Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

«NON POSSIAMO PIÙ DORMIRE INSIEME» GELO E BATTUTE PER L’ADDIO A DAVID DI MARCO

GALLUZZO –
BRUXELLES Matteo Renzi lo dice di prima mattina alla Cnn, «Londra non può decidere di avere i benefici europei senza condividerne i valori, liberarsi degli obblighi e mantenere i benefici». La Cancelliera Angela Merkel ne fa un mantra della sua giornata, prima di fronte al Bundestag, poi davanti ai cronisti, infine comunicandolo direttamente a Cameron, che suo malgrado si trova nel ruolo di grande imputato, alla cena del Consiglio europeo. «Caro David — gli si rivolge Angela Merkel — non puoi fare cherry-picking », ovvero scegliere selettivamente dalla torta europea solo i canditi, le cose buone.
Il processo a Cameron lo fanno un po’ tutti. Ha iniziato Parigi tre giorni fa, con la metafora del divorzio, che non può avere vie di mezzo, il paragone è diventato quasi abusato, ieri insieme ad Hollande la ripetevano i ministri dell’Est europeo, gli olandesi e persino i belgi: «Non si può decidere di uscire da una famiglia e continuare a voler dormire nello stesso letto». Donald Tusk, presidente europeo, all’inizio del Consiglio, è stato quasi brutale, rivolgendosi al premier inglese: «L’Europa è pronta a iniziare il processo di divorzio anche oggi».
Ma uno spaesato (ex) leader britannico, seduto ad un angolo del lungo tavolo ovale del summit europeo, ieri confermava che il suo auspicio è proprio quello di non rompere definitivamente i rapporti: «In termini, di commercio, cooperazione e di sicurezza vogliamo restare quanto più vicini possibili alla Ue».
È possibile? Ieri sera in 27 gli hanno spiegato che è molto complicato, che il modello norvegese non è facilmente replicabile al di là della Manica. Non si può accedere al mercato unico senza accettare la libera circolazione dei cittadini. Non ha resistito alla metafora del matrimonio che si rompe nemmeno il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel: «Caro David non siamo su Facebook, dove le cose possono essere poco chiare, noi siamo sposati o divorziati, non c’è una via mediana».
La linea della Merkel, sulla quale Renzi si trova pienamente d’accordo, concordata insieme al presidente francese nella cena di Berlino, viene del resto scandita dalla Cancelliera senza mezze misure: «L’accesso libero al mercato comune lo ottiene chi accetta le quattro libertà fondamentali europee: quella delle persone, dei beni, dei servizi e del capitale».
Insomma per Londra si profilano negoziati, quando inizieranno, per nulla semplici. E se questa è la cornice teorica, politica, si profila altrettanto complesso il lato pratico: fonti della Commissione ammettono candidamente che non è stato fatto alcuno scenario preventivo prima della Brexit, che «non si sa da dove cominciare» al momento, tali e tante saranno le questioni, i singoli capitoli di cooperazione fra Bruxelles e Londra che dovranno essere rivisti, riesaminati, annullati. E non si sa nemmeno come procedere, se a blocchi tematici o per singoli accordi: di sicuro la mole dei rapporti soggetti a revisione sarà enorme, dai visti turistici alla vendita di servizi finanziari, dall’accesso al mercato interno europeo al funzionamento e alle tariffe della rete elettrica che collega oggi la Gran Bretagna all’Olanda.
Insomma l’ultimo Consiglio europeo di Cameron è stato in parte un processo, in parte l’inizio di un partita a scacchi fra Londra e la Ue, che non si concluderà molto presto. Nella delegazione italiana si prevedono tempi lunghi, i negoziati potrebbero cominciare addirittura a fine anno. «Ma non ci saranno negoziati informali», scandiscono Merkel, Tusk e Juncker all’unisono, mentre qualcuno addirittura azzarda un’apparente provocazione: «Perché l’inglese dovrebbe restare la prima lingua della Ue?».
Renzi cerca comunque di vedere il bicchiere mezzo pieno: «L’Ue ora deve pensare a creare occupazione e investimenti». Il trauma britannico può avere «effetti positivi». Si valuta la possibilità di creare due no-tax area a Milano, nell’area ex Expo, e a Bagnoli, per attrarre investimenti, magari in fuga da Londra.