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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

ANCA NUOVA E DOPO 6 ORE GIÀ IN PIEDI

L’INTERVENTO
Il taglio è di sei o sette centimetri. I muscoli non sono toccati, la testa del femore non viene fatta uscire dalla sua sede, si perde poco sangue, è sufficiente l’anestesia epidurale, dopo 6-12 ore si è di nuovo in piedi a camminare. Con una protesi d’anca nuova.
E’ l’ultima tecnica mini-invasiva messa a punto, tra Cina e Italia, per impiantare una protesi di anca. Uno degli interventi ortopedici più diffusi e in continua crescita: centomila l’anno. Non solo tra gli anziani ma anche tra i giovani. La soluzione chirurgica per fratture, traumi, artrosi e artrite reumatoide.
IL RECUPERO
Dall’incisione ampia sulla pelle e il conseguente sacrificio di uno più muscoli si è arrivati a questa procedura che permette l’impianto senza più neppure lussare l’articolazione. «Proprio la non lussazione - spiega Gianluca Cusmà, responsabile Chirurgia ortopedica mini invasiva al Polo di Pavia del Gruppo ospedaliero San Donato che ha lavorato alla messa a punto della tecnica - permette un recupero immediato del tono muscolare. Nessuno stress durante la manovra. Per questo è possibile mettersi in piedi già sei ore dopo essere usciti dalla sala operatoria. La micro invasività verso i tessuti, inoltre, ha fatto diventare irrisorie le perdite di sangue. Rendendo questa tecnica ideale nel paziente anziano e debilitato».
I PAZIENTI
Ideata da un medico di Taiwan naturalizzato americano questa procedura ha portato alla creazione di nuovi strumenti per intervenire sul paziente. «Sono stato per due settimane visiting professor dell’università cinese di Yangzhou - aggiunge Cusmà - E’ nato così l’adattamento alla realtà anatomica occidentale. La capsula articolare viene preservata anteriormente e posteriormente e la stabilità dell’anca rimane pari a quella pre operatoria. Sia nel caso si tratti di uno sportivo, di una persona con problemi di usura pur essendo giovane, che nell’età avanzata».
Questo significa che se il paziente, sia per lavoro che per sport, necessita di avere un ampio raggio di movimento dell’anca come l’accovacciarsi, lo yoga, lo sci o le arti marziali, non è costretto a limitazioni.
All’intervento si arriva nel momento in cui lo strato di cartilagine che riveste la testa del femore e la cavità acetabolare (quella che lo accoglie) si assottiglia progressivamente fino a mettere a nudo l’osso che è sotto. Questo si addensa, si deforma e produce delle escrescenze a forma di becco che ostacolano il movimento. I muscoli si retraggono, insorge un forte dolore. Con l’avanzare del danno si è costretti a camminare zoppicando e anche il bacino subisce una rotazione esterna. Limitando notevolmente i movimenti.
Il tipico esordio è con forti dolori all’anca che si irradiano all’inguine e che si acuiscono quando si ruota la gamba verso l’interno. I dolori persistono sia di giorno che di notte, arrivando a disturbare il sonno. Si può cominciare ad avvertire il dolore improvvisamente, senza alcuna avvisaglia, ma se alla radiografia si evidenzia artrosi significa che il problema stava covando da mesi o anni.