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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

I DUE ANNI DI ORRORE DEL CALIFFATO

Certi anniversari non si vorrebbero mai ricordare perché sono nodi nel tempo che il presente non ha ancora sciolto. È il caso del 29 giugno 2014, quando un messaggio audio ha annunciato al mondo la rinascita del Califfato sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi. Due anni in cui il terrore jihadista ha dato infinite prove della sua barbarie, non ultimi l’assassinio di 5 giornalisti a Deir ez Zor e gli attentati suicidi nella Beqaa libanese.
Correva la significativa data del primo giorno di Ramadan quando l’allora “Stato islamico in Iraq e Siria” decise di mutare il proprio nome in “Stato islamico”, come premessa alla riunificazione di tutti i territori islamici. Con il terrore, beninteso. Nel messaggio intitolato “Questa è la promessa di Allah”, il jihad è stato infatti considerato come «il dovere trascurato del nostro tempo».
«Con la proclamazione del Califfato – aggiungeva il portavoce del gruppo Abu Muhammad al-Adnani –, tutti i musulmani hanno ora l’obbligo di giurare fedeltà al califfo Ibrahim e di sostenerlo ». La mossa, spiegava ancora il portavoce, era conseguenza dello «sventolio dello stendardo islamico da Aleppo a Diyala», anche se il proclama era soprattutto dettato dalla sorprendente – nonché umiliante – conquista di Mosul, avvenuta tre settimane prima, dove l’autoproclamato «califfo» avrebbe fatto da lì a poco la sua prima – e unica – comparsa in pubblico. Per molti mesi, il Daesh ha messo in atto, il suo slogan: «Bàqiya wa tatamaddad», in arabo «Perdura e si espande ». L’espansione si è effettuata attraverso il giuramento di fedeltà di decine di gruppi terroristici, dall’Africa subsahariana alle Filippine e dal Caucaso allo Yemen, dando al mondo l’impressione di essere di fronte a una forza invincibile. Invece, da circa due mesi il Daesh non fa altro che battere in ritirata, e sui diversi fronti: ieri a Palmira e Ramadi, oggi a Mambij, Sirte e Falluja, e domani probabilmente anche a Deir Ez Zor, Raqqa e Mosul. Ovviamente, sui siti vicini al gruppo, non c’è traccia di nessuna débâcle, bensì vengono evocate «le vittorie del Ramadan » contro i crociati e gli apostati sciiti e alauiti. Guai, tuttavia, a sminuire il pericolo dell’organizzazione.
Il Daesh sta ricorrendo, sempre di più, alla sua arma preferita: gli attacchi suicidi. Nello scorso maggio ci sono stati ben 119 attentati kamikaze tra Iraq, Siria e Libia, contro i 90 registrati a febbraio. Il trend del 2016 è decisamente in salita rispetto all’anno scorso in cui si sono registrati 204 attentati kamikaze in tutto il Medio Oriente e il Nordafrica. La preoccupazione riguarda l’intenzione di coinvolgere anche le donne.