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 2016  luglio 22 Venerdì calendario

GLI (IG)NOBEL

A volte i ratti non riescono a distinguere tra una persona che si rivolge loro in giapponese e una in olandese se queste parlano all’incontrario. E le ballerine di lap dance ricevono mance più alte durante il periodo di ovulazione. Delirio? No, due studi serissimi, con cui si può vincere addirittura un premio.
E il settembre del 1991 quando, al Kresge Auditorium del Massachusetts Institute of Technology, ricolmo fino all’ultimo dei suoi 1.250 posti a sedere, vengono assegnati per la prima volta i premi IgNobel, parodia, fin dal nome, dei più prestigiosi e ambiti Nobel. All’epoca la formula non è ancora ben definita come l’attuale, che premia ogni anno 10 idee o ricerche che “prima ti fanno ridere, poi pensare”, ma il successo è subito travolgente.
Autoironia al potere.
«Ero appena stato nominato direttore della rivista The Journal of Irreproducible Results e mi sembrava che molti autori non venissero riconosciuti come meritavano», racconta con l’ironia che lo caratterizza Marc Abrahams, ideatore della manifestazione, che è rimasta a Cambridge, Massachusetts, ma nel frattempo si è trasferita al Sanders Theatre dell’Università di Harvard. La rivista, fondata con spirito goliardico nel 1955 da Alex Kohn e Harry Lipkin, due scienziati israeliani, pubblicava articoli divertenti a proposito della scienza ma non andava bene. Abrahams, laureato in matematica applicata e appassionato di questo genere di cose, aveva sottoposto un paio di articoli ottenendo sorprendentemente la proposta di diventare direttore. Di quel periodo racconta: «Avevo studiato ad Harvard, e Bill Gates era un anno avanti a me. Lui, come me, ha finito per fondare una società di software. Ma io, a differenza sua, ho fatto... l’errore di laurearmi, prima. Il risultato è che la mia azienda non l’avete mai sentita nominare, la sua, be’... è Microsoft». Approdato al Journal, Abrahams si accorge che non ci sono soldi per rilanciarlo. Ma l’idea su cui la rivista si fonda lo interessa, anche perché nel frattempo Marc ha inventato gli IgNobel. Quindi se ne va e lancia una rivista concorrente: Annals of Improbable Research. Gli IgNobel gli erano sembrati una buona proposta di marketing. Aveva ragione: oggi non c’è quasi giornale che non ne parli, ogni autunno, quando sono assegnati. «Alla prima edizione abbiamo regalato i biglietti ed è andata subito bene. A consegnare i riconoscimenti c’erano già due premi Nobel. Dal secondo anno è andata sempre meglio».
Oggi, oltre alla cerimonia, Abrahams organizza uno show che gira il mondo, dove a parlare sono i premiati di diverse edizioni. Per la cronaca, tra i 7 vincitori del 1991 c’era, per l’economia, Michael Milken, “padre dei junk bond, grazie a cui il mondo è indebitato”. Poi, piano piano, si è fatto strada un atteggiamento più goliardico: «Molte cose le abbiamo capite col tempo», confessa Abrahams. «Abbiamo cominciato a invitare i premiati, mentre nei primi anni era tutto un po’ casuale. Poi abbiamo iniziato a chiedere alle persone se accettavano o meno l’IgNobel: prima lo attribuivamo comunque, oggi devi voler avere l’onore di riceverlo. Dato che si viene a proprie e spese, non tutti riescono a partecipare alla cerimonia, ma la maggior parte si presenta ad Harvard e tiene il proprio discorso». Che deve essere rigorosamente più breve di un minuto, altrimenti compare alle tue spalle una ragazzina che ripete ininterrottamente: «Smettila per favore, mi sto annoiando».
Fama e denaro?
Ciò che conta più di tutto è lo spirito della manifestazione: non si tratta di irridere la ricerca scientifica, per quanto strambi o inutili possano apparire gli studi dei premiati, bensì di celebrare il sense of humour degli scienziati e riconoscere che sono tutti parte dello stesso sistema.
Vedere Elena Bodnar (del Trauma Risk Management Research Institute, Chicago) che, da sotto l’abito da sera, si sfila il reggiseno, lo trasforma in due mascherine – una per coppa – anti radiazioni, e lo allaccia a proteggere il viso di Wolfgang Ketterle e Paul Krugman, rispettivamente premio Nobel per la fisica nel 2001 e per l’economia nel 2008, è la prova lampante di tutto questo (tutti i video delle premiazioni dal 1995 in poi sono disponibili sul sito www.improbable.com). Se non bastasse, c’è il caso di Andre Geim, IgNobel nel 2000 insieme a Michael Berry per lo studio nel quale mostravano che una rana, viva, può levitare in aria grazie a un campo magnetico, e in seguito, nel 2010, premio Nobel per la fisica per la scoperta del grafene. Geim sostiene di andare orgoglioso di entrambi allo stesso modo e infatti li segnala tutti e due sul curriculum, disponibile on line.
Che cosa si guadagna a ricevere un IgNobel? Oltre a un oggetto che varia ogni anno, come ad esempio un’ascia per rompere vetri di sicurezza conservata dietro un vetro di sicurezza, si intasca «una banconota da un trilione di dollari dello Zimbabwe, che vale dai 2 ai 4 dollari a seconda delle fluttuazioni di mercato. Gideon Gono, governatore della Banca centrale dello Zimbabwe, ha vinto nel 2009 l’igNobel per la matematica proprio per aver dato ai suoi connazionali la possibilità di confrontarsi con un’enorme varietà di numeri, stampando banconote che vanno da un centesimo di dollaro ad, appunto, un trilione di dollari, cioè centomila miliardi.

L’anatra birichina.
Il premio più importante, però, è la visibilità: «Uno dei miei studi preferiti è quello sull’anatra selvatica che ha comportamenti omosessuali necrofili», ricorda Abrahams. «Il suo autore, Kees Moeliker, curatore del museo nazionale di Scienza Naturale di Rotterdam, dopo aver vinto il premio nel 2003 per questa ricerca, ha cominciato a essere chiamato in giro per il mondo per tenere conferenze sui comportamenti più strani degli animali. Ha anche scritto un bestseller su come quest’anatra gli abbia cambiato la vita». Non per nulla, ogni anno arrivano 9.000 candidature: «Il 15-20% sono autocandidature, che però raramente arrivano alla vittoria», confessa Abrahams. Le altre vengono dal lavoro di un centinaio di volontari, fra cui premi Nobel e IgNobel, giornalisti, docenti e studenti universitari, tutti accomunati da un alto tasso di humour. Ma anche persone comuni possono mandare una segnalazione all’indirizzo email marc@improbable.com.
Un gruppo più ristretto decide le candidature: «Ci scateniamo in spassosissime discussioni», racconta Abrahams. «La cosa più difficile, in genere, è stabilire la disciplina per la quale attribuiamo il premio: sono 10 e non sono sempre le stesse, anche se medicina, biologia o fisica ci sono quasi sempre. Infine, quando si tratta di prendere l’ultima decisione, coinvolgiamo una persona presa a caso per strada». Non sia mai che si finisca per prendersi troppo sul serio.