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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA BANCHE E LE SPERANZE ITALIANE REPUBBLICA.IT MILANO - Prima la fonte bene informata vicino al governo di Berlino, poi la stessa cancelliera Angela Merkel: l’idea che l’Italia chieda una finestra di deroga all’applicazione del bail-in - ovvero il coinvolgimento di investitori e depositanti nel salvataggio dell’istituto, prima del ricorso a fondi pubblici - non piace alla Germania

APPUNTI PER GAZZETTA - LA BANCHE E LE SPERANZE ITALIANE REPUBBLICA.IT MILANO - Prima la fonte bene informata vicino al governo di Berlino, poi la stessa cancelliera Angela Merkel: l’idea che l’Italia chieda una finestra di deroga all’applicazione del bail-in - ovvero il coinvolgimento di investitori e depositanti nel salvataggio dell’istituto, prima del ricorso a fondi pubblici - non piace alla Germania. Una presa di posizione che chiama la risposta immediata del premier Matteo Renzi, che toglie dall’ordine del giorno europeo la questione della revisione delle regole perché "anche con quelle attuali siamo in grado di proteggere i risparmiatori". E che poi lancia la stoccata: "Noi rispettiamo le regole, i tedeschi non lo fecero" in riferimento agli sforamenti del Patto di Stabilità di Berlino del 2003, tollerati in sede europea "e dal governo Berlusconi". Non poteva mancare poi il riferimento ai 247 miliardi che la Germania ha messo sul piatto per le sue banche, mentre l’Italia "ha perso l’occasione" per "intervenire in modo strutturale" sulla questione. Lo stop tedesco. In ogni caso, la Cancelleria tedesca è contraria a qualsiasi tentativo volto a proteggere gli investitori se il governo italiano va avanti col piano per ricapitalizzare le banche, emerso in questi giorni di terremoti finanziari a seguito del voto britannico sulla Brexit. A dirlo a Bloomberg sono state in un primo momento fonti del governo tedesco, secondo le quali Berlino punta ad applicare le regole dell’Ue nel salvataggio degli istituti di credito, imponendo dunque perdite su azionisti e alcuni creditori prima che vengano utilizzati soldi pubblici. Ma poi è arrivata la conferma più dura, quella di Angela Merkel, che a una domanda sul tema ha risposto senza troppi spiragli: "Abbiamo definito certe regole comuni sulla risoluzione delle banche e sulla loro ricapitalizzazione, non possiamo cambiare tutto ogni due anni". Al termine della riunione dei 27 capi di Stato e di Governo della Ue ha risposto ai cronisti: "Le basi attuali su ricapitalizzazione e risoluzione" delle banche "offrono possibilità per rispondere alle necessità degli Stati membri". Come a dire che non c’è bisogno di andare a creare spazi ulteriori. Il piano italiano. In effetti, a seguito dei tracolli di Borsa delle due sedute post-Brexit che hanno travolto soprattutto il sistema del credito italiano, sono tornati in auge i piani di Roma per cercare di risolvere una volta per tutte i problemi di bilancio delle banche, che rimandano innanzitutto alla mole di crediti in sofferenza che hanno in pancia. Ieri il Premier Renzi aveva sottolineato che il governo è "pronto a fare tutto il necessario, se servirà, per garantire la sicurezza dei risparmiatori e dei cittadini" e anche Mario Draghi aveva preso atto del fatto che bisogna risolvere queste problematiche in maniera definitiva. Dalla Ue, il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis aveva confermato il dialogo costante con Roma sul tema, mentre oggi ha frenato il membro del direttorio Bce, Benoit Coeurè, per il quale "se le regole sul bail-in vengono tenute in sospeso, allora è veramente la fine dell’unione di mercato come la conosciamo". Il quadro proposto prevede una finestra di sei mesi per derogare dalle regole sul bail-in e riuscire a mettere in sicurezza il sistema con soldi pubblici. Le notizie circolate hanno indicato in una quarantina di miliardi il valore del possibile intervento, che potrebbe tradursi all’atto pratico in più modi. Il pivot dell’intervento dovrebbe essere la Cdp, che potrebbe ricapitalizzare direttamente le banche dando la garanzia a sottoscrivere gli aumenti di capitale inoptati dal mercato. Un’altra via potrebbe invece operare direttamente sul problema delle sofferenze, attivando una specie di nuovo fondo Atlante che possa investire nelle tranche meno garantite dei crediti scaduti per acquistarli ai prezzi di carico e portarli fuori dai bilanci delle banche senza che queste debbano scrivere nei libri pesanti svalutazioni. La posizione di Renzi. "Abbiamo una grande capacità di rispettare le regole e continueremo a farlo". Così il presidente del Consiglio ha rintuzzato alle critiche nel corso della conferenza stampa post vertice Ue, dopo che Merkel ha sottolineato l’importanza di rispettare le regole sul salvataggio bancario. "La questione bancaria non è all’ordine del giorno e non vede richieste di modifiche di regole. Nella situazione attuale se ci fossero problemi saremmo in condizioni ’rebus sic stantibus’ di proteggere i denari dei correntisti e dei cittadini. Non c’è rischio per il denaro del contribuente e del cittadino. Punto. Ci sono strumenti per arrivare a questo obiettivo rispettando le regole. Il resto sono discussioni tra gli addetti ai lavori. Noi - ha aggiunto - vogliamo cambiare le regole politiche del gioco in ue, non le regole bancarie, vogliamo parlare di asili nido, cultura e innovazione e non solo di burocrati e finanzieri". I RIMBORSI AGLI INVESTITORI MILANO - Rimborsi agli investitori che si sono visti azzerare obbligazioni e azioni delle quattro banche (Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife) salvate per decreto nel novembre 2015. Nuovi strumenti per il recupero dei crediti da parte delle banche. Sono i principali cardini del decreto banche che ha ottenuto il via libera definitivo del Parlamento, dopo l’approvazione della Camera a seguito della fiducia posta dal governo. Scheda. Il decreto su rimborsi e banche Montecitorio ha Approvato definitivamente il decreto legge banche-risparmiatori. Il provvedimento, sul quale il governo ha posto la fiducia votata ieri, è stato approvato nello stesso testo del Senato con 287 voti favorevoli, 173 contrari e tre astenuti. L’approvazione arriva proprio mentre il sistema del credito è sotto i riflettori: i titoli delle banche hanno perso moltissimo a Piazza Affari con l’esito del referendum sulla Brexit, ma nelle ultime ore stanno provando un recupero. Il governo, intanto, ha rimesso sul tavolo dei colloqui con la Ue la possibilità di intervenire direttamente per puntellare gli istituti e risolvere il loro problema delle sofferenze, senza incappare nelle regole del bail-in che richiamerebbero in causa risparmiatori e investitori. Una mossa che ha subito la spinta anche di Draghi, per il quale "non possiamo non risolvere i problemi delle banche". Per quanto concerne i risparmiatori delle quattro banche in risoluzione, viene allungato da quattro a sei mesi il tempo entro il quale gli obbligazionisti potranno presentare l’istanza di erogazione del rimborso dell’80% della cifra perduta. I criteri di accesso al rimborso automatico sono un patrimonio mobiliare inferiore a 100mila euro o reddito ai fini Irpef inferiore a 35mila euro e il riferimento al ’reddito lordo’ è stato sostituito con ’reddito complessivo’: si valuteranno i redditi dal 2014 invece che del 2015. Alla domanda di rimborso l’investitore deve allegare il contratto di acquisto degli strumenti finanziari subordinati; i moduli di sottoscrizione o d’ordine di acquisto; l’attestazione degli ordini eseguiti e una dichiarazione sulla consistenza del patrimonio mobiliare. Resta valida la via alternativa dell’arbitrato. Ma proprio questa scelta non piace all’Unione consumatori: "E’ inaccettabile costringere a giocare alla roulette russa, scegliendo preventivamente se rinunciare ai suoi diritti, accettando l’80% di quanto ha perso, oppure giocare il terno al lotto dell’arbitrato, sperando di vincere. Un dilemma del prigioniero vergognoso", sostiene il presidente Massimiliano Dona. Opinione diversa per il Pd Giovanni Sanga, che siede nella commissione Finanze e parla di "un intervento risolutivo con un criterio di equità sociale", che "tutela le fasce più deboli e chi è stato raggirato, distinguendo tra chi è stato vittima di truffe e chi ha consapevolmente voluto rischiare". Il decreto legge che regola gli indennizzi introduce anche nuove garanzie che consentiranno agli istituti bancari di accelerare il recupero dei crediti. Si tratta, in particolare, del pegno mobiliare non possessorio e del patto marciano. La prima misura rappresenta una garanzia del credito in cui il debitore, diversamente che nel pegno possessorio, non si spossessa del bene mobile. Durante l’esame del Senato è stata fatta salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie se il debitore abusano nell’utilizzo del bene che resta in loro possesso. Sono state inoltre introdotte, nella stessa sede, norme relative all’opposizione alla riscossione. Per quanto riguarda il trasferimento di proprietà o diritti immobiliari previsto dal patto marciano è stato allungato, nell’esame a palazzo madama, da sei a nove mesi il termine, dal mancato pagamento di tre rate anche non consecutive, dopo il quale scatta l’inadempimento. Un termine allungato a dodici mesi nel caso in cui sia già stato restituito il finanziamento in misura pari almeno all’85% della quota capitale. Resta la possibilità di applicare la misura anche ai contratti già in essere alla data di entrata in vigore della disposizione. DALL’INTERVISTA DI VISCO AL 24 ORE «Non c’è una cifra di possibili interventi – dice il governatore – confermo quello che è già stato dichiarato dal ministro Padoan. Non sappiamo se e quando un intervento sarà necessario. C’è invece un’esigenza di fare chiarezza sulla valutazione dei crediti deteriorati, gli Npl. Si citano dati aggregati, includendo quindi importi che già sono stati spesati dalle banche con gli accantonamenti necessari. Altri sono coperti da garanzie, altri sono in capo a banche che non hanno alcun problema nell’assorbirli». Una delle cifre circolate in questi giorni è l’importo lordo di 340 miliardi di euro per gli Npl delle banche italiane. Considerando gli accantonamenti, essa però scende a circa 200, dei quali solo una parte è in sofferenza, forse 80-90 miliardi, secondo valutazioni dei tecnici. Vanno poi considerate le garanzie e gli importi in capo alle banche più solide. Inoltre, secondo fonti del settore, ogni intervento dovrebbe essere misurato solo sulla necessità di coprire l’eventuale tranche senior delle cartolarizzazioni realizzate con gli Npl. Gli importi sono molto inferiori a quelli circolati. Brexit naturalmente accorcia i tempi di qualsiasi intervento, ma le autorità italiane stanno discutendo un menu di opzioni che dovrebbe essere accettato dalla Commissione europea. La discussione, come nei mesi scorsi, in sede europea non è facile, ma a questo punto potrebbe essere invocata una clausola di rischio sistemico e di instabilità finanziaria. L’Europa dovrà probabilmente considerare che, dopo Brexit, un’altra ondata di instabilità che investisse il sistema bancario rappresenterebbe il rischio di uno shock ulteriore per tutti i mercati europei. Altri partecipanti al forum di Sintra, che preferiscono non essere citati per la delicatezza della situazione, sostengono che, mentre i riflettori dei mercati sono puntati sulle banche italiane a causa del peso degli Npl, il sistema bancario europeo ha altri “elefanti nella stanza”, come Deutsche Bank, con il suo problema irrisolto di prodotti derivati la cui situazione peggiora in una situazione di bassi tassi d’interesse. © Riproduzione riservata Argomenti: illuso | 29 giugno alle 16:40 mi sento cretino e certamente lo sono. Qualcuno gentilmente mi spiega perchè mai si debbano salvare gli azionisti di organizzazioni in fallimento quando si chiamano banche? Si" chiamano" perchè da un bel po’ non lo sono (le banche prestano denaro con garanzie reali non giocano in borsa e non chiedono ai clienti di trasformare i depositi in "investimenti" :-) ) E anche (a parte il gioco delle parti sui tassi praticati agli stati) che importanza ha per l’economia reale se le azioni di un’azienda attiva vengono valutate in qualche momento nella bisca della finanza a un prezzo inferiore al suo reale valore? Rispondi | Mi piace 0 claude 47 | 29 giugno alle 10:49 Visco LEI ha sempre mentito ben sapendo che le banche italiane erano al fallimento ,ma assieme a Vegas avete sempre NEGATO la situazione e detto che erano le più sicure in Europa Per questo che dovete dare le dimissioni dal vostro incarico ,siete pericolosi per la comunità italiana Rispondi | Mi piace 14 reykjavik | 29 giugno alle 10:36 Una aggiunta al mio post precedente: Visco ha detto ... "tutti gli strumenti". Come è uso nelle affermazioni di questi signori, la frase significa niente. (Renzi docet). E’ però inquietante e foriera di problemi per molti, eccetto che per le banche e i banchieri. Che razza di paese è mai questo ? Un poco di chiarezza, be’ quella MAI ? Visco è un inconcludente, come tutti gli ultimi soggetti che hanno (s)governato Bankitalia, controllando nulla e permettendo i fatti e le operazioni più "oscene". Negli ultimi decenni, l’ unica persona seria a ricoprire quel’ incarico alla Banca Centrale è stato Paolo Baffi, uomo serio, colto, integerrimo e innocente, ma dato che siamo in Italia, anche ingiustamente arrestato, assieme a Mario Sarcinelli. Il paese delle vergogne. Visco è una di queste e dovrebbe andarsene. Rispondi | Mi piace 17 fortune | 29 giugno alle 08:55 Visco: per salvare le banche useremo tutti gli strumenti !!!!, spero, visto quanto fatto finora, VENGA ESCLUSO il FREGARE i risparmiatori, ma ci credo poco, da che mondo e mondo in Italia GRANDI FRASI = GRANDI FREGATURE, MA CHI VI CREDE PIU’, l’unica alternativa per la gente comune è scappare viaaaaa Rispondi | Mi piace 5 reykjavik | 29 giugno alle 08:51 Che strana epoca. Le banche, cioè le organizzazioni che hanno creato i maggiori problemi a tutto il pianeta, sono quelle che, tutti coloro che detengono "i poteri", si affannano a dire che devono essere salvate. Misure straordinarie, piani B e C. , e molto altro. Ma l’ economia produttiva, che è quella che mantiene anche le banche e da esse viene spremuta, a quella chi ci pensa ? In fondo, il sistema bancario internazionale è solo un grande "strozzino" al servizio dei soliti noti. Hanno sofferenze ed incagli, crediti inesigibili ? E’ solo colpa loro e dei loro CdA. Hanno anche truffato e turlupinato milioni e milioni di persone a livello mondiale, non dimentichiamolo. La ridicola e sospetta altalena giornaliera dei titoli delle banche, nelle varie borse, da la misura di quanto il sistema è manipolato, e non certo a uso e consumo del mercato produttivo, che è l’ unico che fa ancora "girare" il pianeta. FEDERICO FUBINI Non è mai stato un negoziato semplice e non lo sta diventando neanche ora che passano i giorni dopo il referendum britannico. Il governo italiano da tempo aveva pronto il progetto per un intervento limitato sulle banche, tramite capitale diretto o con un sistema di garanzie, in modo da risolverne una volta per tutte e superare l’eredità di prestiti in default. Lo choc trasmesso ai mercati dallo strappo di Londra aveva aperto una finestra per l’Italia, in modo da presentare i propri argomenti a Bruxelles: in questa fase di caos l’intervento pubblico sugli istituti dovrebbe essere possibile anche senza colpire depositanti e obbligazionisti. Del resto le stesse norme europee su questo meccanismo - il cosiddetto “bail in” in caso di aiuti di Stato alle banche – prevedono deroghe a tutela della stabilità finanziaria nei momenti in cui sui mercati esiste un rischio sistemico. A Bruxelles questo argomento dell’Italia per ora è stato accolto solo in parte. Le discussioni non sono state fluide e continuano ancora: ieri Matteo Renzi ne ha parlato con il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, ma neanche il coinvolgimento del premier basta da solo a chiudere un negoziato che ha molti risvolti tecnici. A condurlo sugli aspetti di merito a Bruxelles è Gert Jan Koopman, l’olandese che guida il settore aiuti di Stato della direzione generale Concorrenza; la sua però non sembra una resistenza burocratica isolata, perché non mancano i protagonisti politici dell’Europa del Nord che stanno muovendo dubbi sulla proposta italiana di stabilizzare le banche tramite un intervento pubblico senza penalizzare gli obbligazionisti. Koopman ha offerto un compromesso limitato: la Commissione Ue accetta che vengano tutelati in pieno i depositanti delle banche, ma chi detiene obbligazioni subordinate o ordinarie, a suo parere, dovrebbe comunque subire una sforbiciata. Nella logica dei suoi difensori, il “bail in” serve a alleggerire i debiti di una banca in dissesto e dunque a ridurre il ricorso ai fondi del contribuente per risanarla. Chi critica queste le regole, ne sottolinea invece l’aspetto destabilizzante: colpire gli investitori ne mette a dura prova la fiducia e li induce a fuggire anche da altre banche, allargando a macchia d’olio un contagio finanziario. Le discussioni a Bruxelles proseguono, ma il compromesso offerto da Koopman non è accettabile per Roma: in Italia le famiglie detengono ancora obbligazioni bancarie per un valore a scadenza di poco meno di 90 miliardi di euro; è molto meno dei 380 miliardi del 2013, ma è quanto basta a destabilizzare la fiducia dei risparmiatori, come e più di quanto accadde con il dissesto di Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti a novembre scorso. D’altra parte, a Bruxelles c’è chi vuole preservare la credibilità delle nuove regole sui salvataggi bancari in vigore da gennaio. Koopman sembra avere il pieno sostegno di Jeroen Dijsselbloem, ministro delle Finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo che riunisce i ministri economici dell’area euro. Socialdemocratico, espresso da un Paese che ha pagato cari i suoi salvataggi bancari nel 2008 e 2009, Dijsselbloem insiste perché le regole sul “bail in” siano applicate strettamente: in Olanda vengono viste come norme dalla parte dei piccoli contribuenti, in modo che non debbano pagare per gli errori delle banche. Il confronto però non finisce qui. A Sintra, al vertice dei banchieri centrali organizzato dalla Banca centrale europea, molti osservatori capiscono bene la logica del progetto del governo di Roma. L’auspicio di molti è che si trovi un compromesso in perfetto stile europeo: salvare la facciata delle regole, senza colpire i piccoli risparmiatori. Come esattamente arrivarci, per adesso, non l’ha capito nessuno. MARIO SENSINI Una garanzia pubblica a sostegno degli strumenti di liquidità offerti dalla Bce, una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione, la sottoscrizione di fondi propri o di capitale, ma anche un nuovo strumento per agevolare lo smaltimento delle sofferenze. Sono quattro i possibili interventi che il governo sta studiando e discutendo con la Commissione Ue per sostenere, in caso di necessità, il sistema bancario. I colloqui con Bruxelles, anticipati domenica dal Corriere, sono stati confermati ieri sia dal premier, Matteo Renzi, che dall’esecutivo comunitario. «Stiamo discutendo. Se ci saranno emergenze le affronteremo. La cosa importante è che i cittadini siano consapevoli che non c’è nessun rischio per i loro risparmi» ha detto ieri Renzi, all’inizio del Consiglio Europeo dedicati ai riflessi della Brexit. «Non è che si stia vivendo chissà quale trattativa. È in corso una discussione molto forte a tutti i livelli, stiamo parlando di tutto, anche di ciò che serve dal punto di vista sociale ed economico» ha detto Renzi. Le ipotesi sul tavolo «La Commissione Ue sta attentamente monitorando la situazione delle banche in Italia, e siamo in stretto contatto con le autorità italiane in merito a possibili interventi» ha detto il a Bloomberg il Commissario agli affari economici, Valdis Dombrovskis, confermando che «sono in discussione varie opzioni». Non tutte quelle prese in considerazione dal governo richiedono il via libera preventivo della Commissione Europa, ma non è nelle intenzioni dell’esecutivo, per il momento, forzare la mano più di tanto. A Roma sono convinti che ci oggi ci siano i margini, anche grazie al pressing del governatore della Bce, Mario Draghi, di convincere la Commissione ad allentare un po’ i vincoli sugli aiuti di Stato alle banche, come accadde nel 2008 dopo la crisi della Lehman. Se così fosse sarebbe possibile anche ipotizzare un intervento diretto nel capitale degli istituti in difficoltà, che oggi potrebbe avvenire solo dopo una riduzione del capitale, quindi di azioni e obbligazioni. Quello che il governo italiano vuole assolutamente evitare, dopo i guai causati dall’applicazione di quelle stesse misure a Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e Carichieti, poi finite in risoluzione. Atlante e le sofferenze Sul decreto per il ristoro parziale dei piccoli risparmiatori scottati dal crack delle quattro banche ieri è stata voltata la fiducia alla Camera. E in quello stesso provvedimento ci sono le misure che dovrebbero consentire un recupero più veloce dei crediti in sofferenza delle banche, 200 miliardi di euro che sono il nocciolo del problema. Il governo sta studiando una soluzione sistemica che agevoli la loro dismissione, e che vada anche oltre il fondo Atlante, creato dalle banche sane, e che ha impegnato buona parte dei mezzi per il salvataggio di Pop Vicenza e Veneto Banca. Secondo il capo di Intesa San Paolo, Carlo Messina, contrario a un intervento pubblico dello Stato nel capitale delle banche, con l’apporto dei 500 milioni della Sga, la società pubblica ex Banco di Napoli, e le junior tranche che possono essere emesse dalle banche, Atlante potrebbe già «sostenere anche un quarto delle sofferenze esistenti». LE BORSE [Esplora il significato del termine: MERCATI La Borsa rimbalza: volano i finanziari I listini in tempo reale: va agli indici Rialzi in Borsa dopo i timori per la Brexit dei giorni scorsi. Gli istituti di credito bene intonati. Unicredit balza in avanti in attesa del ceo di FABIO SAVELLI 56 shadow 0 0 1 Banche in grande spolvero a Piazza Affari, anche se sotto i massimi di inizio seduta, dopo la debacle post referendum sulla Brexit. A spingere al rialzo i titoli del comparto le prime indiscrezioni sul piano di sicurezza che il governo italiano sta mettendo a punto per le banche e il progetto di un nuovo fondo, Atlante 2. Al momento il titolo migliore sul listino è Mediobanca, che sale del 5,92%, forte anche Unicredit (+3,83%) mentre si stringono i tempi per la nomina di un nuovo ceo. Il Sole 24 Ore scrive che domani il comitato nomine vaglierà una rosa ristretta di 3-4 candidati. Ben intonata anche Intesa Sanpaolo (+3,63%), sale del 2,34% il Banco Popolare mentre la promessa sposa Bpm limita i guadagni a +1,3%. Ripiega dai massimi Bper (+1%), con l’amministratore delegato che ha detto in un’intervista al Sole 24 Ore che è pronto per essere ceduto un pacchetto di Npl da 450 milioni e un altro da 250-300 milioni è in rampa di lancio. Prese di beneficio invece su Ubi Banca che cede lo 0,10% dopo il rally seguito alla presentazione del piano industriale. Intanto, in queste prime ore di dopo-Brexit in ambito europeo e italiano e’ stata avviata la messa a punto di una rete di sicurezza da utilizzarsi in caso di circostanze straordinarie. Una rete che può in teoria spaziare da un allentamento anche solo temporaneo dei diktat del bail-in con un nuovo ruolo dell’Esm a nuovi strumenti ibridi di ricapitalizzazione con intervento dello Stato, dal rilascio di garanzie pubbliche su bond o subordinati a iniezioni di equity da parte di organismi quasi-pubblici nell’interesse generale nazionale, da veicoli o fondi per lo smaltimento dei non-performing loans (stile bad bank) a un’accelerazione della garanzia europea sui depositi bancari. La gamma delle opzioni allo studio e’ vasta. In particolare, il governo starebbe trattando con la Commissione europea affinchè venga data la possibilità a Cdp di intervenire con la creazione di un nuovo fondo (Atlante 2) con una base di 4-5 mld di euro che possa garantire eventuali nuovi aumenti di capitale delle banche italiane e l’acquisto delle sofferenze. L’intervento della Cdp potrebbe non essere tacciato di aiuto di Stato dalla Ue per un periodo temporaneo, vista l’eccezionalità di Brexit ma il governo starebbe cercando di coinvolgere soprattutto investitori privati come fondi pensione, fondi di investimento e le banche gia’ coinvolte in Atlante 1. La cessione delle sofferenze avverrebbe a prezzi vicini a quelli di carico e aiuterebbe quindi le banche a evitare aumenti di capitale necessari per coprire le perdite sui crediti. Gli analisti di Intermonte valuterebbero «molto positivamente» un progetto di questo tipo, mentre gli esperti di Mediobanca Securities sottolineano che l’iniezione di fondi pubblici nel sistema bancario domestico sarebbe un processo lungo e complesso, non rispondente alla velocità degli eventi. La creazione di un fondo Atlante II sarebbe invece molto meno complicata. Atlante, con una capitalizzazione iniziale di 4,25 miliardi di euro, dopo aver utilizzato 1,5 miliardi per l’aumento della Popolare Vicenza ha 2,75 miliardi residui, da utilizzare per i Npl. Calcolando l’impegno da 1 miliardi per Veneto Banca, resterebbero 1,7 miliardi. Utilizzando una leva di 8 volte, Mediobanca calcola che Atlante potrebbe comprare non più di neanche il 10% del totale dei Npl del sistema bancario italiano. Un fondo di 4-5 miliardi permetterebbe il deconsolidamento di 30-40 miliardi di Npl lordi.] MERCATI La Borsa rimbalza: volano i finanziari I listini in tempo reale: va agli indici Rialzi in Borsa dopo i timori per la Brexit dei giorni scorsi. Gli istituti di credito bene intonati. Unicredit balza in avanti in attesa del ceo di FABIO SAVELLI 56 shadow 0 0 1 Banche in grande spolvero a Piazza Affari, anche se sotto i massimi di inizio seduta, dopo la debacle post referendum sulla Brexit. A spingere al rialzo i titoli del comparto le prime indiscrezioni sul piano di sicurezza che il governo italiano sta mettendo a punto per le banche e il progetto di un nuovo fondo, Atlante 2. Al momento il titolo migliore sul listino è Mediobanca, che sale del 5,92%, forte anche Unicredit (+3,83%) mentre si stringono i tempi per la nomina di un nuovo ceo. Il Sole 24 Ore scrive che domani il comitato nomine vaglierà una rosa ristretta di 3-4 candidati. Ben intonata anche Intesa Sanpaolo (+3,63%), sale del 2,34% il Banco Popolare mentre la promessa sposa Bpm limita i guadagni a +1,3%. Ripiega dai massimi Bper (+1%), con l’amministratore delegato che ha detto in un’intervista al Sole 24 Ore che è pronto per essere ceduto un pacchetto di Npl da 450 milioni e un altro da 250-300 milioni è in rampa di lancio. Prese di beneficio invece su Ubi Banca che cede lo 0,10% dopo il rally seguito alla presentazione del piano industriale. Intanto, in queste prime ore di dopo-Brexit in ambito europeo e italiano e’ stata avviata la messa a punto di una rete di sicurezza da utilizzarsi in caso di circostanze straordinarie. Una rete che può in teoria spaziare da un allentamento anche solo temporaneo dei diktat del bail-in con un nuovo ruolo dell’Esm a nuovi strumenti ibridi di ricapitalizzazione con intervento dello Stato, dal rilascio di garanzie pubbliche su bond o subordinati a iniezioni di equity da parte di organismi quasi-pubblici nell’interesse generale nazionale, da veicoli o fondi per lo smaltimento dei non-performing loans (stile bad bank) a un’accelerazione della garanzia europea sui depositi bancari. La gamma delle opzioni allo studio e’ vasta. In particolare, il governo starebbe trattando con la Commissione europea affinchè venga data la possibilità a Cdp di intervenire con la creazione di un nuovo fondo (Atlante 2) con una base di 4-5 mld di euro che possa garantire eventuali nuovi aumenti di capitale delle banche italiane e l’acquisto delle sofferenze. L’intervento della Cdp potrebbe non essere tacciato di aiuto di Stato dalla Ue per un periodo temporaneo, vista l’eccezionalità di Brexit ma il governo starebbe cercando di coinvolgere soprattutto investitori privati come fondi pensione, fondi di investimento e le banche gia’ coinvolte in Atlante 1. La cessione delle sofferenze avverrebbe a prezzi vicini a quelli di carico e aiuterebbe quindi le banche a evitare aumenti di capitale necessari per coprire le perdite sui crediti. Gli analisti di Intermonte valuterebbero «molto positivamente» un progetto di questo tipo, mentre gli esperti di Mediobanca Securities sottolineano che l’iniezione di fondi pubblici nel sistema bancario domestico sarebbe un processo lungo e complesso, non rispondente alla velocità degli eventi. La creazione di un fondo Atlante II sarebbe invece molto meno complicata. Atlante, con una capitalizzazione iniziale di 4,25 miliardi di euro, dopo aver utilizzato 1,5 miliardi per l’aumento della Popolare Vicenza ha 2,75 miliardi residui, da utilizzare per i Npl. Calcolando l’impegno da 1 miliardi per Veneto Banca, resterebbero 1,7 miliardi. Utilizzando una leva di 8 volte, Mediobanca calcola che Atlante potrebbe comprare non più di neanche il 10% del totale dei Npl del sistema bancario italiano. Un fondo di 4-5 miliardi permetterebbe il deconsolidamento di 30-40 miliardi di Npl lordi.