Riccardo Bruno, Corriere della Sera 29/6/2016, 29 giugno 2016
I NUMERI DEI VISITATORI ERANO GIÀ A PICCO
Elena Ventura vive a Istanbul e da cinque anni organizza tour con la sua agenzia «Viaggio in Turchia». Tre anni fa, dopo la tregua tra il governo Erdogan e i curdi del Pkk, gli affari iniziarono ad andare a gonfie vele. «Il periodo d’oro è durato fino al 2015, poi un flop. In un anno i turisti italiani sonno calati di oltre il 30 per cento».
I dati ufficiali dell’Istituto turco di statistica certificano il crollo. I connazionali che hanno scelto la nazione ponte tra l’Europa e l’Asia sono scesi l’anno scorso da 640 a 467 mila. I bilanci sui primi sei mesi di quest’anno sono ancora peggiori, e coinvolgono non solo noi: -59% di russi , meno 40% di tedeschi. In totale i visitatori stranieri sono scesi del 10,3%, le entrate del 16,5%. Un duro colpo per un’industria che faceva della Turchia la quarta destinazione in Europa, la sesta al mondo.
«È il risultato dell’azione terroristica su due fronti, quello interno del Pkk e quello esterno dell’Isis, ma c’è anche una campagna anti-turca che sta scoraggiando le scelte di molti — ci tiene a sottolineare Elena Ventura —. Vi posso assicurare che qui a Istanbul si vive normalmente, i controlli sono aumentati, non c’è psicosi. Il 70% cento di chi sceglie la Turchia sa che è statisticamente più probabile imbattersi in un terremoto che in un attacco kamikaze».
In ogni caso, anche per chi non vuole lasciarsi condizionare dagli attentati, è evidente che il modo di muoversi deve tenere conto della realtà. Il sito «Viaggiare sicuri» della Farnesina contiene un lungo elenco di avvertenze e di luoghi in cui «limitare gli spostamenti» — come manifestazioni, luoghi di culto, rete metropolitane e dei trasposti pubblici — che già da solo consiglierebbe di cambiare meta.
«Anche noi suggeriamo tour in zone o quartieri al di fuori del circuito del turismo di massa — spiega Eleva Ventura — Non solo perché è meno rischioso ma anche perché è un modo di viaggiare che ti permette di conoscere più a fondo persone e posti. Poi ci affidiamo al buon senso e anche alla nostra rete di informatori. Al minimo sentore di tensioni o pericoli in qualche area, cambiano subito destinazione».