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 2016  luglio 23 Sabato calendario

CHI FERMA LA VIOLENZA?

«Benvenuti all’inferno». Durante un recente sciopero, la polizia di Rio de Janeiro ha accolto i turisti all’aeroporto con questo striscione inequivocabile. Numero di morti da guerra civile, stipendi non pagati e proteste in diversi settori deH’amministrazione pubblica. Inutile nasconderlo: le Olimpiadi stanno avendo un alto costo sociale per i cariocas, anche se al momento la priorità è mettere a punto il piano di sicurezza per atleti e turisti.
Il timore dei cittadini, però, è che l’attenzione internazionale venga meno dopo la cerimonia di chiusura, come accaduto dopo i Mondiali del 2014. Le statistiche non lasciano spazio ai dubbi. A Rio nel 2015 sono state assassinate 1.202 persone: una media di 18,6 ogni centomila abitanti. Sono numeri che non tengono conto delle scomparse e delle morti in seguito a confronti con le forze dell’ordine. La media nazionale italiana del 2014 (dati Istat) è di 0,75% omicidi per 100.000 individui, a Roma è dello 0,90.
Ma non si può pretendere che Rio si trasformi nel giro di due settimane: «Storicamente Rio de Janeiro è così. Abbiamo già avuto indici maggiori. Se però schieriamo più poliziotti nelle strade e rafforziamo l’intelligence, possiamo ridurre il fenomeno», ha spiegato José Mariano Beltrame, segretario del dipartimento di Sicurezza Pubblica, nel corso di una conferenza stampa. Sorveglianza e prevenzione dei Giochi saranno nelle mani dello Stato di Rio, che a metà giugno ha dichiarato lo stato di «calamità pubblica» ricevendo fondi da Brasilia per superare la crisi economica.
Eduardo Paes, sindaco carioca, in un’intervista alla Cnn ha definito «terribile» il lavoro della sicurezza statale. Secondo i dati ufficiali saranno utilizzate 85.000 unità, di cui 47.000 provenienti dalla difesa civile e 38.000 dalle forze armate. Il doppio del contingente di Londra 2012.
La quantità, però, non sembra procedere di pari passo con la qualità, dato che alcuni membri dell’esercito hanno già minacciato di abbandonare le Olimpiadi. «Dormiamo su materassi gonfiabili comprati da noi. Viviamo nel mezzo di una favela, ci manca l’acqua per la doccia e non abbiamo il gas per cucinare. Una sola divisa e nemmeno uno stendino per asciugarla. Questo senza contare le giornate non pagate», si è sfogato un agente su Facebook, pubblicando le foto delle condizioni precarie in cui sono costretti a lavorare.
Il Ministero della Giustizia non è parso preoccupato dalle rivendicazioni. «Abbiamo 4.500 riservisti pronti per le Olimpiadi in caso di necessità», è stata la risposta. Durante questo tipo di missioni il pagamento previsto per gli agenti è di 220 reais al giorno (60 euro). La cifra avrebbe dovuto essere raddoppiata per i Giochi, ma secondo la stampa brasiliana le autorità non starebbero rispettando gli accordi.
Un ulteriore problema sarà la disposizione delle forze dell’ordine nelle favelas. Molte prove olimpiche si terranno a Deodoro, complesso della Zona Nord, storicamente la più complicata dal punto di vista sociale. Il rischio è che si possano violare i diritti umani dei residenti. Secondo l’Ong Human Rights Watch la polizia fluminense è la più violenta del Brasile: 8.000 omicidi negli ultimi 10 anni.
Il disagio accompagna la vita di tanti impiegati pubblici, oltre a studenti e professori: «Siamo in sciopero a oltranza. Ci devono pagare ancora gli arretrati, ma discutiamo di Olimpiadi. Comprendiamo di non essere una priorità per lo Stato», spiega a SportWeek Marcelo Sant’Anna, coordinatore generale del Sepe, il sindacato statale dei professionisti dell’Educazione di Rio.