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 2016  luglio 22 Venerdì calendario

IL MONSIGNORE E LA CROCE GAY

Il libro per gli amanti del genere, Monsignore gay che fa coming out e decide di rendere pubblico il suo legame con un fidanzato catalano [La prima pietra. Rizzoli, pp 336; euro 19). E fin qui, tutto sommato, nessun brivido. Tosta invece, la critica al Vaticano, alle sue strutture, ai suoi esponenti più influenti, all’emerito papa Ratzinger, e anche a papa Francesco che poi, così liberale e aperturista, secondo Krzysztof Charamsa, non è.
Monsignore Charamsa, lei crede in Dio?
«Ci mancherebbe. Ci credo profondamente».
E perché crede in Dio?
«Semplicemente non posso credere che la mia vita possa finire nel vuoto. Credo in Dio perché lo sento. Anche se sono un prete senza più lavoro».
Esodato perché gay. Licenziato? Brutta storia.
«Disoccupato, si. Per noi preti è un’esperienza quasi inconcepibile».
Ah sì?
«Bè, quando uno entra nel clero di solito ha la sicurezza che non sarà mai più disoccupato».
E invece, guarda un po’ che ti va a capitare.
«Oggi capisco meglio le persone senza lavoro e senza stipendio. È un’esperienza anche questa».
Guadagnava bene?
«I preti non se la passano male. La sicurezza economica non manca».
Quanto.
«Non sono segreti».
A maggior ragione, me lo dica. Ha dichiarato di essere gay, ora mica vorrà tacere sullo stipendio.
«I preti fanno carriera per anzianità. Diciamo che si parte da 1.500 – 2.000 euro e poi si avanza col tempo».
Va bene, questo argomento non le piace, ho capito. Ma un prete gay licenziato rimane prete?
«Certo. Il sacramento dell’ordinazione non si cancella. Direi che oggi sono un prete migliore».
Lei crede in Dio e va bene. Ma si è chiesto come mai Dio le ha riservato, a lei, gay, un percorso così sofferente all’interno della Chiesa, ambiente omofobico quant’altri mai?
«Ma vede, io penso che noi tutti siamo chiamati infine alla felicità. Nel mio caso è stato necessario passare per un percorso anche di sofferenza e di negazione della mia identità».
Appunto. E perché Dio le avrebbe voluto fare questo scherzo?
«Questo non dipende da Dio ma da quei giochi umani che di Dio si servono. Molti pensano di possedere Dio e di poterlo manovrare come vogliono».
Lei racconta nel suo libro che per dodici anni ha lavorato nella Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui capo è stato per venti anni Joseph Ratzinger. Quindi è stato Ratzinger per lungo tempo a gestire il rapporto tra ortodossia cattolica e l’omosessualità.
«Certo. E per lunghi anni la Congregazione ha continuato a sostenere posizioni sui problemi dell’omosessualità che non hanno nulla a che vedere con il più vago elemento o approccio scientifico. Tesi cieche e ostinate. L’omosessuale non è, per la Chiesa, “uno di noi“».
Una posizione che porta il marchio di Ratzinger?
«Il suo marchio e quello del suo staff. E senza dimenticare Papa Wojtyla. Un establishment che ha rifiutato ogni ricerca sui problemi delle minoranze sessuali, affidando queste materie a personaggi come minimo molto controversi, gente senza scrupoli che ha a lungo considerato alla stessa stregua omosessualità e pedofilia. E anche ora poco è cambiato».
Non vorrà negare che Papa Francesco ha posizioni più aperte su questi problemi.
«Papa Francesco non ha cambiato nulla nel Sant’Uffizio, checché se ne dica in giro. La cosa più importante, e sicuramente gli va riconosciuto, ha pronunciato la parola “gay”. Questo sì, è uno spartiacque epocale. Lo ha detto anche senza manifestare particolare schifo».
Incoraggiante.
«Ma non mi farei grandi illusioni. I gay per la Chiesa sono ancora appestati, responsabili di ogni nefandezza. Una vera riflessione su questi temi è lontana. I sinodi hanno evitato accuratamente l’argomento. La Chiesa avrebbe bisogno di una rivoluzione su questi terreni».
I passi di Francesco non le bastano.
«È ancora pochino. In qualche modo nel nostro Catechismo continuiamo a affermare che la Terra è piatta e non si muove».
Ora non esageriamo.
«Scusi ma quanti secoli ci abbiamo messo per riconciliarci con Copernico e Galileo? Eravamo paralizzati dall’avanzare della scienza. Per scoprire poi che cominciare a discutere le loro teorie ha fatto bene alla nostra salute intellettuale».
Ci sono voluti secoli perché nel caso di Copernico e Galileo si andava a toccare una visione del mondo e della creazione. Nel caso della sessualità gay forse si farà prima perché riguarda la complessità del mondo. Si rimane, comunque, all’interno dell’idea della creazione. Non crede? Una revisione potrebbe essere meno pericolosa.
«Forse. Con Copernico ci siamo confrontati con la rivoluzione dello spazio, con Darwin con la rivoluzione della storia, anche se toma con insistenza il fondamentalismo del “disegno intelligente“ e il fascicolo Darwin non è ancora chiuso. Ora c’è il terzo dossier delle minoranze sessuali, la sessualità umana e la complessità della natura. Non ci sono leggi naturali statiche e immutabili».
Un dossier che secondo lei nessuno ancora vuole toccare.
«Io dico che è ancora un punto non attaccabile. La Chiesa è ancorata alla “eteronormatività”. O sei maschio o sei femmina. Punto. Prenda me. Io, nella Chiesa, non sono considerato un omosessuale. Io sono un eterosessuale corrotto, deviato dall’originale».
Ah ecco. E cosa c’è all’origine della sua corruzione?
«Esiste un elenco preciso di ragioni ufficialmente definite».
Sarebbero?
«Solita roba. Rapporti difficili con i genitori, difficoltà nello sviluppo, scelte sbagliate, cattive compagnie, c’è un vasto elenco messo a punto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che è all’origine del “disordine patologico“ dell’omosessualità, che, per la Chiesa, coincide anche con una grave difficoltà, per i gay, di trova – re ragioni di realizzazione di se stessi nella società».
Andiamo, monsignore, ci sarà pure all’interno del Vaticano qualcuno che comincia a pensarla diversamente.
«In Vaticano non si deve pensare».
Non si muove niente?
«È il grande problema di Papa Francesco. Non ha collaboratori all’altezza. Francesco ha detto una cosa importantissima e cioè che “la realtà è superiore all’idea“, il che vuol dire che l’idea deve servire la realtà. Sarebbe una rivoluzione totale. Ma chi è disposto a seguire questo principio? Il problema della Chiesa è esattamente questo, che non si confronta con la realtà. La Chiesa si sente più tranquilla con i suoi principi immutabili. Su molti temi, non sono su quelli della sessualità, siamo in ritardo di decenni».
Si è fatto vivo qualcuno con lei dopo il suo coming out pubblico?
«Sta scherzando?».
No. Qualche amico, ex colleghi.
«Gli amici rompono immediatamente ogni contatto. Il vescovo della mia diocesi si è messo a controllare i nomi di quelli che figurano ancora come miei amici su Facebook».
Nessun amico autentico?
«Sì, qualcuno vuole mantenere i contatti, ma solo di nascosto. Molto di nascosto. Cospiratori».
Luigi Irdi, il venerdì di Repubblica 22/7/2016