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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

QUANDO GLI ANIMALI ERANO MONETA DI STATO

I Diecimila muli del titolo sono il risarcimento dei danni di guerra che l’Italia, nel 1949, deve fornire alla Grecia. Debito onorato: ancora oggi sul web ci sono aziende che rivendicano di aver partecipato all’impresa. Nel romanzo di Salvatore Maira (Bompiani) l’epica operazione è affidata al commerciante di bovini Peppino Maiorana, siciliano: perché rifornisce di vacche — imbarcandole clandestinamente di notte a Messina, dal molo bombardato Norimberga (il nome è vero), verso Testaccio a Roma — il commendatore Scaccia, grande commerciante di carne, che scoprendosi, da fascista, democristiano, è riuscito ad “acchiappare” l’appalto. I soldi li forniranno gli americani: 240 dollari a mulo, più 2 per la cavezza: un affare grosso. Ma come non farsi soppiantare dai mafiosi? E come convincere i fratelli — i Maiorana sono cinque — diffidenti verso le novità e lo Stato? Per settecento pagine che volano, Maira racconta l’avventura.
Subito va detto che l’Italia del 1949 è ricostruita con oggetti, sentimenti, situazioni, che sono, tutti, scomparsi. Evocati come da un trovarobato (Maira è regista di alcuni film di culto, e questo è il suo primo romanzo), compaiono una “Millequattro” con cambio al volante, sindacalisti eroi assassinati, littorine a carbone da cui si esce neri come attori che recitino Otello, testine di agnello fritte, vedovi inconsolabili, mestieri dannati (ai solfatari non sono concessi i conforti religiosi), spazzole di velluto rosso per i 78 giri, magazzini dove trasudano odorosi orci di olio e cereali, Yvonne Sanson al cinema, e a Roma, al Pantheon, botteghe di barbiere. I giornali annunciano che i lavori dell’acquedotto di Messina saranno presto iniziati; e che arriva Joséphine Baker, ma, si precisa, sarà vestita. Quest’universo ormai esotico, dove le avventure precipitano comiche e picaresche, ricorderebbe, per ritmo e fantasmagoria, il romanzo sudamericano: non fosse che tutti i particolari sono di rigoroso, diremmo zdanoviano realismo.
Peppino è testardo, e, tra mille traversie e buttando sangue, procede. Nasce dunque sul porto di Messina quasi una città, con baracche, bar, venditori ambulanti di panelle, stalle di muli. Ci sono per la selezione due commissioni: l’italiana verifica che le bestie non superino un metro e 41 centimetri (utili alla patria in caso di guerra, come muli alpini di salmeria); i greci che siano in perfetto stato. Si tenta di ammorbidire i greci, ma sono incorruttibili.
Grande romanzo popolare: ma altri generi e tante storie si incastrano, in un’architettura di ampio respiro sperimentale. Si dipartono dalla rotta principale altri racconti, spesso splendidi noir — si veda la storia del nano tagliato in due; il commissario che risolve questi enigmi raramente denuncia i colpevoli, per istinto di solidarietà tra diseredati. Il commissario sta, invece, privatamente effettuando un’altra inchiesta. È, rispetto a Peppino, il deuteragonista; si occupa di lotte agrarie; ricorda i crimini di guerra fascisti; annota dove la repubblica è legata a quel passato; elenca sigle di gruppi neofascisti (qui Maira si basa su documenti desecretati e studiati dallo storico Giuseppe Casarrubea, un orfano a opera del bandito Giuliano).
«La dimenticanza non è neutrale», commenta un personaggio; questo romanzo estremamente divertente ci ricorda che l’Italia non ha ancora fatto il suo processo di Norimberga.
DARIA GALATERIA, la Repubblica 29/6/2016