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 2016  agosto 22 Lunedì calendario

L’EDITORE AI DOMICILIARI CHE TIENE IN OSTAGGIO IL PISA

Romeo Anconetani, “il presidentissimo” del Pisa calcio degli anni Ottanta, quello che giocava in serie A schierando calciatori come Klaus Berggreen e Wim Kieft, oggi si rivolterebbe nella tomba. La società nerazzurra è appena tornata in serie B grazie a una cavalcata trionfale condotta da mister Rino Gattuso, l’ex mediano del Milan di Berlusconi, ma ora il suo patrón, l’imprenditore turistico romano Fabio Petroni, è finito ai domiciliari per una brutta storia di bancarotta.
I soldi sono improvvisamente finiti prima ancora di cominciare (Petroni era proprietario del Pisa da pochi mesi), e Gattuso – dopo aver lasciato l’incarico – si è messo a guidare la protesta di una città furiosa. E secondo la stampa si sarebbe mosso in prima persona per trovare un nuovo socio di maggioranza. Insomma a Pisa, sulla testa degli sportivi veri, sta andando in scena la solita storia italiana di capitalisti senza capitali che si buttano nel mondo del calcio per cercare celebrità. Ora è iniziato un calvario di offerte per rilevare la squadra, con la consueta sfilata di personaggi, fideiussioni e milioni di dubbia provenienza. E con la coda grottesca del presidente che chiede addirittura al sindaco della città di trovare amministratore delegato e allenatore.
Partiamo da lui, Petroni, proprietario del Pisa ma ancora per poco, almeno a suo dire. Da un mese è agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta per via di un’inchiesta della Procura di Roma partita tre anni fa e dall’iter piuttosto tormentato, visto che i pm hanno impiegato due anni per ottenere le misure cautelari nei confronti del manager romano e dei suoi collaboratori più stretti e per bloccare le quote azionarie detenute in una costellazione di società..
Il cuore del gruppo si chiama Terravision, con doppia sede a Londra e a Roma, e si occupa di trasportare via autobus i turisti dagli aeroporti alle principali città europee. Petroni, romano classe 1960, è commercialista, è stato consigliere comunale in Campidoglio nel 1993, poi, sotto il segno del centrodestra, ha traslocato dalla politica alle municipalizzate, entrando nel consiglio di amministrazione dell’Ama (rifiuti) e poi ai vertici di Trambus-Atac, dalla quale è stato fatto fuori dall’allora sindaco Walter Veltroni con la scusa di una presunta Rimborsopoli (addebiti dai quali Petroni è poi uscito senza macchia alcuna). A quel punto ha fondato Terravision, che possiede e guida dal 2002.
Secondo Procura e Gup, come si legge nel capo d’imputazione per bancarotta fraudolenta aggravata di Petroni e del dirigente Marianna Caserta, relativo al fallimento di una loro cooperativa dichiarato nel febbraio 2013, “Petroni e Caserta omettevano sistematicamente il versamento di somme dovute a titolo di oneri previdenziali e assistenziali, di imposte e ritenute d’acconto per un totale di 9.121.000 euro”. Petroni e i suoi legali, anche in occasione dei domiciliari, hanno ribadito la totale infondatezza delle accuse e hanno annunciato che continueranno a fare ricorsi in tutte le sedi. Anche per tutelare il nome del Pisa Calcio 1909, che a questo punto, visto che Terravision Italia ha chiuso il 2015 con utile risicato di 300 mila euro mentre “Terravision Rome Airport Scarl” ha fatto un crac da 25 milioni, resta forse il pezzo pregiato del gruppo. Un gruppo che vanta attivi per 35 milioni, ma che è in evidente crisi di liquidità, o decozione, da almeno tre anni. Eppure è entrato nel mondo del calcio.
Per la società nerazzurra sono circolate in questi giorni un paio d’offerte. La prima è stata presentata da un gruppo di imprenditori legato al piemontese Gian Marco Calleri e al figlio Marco, storicamente proprietari della società di sicurezza privata Italpol. Vorrebbero nominare Alessandro Calori come allenatore e una parte della città non li vedrebbe male, nonostante i più anziani ricordino come Calleri padre abbia gestito Lazio e Torino, ovvero all’insegna del risparmio assoluto e dello smantellamento sistematico dei vivai.
La seconda offerta, ancora più singolare, è arrivata da Dubai, via Svizzera. Il mediatore che si era fatto avanti, anche con il sindaco Marco Filippeschi, si chiama Pablo Dana e si presenta come banchiere italosvizzero. Sosteneva di poter mettere sul tavolo 5,5 milioni e raccontava di trattare per conto di un misterioso fondo degli Emirati arabi. Gli stessi Emirati Arabi del braccio destro di Petroni, Yakuta Rajabali, vicepresidente di Terravision Group. Una quarantenne di origini indiane, studi a Manchester e genitori proprio a Dubai, dove anche la manager è di casa. Pochi giorni dopo Ferragosto però Dana si è ritirato tra le polemiche, accusando Petroni di non averlo neanche ascoltato. Il Pisa quindi resta nel caos. E nelle mani dell’imprenditore romano, attraverso la società Britaly Post, proprietaria dell’omonimo giornale online in inglese e italiano, che ha come direttore Gaetano Pedullà e aveva fino a pochi mesi fa una decina di giornalisti, quasi tutti fatti fuori piuttosto brutalmente.
A febbraio del 2016, Petroni risultava anche socio al 5% della Gea, società che pubblica a Roma La Notizia, controllata e diretta sempre da Pedullà. Ma soprattutto ha il 55% della Ready To, la concessionaria di pubblicità del giornale romano, quota però della quale sta cercando affannosamente di liberarsi. Squadra di calcio e giornali: un’abbinata che in Italia ha avuto altre esperienze, non sempre finite benissimo.
Carlo Enrico Bigazzi, il Fatto Quotidiano 22/8/2016