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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

LE «TUTE BLU» CAMBIANO VOLTO

Salari collegati ai risultati d’impresa. Buste paga più pesanti se legate alla produttività aziendale. Forme di automatismo negli incrementi retributivi da superare, profili professionali da rivedere, maggior peso alla formazione.
Queste proposte raccolgono il consenso della maggioranza dei lavoratori metalmeccanici, secondo la ricerca Monitor sul lavoro realizzata da Community Media Research, promossa da Federmeccanica che ha coinvolto lavoratori e imprenditori. La ricerca evidenzia anche il livello di gradimento della proposta per un «rinnovamento del contratto nazionale dei metalmeccanici», nella trattativa in corso con i sindacati. «L’indagine conferma che è in atto un profondo cambiamento del lavoro e del modo di fare impresa - commenta Fabio Astori, vice presidente con delega alla cultura d’impresa-. C’è un crescente spirito collaborativo tra le varie parti, pur nel rispetto di ruoli, per poter affrontare le sempre più difficili sfide imposte da un mercato molto competitivo in un quadro economico di grande incertezza. Emerge un orientamento tra le persone, volto alla condivisione dei destini dell’impresa, dei rischi e dei risultati».
Il profilo prevalente dei dipendenti del settore è caratterizzato da maschi (68,6%), più adulti della media dei lavoratori (il 36% ha tra 35 e 49 anni contro il 29% degli altri settori), che operano in imprese in prevalenza di piccole dimensioni (37,3% ha tra 10 e 49 addetti), con elevata specializzazione (61,7%). Tra gli aspetti che le “tute blu” considerano migliorati figurano le condizioni ambientali e di sicurezza (41,7%), la realizzazione sul lavoro (37,9%) e le possibilità di crescita professionale (37,3%). Tra i fattori peggiorati il carico di lavoro (36,9%) e lo stress mentale (41,8%). L’indicatore di sintesi delle condizioni di lavoro (Barometro del lavoro) evidenzia che per il 35,6% degli occupati del comparto le condizioni di lavoro sono migliorate, per il 46,1% sono rimaste uguali, per il 18,3% peggiorate.
Sui temi contrattuali, circa tre lavoratori su quattro (73,8%) sono correttamente informati che un eventuale aumento in busta paga è tassato alla fonte. Ma il 55,9%, sbagliando, pensa che il welfare aziendale sia tassato come il resto del salario, ignorando le novità introdotte dalla legge di stabilità (che ha azzerato il peso fiscale sul welfare contrattato in azienda). Novità, peraltro, colte dalla proposta di “rinnovamento” contrattuale presentata da Federmeccanica (diritto soggettivo alla formazione, estensione della sanità integrativa a tutti i lavoratori, aumento della contribuzione a carico delle imprese). Da notare che cade nello stesso errore il 56,2% dei lavoratori interpellati nei diversi settori. «Questa lacunosa conoscenza degli aspetti fiscali produce una posizione “tiepida” sui temi del welfare aziendale», sottolinea la ricerca. È minoritaria (42,8%) la quota di occupati che ritiene l’investimento del salario nell’assistenza sanitaria integrativa generatore di benefici economici e per la salute. Il 48,2% è d’accordo con l’affermazione che investire salario nella previdenza complementare aiuta ad avere una pensione più alta. «Un’ulteriore conferma della scarsa conoscenza delle agevolazioni previste perle forme di welfare aziendali emerge analizzando gli orientamenti dei lavoratori a fronte di dove indirizzare un eventuale aumento di salario», aggiunge la ricerca.
Alla domanda se dovesse ricevere un aumento salariale, tre quarti dei metalmeccanici lo vorrebbe destinato in esclusiva in busta paga (72,6%). La quota restante è favorevole a destinare una parte in welfare aziendale. I più propensi sono i giovani, i dirigenti, i laureati; la preferenza va a previdenza integrativa (36,2%) e spese sanitarie (23,7%). Tra gli imprenditori è l’opposto con l’85,4% che preferisce le agevolazioni aziendali e il 14,6% favorevole a destinare tutto in busta paga.
Il principio secondo cui il contratto (o la legge) definisce un salario minimo a livello nazionale per tutti e gli aumenti sono decisi poi nelle singole aziende riscuote il 70,6% dei consensi tra le tute blu (98,9% tra gli imprenditori); il 60,7% è d’accordo con l’affermazione che per avere una busta paga piu pesante bisognerebbe collegarne una quota alla produttività aziendale. Poco meno della metà fra i metalmeccanici (44,2%) ritiene che gli aumenti di salario debbano essere decisi dopo la chiusura del bilancio aziendale (69,3% tra gli imprenditori). Nell’indice di “innovazione contrattuale” gli “innovatori” sono il 42,1% fra i metalmeccanici, i “conservatori” il 35,8%, gli “incerti” il 22,1%.
Sul capitolo formazione, il 14,6% dei metalmeccanici sta frequentando un corso e il 56,7% l’ha fatto in passato. Il 90,2% ritiene che la formazione sia utile per fare il proprio lavoro. Per il 71,5% è un diritto soggettivo. Per i quattro quinti dei lavoratori (81,9%) le figure professionali devono essere cambiate radicalmente perché non rispecchiano più la struttura professionale. Gli scatti retributivi e di inquadramento professionali non possono essere più connessi alla sola anzianità lavorativa, ma devono essere commisurati alla professionalità raggiunta (66,7%). Per il 60,3% i permessi retribuiti devono maturare ed essere assegnati non più in modo indistinto, ma vanno distribuiti in base alle ore di lavoro effettivamente realizzate.
La ricerca registra che la maggioranza dei lavoratori sono «aperti» alla sfida del cambiamento: «Questo cambiamento deve essere accompagnato da un rinnovamento culturale che inevitabilmente si rifletterà sugli aspetti più strettamente contrattuali - conclude Astori -. Per portarlo a compimento dobbiamo investire ancor di più sulla comunicazione per chiarire bene sia gli obiettivi che le caratteristiche degli strumenti utili a conseguirli. Bisogna acquisire consapevolezza del mutato contesto e far comprendere che il cambiamento siamo in grado dì gestirlo, di guidarlo senza subirlo».
Giorgio Pogliotti, Il Sole 24 Ore 29/6/2016