrarin si ferma a colazione. Nel primo pomeriggio riparte per Genova; Edoardo con lui, deve tornare a Torino. All’ammaraggio, Edoardo si alza in piedi prima del tempo (secondo alcuni testimoni, forse per mettersi in posa per una foto), il velivolo urta un tronco e sobbalza, lui sbatte la testa contro una pala d’elica e muore sul colpo. Quando squilla il telefono alla villa del Forte risponde la nonna americana, “princess Jane”. Abbassa la cornetta e dice a Suni, che ha quattordici anni: “Tuo padre è morto”. Maria Sole ricorda che i più piccoli non seppero nulla quel giorno. La mattina dopo furono svegliati dalle tate che portavano in braccio vestiti da città, scarpe e calze. “Nessuno ci disse che era morto nostro padre, lo sapemmo più tardi. Quando arrivammo a casa a Torino, mammà ci chiese se anche noi bambini volessimo vederlo e Miss Parker disse, no donna Virginia, è meglio che lo ricordino com’era... Aveva una fasciatura intorno alla testa”» (Marco Ferrante, Casa Agnelli, Mondadori, 2007). Tavoletta La prima campagna acquisti di Umberto Agnelli: 105 milioni di lire per il centravanti gallese John Charles e 180 per la mezzala argentina Omar Sivori 180. Un azzardo, a cominciare dal viaggio in auto dal casello di Novara al centro di Torino, con Umberto che schiaccia l’acceleratore a tavoletta e Sivori che si rannicchia sul sedile e tace. «Non avrei mai pensato che si potesse patire più la macchina dell’aereo» dirà Sivori all’arrivo, incredulo di essere ancora sano e salvo, mentre il dottor Agnelli gli ripete: «Erano due anni che ti aspettavamo». Delta Scrisse Edmondo Berselli di Vialli: «La sua forza era il “Delta” bassissimo, un differenziale quasi zero nel rendimento su sforzi ripetuti, vale a dire la potenza costante sull’arco di 15-20 scatti, finché il difensore avversario, magari più veloce, non crollava nel confronto fisico». Sogni Vialli, che ancora si sogna i gol sbagliati. Guerriglia Il 18 maggio 1990, quando la Juventus ufficializzò l’acquisto di Roberto Baggio dalla Fiorentina per 25 miliardi di lire, i tifosi viole scesero in strada per protestare contro il presidente Pontello. Ci furono scene di vera guerriglia urbana, con sassate e scontri con la polizia. Baggio racconterà poi nell’autobiografia Una porta nel cielo che lui non voleva assolutamente lasciare Firenze: «Non me ne sono andato: mi hanno mandato via. Pontello aveva già preso accordi con Agnelli, mi aveva venduto l’estate prima». Sciarpa «Mi ricordo ancora la scena: quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante» (Antonio Caliendo, all’epoca procuratore di Baggio). Mezzo/1 Baggio, definito da Michel Platini un “nove e mezzo” (cioè un calciatore che tiene in campo una posizione bastarda e che per gli allenatori è difficile da collocare). Mezzo/2 «Ho giocato tutta la carriera con una gamba e mezzo» (Roberto Baggio). Primo «Nessuno mi può più dire: secondo te? Secondo no, sono arrivato primo» (Marcello Lippi). 22 Fabio Capello, parecchio superstizioso. Detesta il numero 22. Quando andò a Roma con la Juve, i tifosi gli fecero trovare la panchina tappezzata di numeri 2. Umbertiani Negli anni ’70 lo spogliatoio juventino fosse diviso in “giovanniani” (i seguaci di Gianni Agnelli) e “umbertiani” (Umberto Agnelli). I “giovanniani” erano tutti meno uno, Roberto Bettega. Toro Antonio Giraudo, da ragazzo tifoso del Torino. Industria Il motto di Luciano Moggi: «Il calcio è uno sport la domenica e un’industria in tutti gli altri giorni». Dita «Dopo aver stretto la mano a un milanista corro a lavarmela. Dopo averla stretta a uno juventino, mi conto le dita» (l’avvocato Peppino Prisco, a lungo vice presidente dell’Inter). Wolf «Sono il primo tifoso della Juventus, ma un giorno potrei esserlo dell’Inter o del Milan. Sono un professionista. Sono Wolf, risolvo i problemi» (Antonio Conte, nell’aprile 2013). Sempre «Uno scudetto vinto da altre è sempre perso dalla Juventus» (Gianni Brera). Luca D’Ammando