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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

IL SUO SPIRITO DI DESTRA CONTRO LE IPOCRISIE

Esistono i grandi attori.
E poi ci sono le icone. Ma la grandezza di Bud Spencer si celava nel non aver mai dimenticato di essere una persona normale. Anzi, di averlo sempre rivendicato con grande orgoglio. Con lo stesso spirito aveva inseguito già avanti con gli anni un terzo tipo di successo. Quello politico. Per molti era stata una sorpresa sapere che Bud, anzi Carlo, Carlo Pedersoli, aveva una sua identità politica, magari inattesa perché distante da quella del personaggio che spesso interpretava nei film con (e senza) Terence Hill: il mezzo criminale un po’ tonto, ma in fondo buono. Nel 2005 si era candidato alle elezioni regionali del Lazio per Forza Italia, dopo un incontro con Silvio Berlusconi, ai tempi presidente del Consiglio. «Condivido tutto quello che ha fatto Berlusconi», aveva dichiarato in precedenza. «Lo conosco da tempo e lo stimo da prima che facesse politica. E quando si stima l’uomo già prima e poi lo si vede in politica, lo si accetta e si ama». Non era andata bene, nonostante le circa 4000 preferenze ottenute, ma lo stesso entusiasmo lo aveva trasmesso alla figlia Cristiana che nel 2013 si era candidata alle comunali di Roma.
La sua passione politica il pubblico l’aveva scoperta solo recentemente, perché Bud prima era stato sempre riservato. Anche se il suo pensiero aveva avuto modo di esprimerlo in diverse occasioni, come a una conferenza, quando a un ragazzo che rivendicava di essere ateo rispondeva con intelligenza: «Non esiste al mondo un uomo o una donna che non abbia bisogno di credere in qualche cosa: tu credi che Dio non esista, quindi credi in qualche cosa». Altro che sganassoni e frasi da contrabbandiere perdigiorno: Bud era ben diverso dai
personaggi dei suoi film. «È il signore che vi manda», gli dice fiducioso il mormone Tobia in Lo chiamavano Trinità. «No, passavamo di qui per caso», risponde sincero nei panni di Bambino. Niente di più lontano da quello che Bud pensava. «Ho bisogno di credere perché, nonostante il mio peso, mi sento piccolo di fronte a quello che c’è intorno a me. Se non credo sono fregato». E in un’intervista aveva persino scherzato sulla sua scomparsa. «Quando il Padreterno mi chiamerà voglio vedere che succede, e se non succede niente allora mi incazzo». E lo avrebbe fatto a modo suo naturalmente.
Ma il Bud che tanti hanno amato e amano era lo stesso che a volte si lasciava andare a frasi al limite del politicamente corretto. A chi gli chiedeva come mai la critica italiana lo celebrasse poco, a differenza di quanto accadeva in altri Paesi, l’ormai 80enne Pedersoli diceva «forse perché non sononégaynétranseholastessa moglie da cinquant’anni». Pensiero che aveva anche ribadito per spiegare come mai la sua biografia Altrimenti mi arrabbio fosse un best seller in Germania, ma un mezzo flop in Italia. «Qui parlano di te solo se sei frocio o comunista», sottolineava, senza paura di essere criticato. «Intendiamoci, non ho niente contro i gay. Quello che fa la persona che ho davanti in camera da letto non sono affari miei. Quando ci parlo, il pensiero delle sue abitudini sessuali non mi sfiora neanche lontanamente. Siamo liberi, puoi fare tutto quello che vuoi». Non a caso amava ricordare, da napoletano verace, che la sua regola di vita fosse «Futtetenne». E nessuno ha interpretato nella vita quella finta indifferenza, quella capacità di ridere sempre sulle cose, quel «vivi e lascia vivere» con la stessa grandezza di Bud.