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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

FARMACI SU MISURA E PASTA HI-TECH IL SUD CHE RIPARTE

CORATO (BARI).
Il consumo di pasta sta calando di oltre il 5 per cento. Alla Granoro di Corato, piccolo centro a una quarantina di chilometri da Bari, la produzione di pasta è aumentata nell’ultimo anno del 2 per cento. È il Mezzogiorno in controtendenza. Quello che cresce più del resto dell’Italia (l’1 per cento contro lo 0,8), più del nord-ovest un tempo delle grandi fabbriche fordiste, più del mitico nord-est, flessibile e dinamico, dei tanti padroncini nei capannoni uno dopo l’altro. C’è un Mezzogiorno - trainato a sorpresa dall’agricoltura (7,3 per cento nell’ultimo anno) - che esporta, che assume, che innova, che investe. Nonostante tutto. Si intravede negli ultimi numeri dell’Istat sulla dinamica della produzione della ricchezza a livello territoriale, si vede soprattutto in Puglia, la regione che prima tra le altre meridionali ha provato ad alzare la testa, a uscire dai sette lunghi anni di recessione. Al netto della zavorra che rappresenta ormai il gigante addormentato dell’Ilva (sono passati quattro anni dal primo sequestro giudiziario accompagnati da ben dieci decreti ad hoc), l’export pugliese è cresciuto del 9,7 per cento nel 2015. Nei metalli c’è stato però un tracollo: -44,6 per cento. Il Mezzogiorno ha imparato così a convivere con le sue contraddizioni. Nel Mezzogiorno lamentoso e assistito c’è chi ha capito, non da adesso, come andare controvento.
Marina Mastromauro guida con la sorella Daniela la Granoro, l’azienda di famiglia. Due donne al comando, anche questo non è proprio consueto da queste parti. «Papà diceva sempre che l’importante era funzionare. Era un femminista ante litteram ». Papà Attilio se n’è andato nel giugno scorso a 102 anni. Per i suoi cento anni la figlia Daniela gli ha regalato una corona fatta di pasta su un cuscino rosso. Ora sta in bella mostra nello stabilimento. Attilio ha sempre voluto che il suo pastificio usasse i grani migliori. Grano duro come quello che si coltiva da qui lungo tutto il tavoliere fino a Foggia. Il 100 per cento italiano si è tradotto in una linea produttiva che ha coinvolto tutta la filiera locale, dagli agricoltori ai trasportatori. La Granoro ha 107 dipendenti (l’occupazione è aumentata pure durante la crisi) ma se si tiene conto anche dell’indotto si arriva a 400-450 persone che lavorano intorno alla produzione della pasta. Il 2015 si è chiuso con 72 milioni di fatturato, più 10 per cento rispetto all’anno precedente, per tre quarti realizzato all’estero. Poi c’è la ricerca: quasi il 3 per cento del fatturato negli anni passati per una collaborazione con l’Università Sant’Anna di Pisa da cui è scaturita una pasta anticolesterolo.
Più a nord c’è Canosa di Puglia. Sergio Fontana era partito da 37 metri quadri, più o meno una stanza. Ora la sua Farmalabor è l’azienda leader nella produzione e ricerca di prodotti galenici, farmaci personalizzati. In Italia sono rimaste solo quattro aziende di questo tipo. Il mercato nazionale è pari a circa 30 milioni di euro. La Farmalabor fatturerà 13 milioni nel 2016, due più dell’anno scorso. Ha aperto una sede a Milano, l’anno scorso è approdata in Serbia, quest’anno andrà in Belgio. Una multinazionale tascabile meridionale in un settore altamente innovativo. Qui si fa ricerca e poi produzione. I 98 dipendenti sono tutti laureati o diplomati, il 53 per cento è donna. «Questo è il Sud», dice Fontana. Fuori dal nuovo centro di ricerca in costruzione (sarà pronto a settembre) è stato recuperato un vitigno improduttivo. Da queste uve si estrae una sostanza particolarmente antiossidante. Serve per la produzione di integratori nutrizionali per le malattie cardiovascolari. La ricerca è stata condotta insieme all’Università di Bari. Lo stesso estratto viene utilizzato poi per l’arricchimento dei mangimi per i pesci. I quali stanno meglio, non hanno bisogno di antibiotici e alla fine se ne avvantaggia il consumatore finale.
Per Domenico Favuzzi, presidente e amministratore delegato della Exprivia di Molfetta, azienda di consulenza informatica, di gestione di sistemi e molto altro, la chiave della rivincita del Sud sta nella capacità di «stare connessi con il mercato». Vince chi comprende cosa succede là nei mercati globali o almeno quelli nazionali più innovativi. Favuzzi ha vinto così, prima con la sua Abaco poi con la Exprivia, oggi quotata. Ha sempre pensato in grande. Appena nato è stato subfornitore di Olivetti. È cresciuto – ammette – anche grazie ai voli low cost. «Altrimenti sarebbe stato difficile muoversi ». Tra i suoi clienti di oggi ci sono Eni, Enel, Poste, Terna, Ferrero, IntesaSanpaolo, Unicredit, Finmeccanica, la Banca popolare di Milano. Favuzzi è cresciuto per acquisizioni successive. Ha aperto anche una filiale in Cina per l’assistenza informatica alle aziende italiane. Ha chiuso il 2015 con 145 milioni di fatturato, utili in crescita del 4,5, Ebitda del 15,3 per cento. Non è la Silicon Valley, ma un’alternativa al polveroso Mezzogiorno assistito sì.
ROBWERO MANIA, la Repubblica 29/6/2016