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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

IL MONDO VISTO CON 4 OCCHI. INTERVISTA AD ALESSANDRO PREZIOSI – Gli uomini belli dovrebbero lasciar perdere la barba

IL MONDO VISTO CON 4 OCCHI. INTERVISTA AD ALESSANDRO PREZIOSI – Gli uomini belli dovrebbero lasciar perdere la barba. L’ultima volta che lo intervistammo aveva il pizzetto, ora il viso liscio e lo sguardo sornione di Alessandro Preziosi sono ringiovaniti, illuminati da un fascino quasi da ragazzo. Sarà anche merito dell’entusiasmo, attraversa la stanza come fosse il palcoscenico dove sta per tornare, il 19 luglio, al Teatro Romano di Verona. Sarà Mercuzio, l’amico di Romeo che cade trafitto innescando la tragedia di Montecchi e Capuleti. Forse lo immagineremmo più facilmente nei panni del protagonista, benché Romeo e Giulietta fossero 14-15enni. Ma è pur vero che anche ai suoi 43 anni si può essere innamorati (scoppiando in enormi risate per dribblare le domande sulla fidanzata Greta). D’altra parte, nel raccontare lo spettacolo, diretto da Andrea Baracco, e prodotto da Preziosi con il vecchio compagno di scuola Tommaso Mattei e la loro Khora.Teatro, sottolinea che infinite sono le forme dell’amore, «compresa quella fra Mercuzio e Romeo». Mercuzio e Romeo si amano? «Mercuzio non vuole un Romeo appesantito dal sentimento per Giulietta, lo preferisce allegro, compagno di divertimenti. Non è un amore omosessuale, ma è l’amore più vero e potente: quello fra amici». È vero che al suo primo provino portò proprio Mercuzio? «Sì, a 25 anni, all’Accademia dei Filodrammatici. Scelsi questo pezzo perché ero innamorato del film di Zeffirelli». Si può interpretare da giovani come da adulti? «È un po’ senza età, adesso in Gran Bretagna lo interpreta un attore di 70 anni». Non vorrebbe essere Romeo? «È un personaggio meraviglioso, Romeo. Da piccolo mi sarebbe piaciuto farlo». L’amore è faccenda da ragazzini? «No... dipende... non so... sono confuso». Un po’ di esperienza ce l’ha. «Diciamo che l’amore ha bisogno di mantenere l’entusiasmo dei ragazzini. E io questo entusiasmo lo conservo ancora». La più bella storia d’amore mai raccontata? «Sempre quella fra amici, Le braci di Sándor Márai. Quella che non finisce mai, potrei dire quella con Dio». Non allarghiamoci troppo. «Diciamo che al cinema il primo Twilight mi prese molto, per il concetto di rinuncia. Le più belle sono sempre storie che presuppongono una mancanza di corrispondenza». Ha fatto molte rinunce in nome dell’amore? «Mi aspetto di farne di più importanti. L’amore è qualcosa di dinamico. Immagini una dolce risacca. Ma se questa risacca annuncia un’onda più grande, allora c’è irrequietudine. Ed è lì che arrivano le rinunce, di cui c’è bisogno perché l’amore sia concreto». Che cosa mi dice del suo amore, con Greta? «Ormai sono cinque anni che stiamo insieme, potrebbe sostituire il suo naso con una gamba, cambiarsi tutta, e non perderebbe un “acaro” della sua grazia. Guardare il mondo a quattro occhi è la cosa più bella». Mercuzio parla di sogni, «generati da un’inutile fantasia». Lei quanto sogna? «Moltissimo. Sono d’accordo con lui, però: i sogni son figli dei cervelli oziosi, menti che non riescono a sognare a occhi aperti». E lei? «Io sogno sempre a occhi aperti. Chiudo gli occhi e davanti a me si muove un mondo, che poi traduco in concretezza». Ma di notte che cosa sogna? «A volte sono sogni sereni, distesi, a volte sono osservatore e altre protagonista». Ha mai avuto un amico immaginario? «No, sono sempre stato amico di me stesso, ho trovato in me l’amico di cui avevo bisogno, che ti ricorda ciò che è importante». Lei sembra una persona piuttosto sicura. «Cerco di essere oggettivo con me stesso, non ho niente di archiviato. Certo, c’è il rischio della punteggiatura». Scusi? «La punteggiatura ti dà la possibilità di capire quando è “punto a capo” e quando invece è una frase, o una fase, che ha bisogno di fermarsi, di essere ripetuta». Nel «punto a capo», lei adesso lavora a una storia di suicidio assistito. «È un film che dirigerò, La vita non fa per me. Nasce dalla notizia di cronaca di una ragazza di 24 anni malata di depressione che in Belgio ottenne, per poi rifiutarlo, il diritto al suicidio assistito. Leggendo la storia mi sono chiesto: e per te, la vita ha senso? Mi sono concentrato sulla legittimazione dell’atto: quando si concede questo diritto si apre una porta verso l’inferno. Parallelismo può essere l’utero in affitto, le leggi razziali...». Ma il suicidio assistito, contrariamente alle leggi razziali, riguarda solo la persona che lo vuole compiere. «Sì, ma ci sono anche altri, che decidono della tua vita: medici, giudici... A loro il paziente deve dimostrare che prova un dolore, fisico o psicologico, intollerabile. Quando lo Stato concede questo diritto, c’è una legittimazione. Pensi all’utero in affitto: può avere risvolti positivi, ma chi ci dice che – una volta ratificato il diritto – qualcuno non riempia un capannone di donne, e commerci poi gli organi dei loro figli?». Il tema dei diritti la coinvolge anche perché lei è laureato in Legge ed era avvocato? «Ringrazio i miei per avermi concesso quel periodo di svago che era l’università, dove mi sono allenato a parlare di nulla. Tornando all’eutanasia, chi ci assicura che darà soluzione reale a un problema?». Ha visto Miele, il film sull’eutanasia di Valeria Golino? «Sì, Valeria ha dimostrato una grandissima sensibilità e bravura. A questo punto mi auguro di fidanzarmi con lei». In attesa di Valeria, con Greta progetta un altro figlio? Lei è già padre di Andrea, 21 anni, ed Elena, di 10. «Non so, a me piacciono molto i bambini, è un modo forse egocentrico di non dimenticare la mia infanzia: attraverso loro la riproduco senza perdermi neanche un frame. E un figlio migliora la specie, con lui ogni volta il genitore riscopre lo stato primordiale». Il suo Shakespeare preferito? «Re Lear, mi dispiace per il povero re e fa vedere l’uomo in tutta la sua tremenda essenza: la vecchiaia, l’abbandono sono tragedie molto più “umane” di quella di Amleto». Potrà farlo quando invecchierà davvero. «Vorrei dirigerlo, con Fantastichini, Haber, Bentivoglio... uomini che conoscono bene ciò di cui parla. Invece, l’amore fra Romeo e Giulietta è proprio da irresponsabili».