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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

QUESTE FONDAZIONI SONO DA RIFONDARE

Quando in quel gelido 25 gennaio 1563 sette cittadini torinesi fondarono la Compagnia della fede cattolica sotto l’egida di San Paolo, per realizzare opere di misericordia e battere i luterani, non pensavano certo che i loro successori quattro secoli e mezzo dopo avrebbero dovuto resistere a ben altri riformatori. L’originaria confraternita aveva creato anche un Monte di pietà il quale è poi diventato una banca, e che banca: Intesa-Sanpaolo, di cui la compagnia è azionista numero uno con il 9 per cento.
Il 19 giugno i nuovi riformatori, protestatari più che protestanti, hanno conquistato il Comune con Chiara Appendino, giovane di rispettata famiglia (il padre imprenditore è il braccio destro di Gianfranco Carbonato, presidente della Confindustria piemontese) e specchiata preparazione (la Bocconi niente meno). Come prima mossa, quasi a segnare la cifra del proprio quinquennio, ha chiesto la testa del presidente della Compagnia, il professor Francesco Profumo, già rettore del Politecnico, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e ministro dell’Istruzione nel governo Monti.
Giuseppe Guzzetti, gran maestro delle fondazioni bancarie, presidente della Cariplo e dell’Acri, ha messo subito le mani avanti: «A Torino si sono rispettate le regole, le leggi, gli statuti, i regolamenti? Se sì, allora bisogna chiedersi se la richiesta di dimissioni è giusta o meno». Profumo, che non intende lasciare, ha colto la palla al balzo: «Non me ne vado, rispondo solo al consiglio». La Compagnia ha risposto piccata anche all’accusa di aver accantonato 400 mila euro per aumentare gli emolumenti: servono «ad attivare organi tecnici quali comitati scientifici, formati da esperti (e previsti dallo Statuto), per contribuire a definire le linee programmatiche del prossimo quadriennio». Forse la forma è poco ortodossa e il momento inopportuno, tuttavia il sindaco Appendino ha voce in capitolo. Non solo perché Profumo era stato nominato in zona Cesarini dal suo predecessore Piero Fassino (arciconvinto di ottenere la conferma), ma perché tra i 17 membri del consiglio generale due spettano al Comune, e uno di essi è il presidente, per tradizione anche se non per regola scritta. Altri due vengono dal Comune di Genova e poi uno ciascuno da una serie di istituzioni pubbliche e private (Regioni, Camere di commercio, accademie delle scienze, il Comitato per le pari opportunità).
Pur essendo ben più vecchia e nascendo come soggetto privato, la Compagnia ha seguito il destino delle fondazioni di origine bancaria. Tra queste c’è la Fondazione Cassa di risparmio di Torino che possiede il 2,5 per cento di Unicredit, l’unica banca italiana considerata dalla Bce di rilievo sistemico, al vertice della quale esprime un vicepresidente come Fabrizio Palenzona.
Chiara Appendino, dunque, sarebbe in grado di condizionare le due maggiori banche italiane? Se poi deve riportare ogni decisione al «comitato strategico» della Casaleggio e associati, ne consegue che un soggetto privato, senza sborsare un centesimo e utilizzando un pubblico ufficiale, può influenzare masse di risparmio ingenti: Unicredit ha un attivo di oltre 800 miliardi di euro, Intesa-Sanpaolo supera i 600. Cattivi pensieri. Tuttavia la storia ci ha insegnato che banche e casse sono servite alla classe politica locale per aumentare il consenso e il bacino di voti. Intervenire sulle fondazioni è importante per un sindaco, anche senza voler compiere il salto nell’alta finanza. Solo lo scorso anno le due istituzioni torinesi hanno sborsato quasi 200 milioni di euro per sostenere politiche territoriali. Il portafoglio della Compagnia Sanpaolo arriva a 7,7 miliardi, oltre la metà impegnato nel gruppo Intesa. Tra il 2012 e il 2015 sono stati stanziati contributi per 536 milioni sostenendo 3.200 progetti. Nel solo 2015 la Compagnia ha deliberato erogazioni complessive per 143,6 milioni di euro per politiche sociali, sanità, istruzione arte e beni culturali.
La Fondazione Crt ha un patrimonio inferiore: poco più di due miliardi, con investimenti per 3,2 miliardi nel 2015. A parte presidiare Unicredit che assorbe il 23 per cento del bilancio, la fondazione ha staccato assegni per 55 milioni nel 2015 e s’impegna a superare i 60 nell’anno in corso. «Abbiamo continuato a sostenere fortemente il territorio, a partire dai progetti per i giovani, il welfare, la cultura, contribuendo a ricadute positive su un sistema non ancora uscito dalla crisi» mette le mani avanti il presidente Antonio Maria Marocco, notaio dei potenti, membro del consiglio di sorveglianza dello Ior. Anche la sua poltrona è sub iudice.
Enrico Salza, a lungo uomo forte della banca Sanpaolo, ha lanciato alla Appendino un ramoscello d’ulivo dopo averla osteggiata: «Il nonno Giuseppe era un mio carissimo amico» ha confidato. «Conosco molto bene anche il padre, la madre e la nonna. Chiara ha frequentato la scuola americana da me fondata: è per mezzo mio che ha compiuto i propri studi. Sono pronto a darle aiuto, ma deve essere lei a chiedermelo». Anche un pentastellato tiene famiglia.