Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 30 Giovedì calendario

LA (NON PIÙ) MISTERIOSA SCOMPARSA DI MAJORANA

Pubblichiamo la prefazione di “La seconda vita di Ettore Majorana” (Chiarelettere) in libreria da domani, scritta da Salavatore Majorana, nipote del fisico italiano scomparso nel 1938
È vero, condivido il cognome e ho potuto godere di molti aspetti della vita di quella grande famiglia in cui lo stesso Ettore era cresciuto. E questo me lo fa sentire vicino. Ma l’eccezionale grandezza dello scienziato è un patrimonio che va ben al di là della nostra famiglia: il suo lavoro è patrimonio di tutti, non sempre facile da comprendere e spesso troppo trascurato di fronte all’intrigante evoluzione della sua stessa vita.
Eppure è un patrimonio vivo, che anima comunità di ricercatori e dimostra ogni giorno di più la profondità di visione di questo grande uomo.
Vi dirò dunque dei miei pensieri, senza la pretesa di possedere alcuna verità (chi poi potrebbe mai?) o di incarnare il messaggio di altri, visto che anche tra i miei stessi zii e cugini vi sono letture diverse delle vicende che hanno riguardato Ettore Majorana.
Che Ettore avesse deciso di sottrarsi alla vita che stava vivendo è sempre stata mia ferma convinzione. Così come ho maturato la certezza che non si fosse mai ucciso.
Prima ancora di cominciare a leggere della sua storia, quando ero un ragazzino, i racconti di famiglia non contemplavano mai l’ipotesi del suicidio. Alcuni dei miei zii con il giovane Ettore avevano trascorso i mesi di villeggiatura in Sicilia e di lui conservavano il ricordo di un ragazzo brillante, certamente, e di carattere. Non era proprio nel suo profilo un gesto estremo come levarsi la vita. Levarsi di torno invece sì.
Anzi, credo che con il tempo Ettore abbia sviluppato la ferma convinzione che intorno a lui non vi fossero persone adeguate a comprendere ciò che faceva.
Gli anni magici dell’incontro con Fermi, la creazione del gruppo di via Panisperna e gli intensi scambi con i più eminenti fisici del tempo (nel 1933, ad esempio, era a Lipsia con Werner Heisenberg, premio Nobel per la Fisica grazie al suo Principio di indeterminazione, successivamente modificato proprio da Ettore) gli avevano dato un contesto di riferimento in cui trovare degli interlocutori stimolanti. Ma, un po’ alla volta, le strade di quei ragazzi si divisero, e la comunità di riferimento di Ettore divenne meno vicina, meno raggiungibile. O almeno così la percepì.
Le cose intorno a lui cambiavano. Ed Ettore era certamente persona capace di leggere la storia del suo tempo. Era in Germania all’epoca dei Bücherverbrennungen, i roghi di libri a opera del regime nazista, e credo che restò scosso nell’osservare come scienziati di spessore fossero sotto pressione in quel contesto (alcune lettere di Ettore allo zio Quirino lasciano trapelare tali considerazioni). Ma su questi argomenti hanno già scritto in molti.
Fu dunque la straordinaria capacità di interpretare i fenomeni naturali che lo circondavano, fossero questi il comportamento delle particelle subatomiche o i movimenti politici, che – a mio avviso – guidarono Ettore Majorana nelle sue scelte. Scelte che, ancora una volta, anticiparono i tempi.
E non ho mai creduto che la scelta di “sparire” sia stata dettata da un briciolo di egoismo. Sparire e far perdere le proprie tracce voleva dire lasciare per sempre i suoi affetti, l’amata sorella, i compagni di studio. No, non credo che sia stata una scelta facile. Del resto, la vita dello zio Ettore era destinata a imprese impossibili ai più.
Ho guardato negli occhi i nostri autori e ho ascoltato le storie della loro ricerca sulle tracce dello zio Ettore. Ho trovato una scintilla di curiosità e un modo molto delicato di trattare le scoperte che di volta in volta facevano. Avevo letto sommarie informazioni sul lavoro della Procura della Repubblica, la cui ricostruzione dei fatti mi era parsa fantasiosa e poco credibile.
Il libro che vi apprestate a leggere si muove con attenzione attraverso molti riscontri e ci lascia un ritratto che ha del verosimile. Sapere che quel “signor Bini” potesse nascondere un pezzetto della vita di Ettore, dopo il primo turbamento, mi ha quasi sollevato.
Resta intatto un grande mistero, forse l’unico che merita di essere celebrato con clamore: chissà se allora quell’incontenibile mente non abbia lasciato i suoi appunti di lavoro in qualche luogo. Forse potremmo trovarci le risposte a molte domande della scienza rimaste aperte.
SALVATORE MAJORANA*, il Fatto Quotidiano 30/6/2016
* Salvatore Majorana è direttore del Technology Transfer presso l’Istituto italiano di tecnologia (Iit). È figlio di Giuseppe Majorana e nipote di Salvatore, quest’ultimo primo cugino del fisico Ettore Majorana