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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

IL CALCIO È SEMPRE STATO UNA QUESTIONE DI CUORE

Ho vissuto i primi 12 anni della mia vita in un quartiere popolare di Reykjavík brulicante di bambini in ogni dove e tutti – tutti – giocavano a calcio. Appena si scioglieva la neve, in aprile o maggio cominciava la febbre del calcio. L’unico che non giocava era uno dei miei migliori amici, ma era scusato per il fatto di essere molto intelligente; recitava a gran velocità le capitali d’Europa, sapeva quant’era distante la luna, ed era un portento a scacchi. Andavo sempre in campagna alla fine di maggio, non tornavo fin verso autunno. Ma anche in campagna si giocava a calcio una volta alla settimana; e giocavano insieme ragazzini di 10 anni e contadini 50 enni in stivali di gomma. Sempre fino all’ultimo sangue. In altre parole, l’interesse per il calcio è sempre stato grande qui a nord, sotto il circolo polare. D’altra parte le circostanze non vanno però a lungo a braccetto con l’interesse. Tanto per cominciare per molti anni ci siamo allenati e abbiamo giocato sui campi di ghiaia e il periodo di allenamento era molto breve, per la precisione da maggio fino a settembre. Poi era già inverno; e i bambini passavano alla pallamano. La pallamano è stato a lungo lo sport nazionale, semplicemente perché potevamo allenarci nove mesi all’anno invece di quattro. Ma credo che il calcio abbia sempre occupato un posto più grande nei nostri cuori. Abbiamo avuto bravi giocatori; Sigurvinsson (1955) ha giocato principalmente nello Stoccarda fu nominato giocatore dell’anno del campionato tedesco del 1985; Guðjohnsen (1978) ha giocato nel Chelsea nel Barcellona, e ora, a 38 anni, è riserva della nostra Nazionale a questi Europei. Due giocatori islandesi di livello mondiale. Solo, purtroppo, così distanti tra loro nel tempo... In qualche modo siamo sempre stati completamenti certi di riuscire a metter su una Nazionale che sarebbe potuta arrivare lontano. E lo abbiamo visto quanto lontano è arrivata, la nostra squadra; hanno potuto allenarsi più o meno tutto l’anno. Ergo: dobbiamo assicurarci che sia possibile allenarci tutto l’anno. Durante il secolo scorso abbiamo cominciato a costruire palazzetti da calcio, oggi sono 11, e piccoli campi di erba artificiale sono stati allestiti in ogni scuola elementare e media del paese. Quei giocatori che ora tengono alto l’onore della Nazionale islandese sono quasi tutti nati intorno al 1990, la prima generazione che ha potuto allenarsi a calcio tutto l’anno. E la riuscita è più che evidente: ottavi di finale superati agli Europei. Ma per arrivare lontano, per raggiungere il successo, non importa in cosa, è una legge di natura, bisogna imparare dagli altri. I tifosi sono parte del successo della Nazionale islandese, il nostro dodicesimo uomo, dicono i giocatori. Con quello speciale «applauso vichingo», come i media stranieri lo hanno definito; lo abbiamo «rubato» ai tifosi scozzesi del Motherwell. E poi c’è anche questa speciale vicinanza che si è creata tra i tifosi e i giocatori. Credo che sia tale vicinanza a sostenerli, a dar loro quella forza in più. Quella stessa forza che trovò Davide quando sconfisse Golia. Se Dio è in buona, il prossimo 7 luglio ci sarà la semifinale Italia-Islanda. E se gli italiani si mettono involontariamente a pensare: che sarà mai giocare con un paese che ha lo stesso numero di abitanti di Perugia? Allora Davide ne uscirà sicuramente vittorioso. E loro saranno puniti.