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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

IL ROBOT BATTE L’UOMO E GUADAGNA CON BREXIT

Gli algoritmi? Con la Brexit hanno guadagnato. Non tutti, è ovvio. Ma ciò che emerge dai dati è chiaro: i robot, negli scambi post-referendum, si sono tolti la soddisfazione di battere gli umani. Gli hedge fund, venerdì scorso, complessivamente hanno perso soldi. Secondo l’Hfrx Global Hedge Fund index la loro performance è risultata in calo dell’1,1%. Guardando, però, ai singoli fondi salta fuori che diversi operatori sono andati in controtendenza. Così, ad esempio, è il caso di uno dei fondi di Lynx Asset Management che ha guadagnato oltre il 5%. Oppure del francese Capital Fund Management. Tutti investitori (e gli esempi potrebbero continuare) con un unico comune denominatore: l’approccio matematico-quantitativo.
Una modalità di trading che, evidentemente, ha permesso di evitare gli abbagli presi dal resto del mercato. Già, gli abbagli. Ma quali, allora, le concrete mosse che hanno portato a simili risultati?
Una tra tutte, anche a livello d’impostazione della strategia, è stata la maggiore capacità di prescindere dalle proprie convinzioni. Cioè: molti investitori, al di là dei mille e più sondaggi commissionati, hanno inconsciamente operato nel modo più consono alle loro aspettative. È un classico errore, studiato dalla finanza comportamentale, di cui i trader professionisti avrebbero dovuto essere consapevoli. Così, invece, non è stato.
Il mondo della finanza, si sa, era di fatto schierato contro la Brexit. Nell’operatività concreta questa aspirazione non avrebbe dovuto inserirsi. Soprattutto in un contesto, come quello del referendum, dove da un lato i due opposti schieramenti erano molto vicini tra loro. E, dall’altro, c’è stato un evento emotivamente drammatico quale l’assassinio della parlamentare Jo Cox.
Evidentemente, però, l’essere umano non è (per fortuna) un robot. Di qui uno dei motivi del risultato di molti Hedge Fund.
Risultato che, invece, è stato interpretato correttamente da chi, per l’appunto, ha puntato sui sistemi quantitativi e automatici. È il caso di uno dei fondi della californiana Altegris. «La nostra strategia - spiega al Sole24ore Lara Magnusen, Portfolio Manager di Altegris Futures Evolution Strategy Fund - si basa essenzialmente sull’individuare, attraverso ad esempio serie storiche dei prezzi, gli andamenti di lungo periodo dei diversi asset».
Un approccio statistico che consente, tra le altre cose, di eliminare i rumori di fondo presenti sul mercato.
Così è stato, per l’appunto, con il voto britannico. In particolare rispetto ai sondaggi pubblicati subito dopo la chiusura delle urne. In quel momento la convinzione generale era che il «Remain» avrebbe vinto. Un contesto in cui l’operatore umano, fin lì convinto del successo della «Brexit», sarebbe stato indotto a cambiare posizione. Non, però, il robot. «Il trend di lungo periodo non era mutato - spiega Magnusen -. Il nostro sistema automatico ha proseguito nella sua strategia». La quale, alla fine, si è rivelata quella giusta.
Insomma: la presenza umana, tra emotività ed errori cognitivi, può essere stata un handicap. Giusto? Sbagliato? Difficile dire.
Di certo, alla base della sostituzione del trader-persona con il robot, c’è soprattutto la convinzione che l’investitore non sia realmente razionale. Vale a dire: gli operatori, nel momento in cui comprano o vendono, sono incapaci di massimizzare il profitto (o minimizzare la perdita). Di qui l’utilità dell’algoritmo.
Un’impostazione che, unita anche alla necessità d’interpretare in poco tempo un’enorme mole di informazioni (big data), spinge sempre di più verso l’automazione degli investimenti. Tanto che non deve sorprendere che, secondo gli ultimi dati, oltre il 65% degli scambi azionari globali sia nelle mani dei robot.
Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente no. Al di là del problema legato all’High frequency trading, il rischio è di considerare i titoli semplici numeri. Asset slegati dalla realtà che rappresentato e che vengono scambiati solo in funzione di correlazioni o particolari livelli di quotazione. Un mondo dove la Borsa non è più il luogo dove le aziende trovano fonti d’investimento alternativo alle banche. Bensì una piattaforma attraverso cui fare (solamente) soldi dai soldi.