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 2016  giugno 27 Lunedì calendario

MERCOSUR, ANCHE IN SUDAMERICA C’È ARIA DI “EXIT”

Anche il Mercosur, il nipotino sudamericano dell’Unione Europa, attraversa una stagione di profonda crisi dalla quale non è affatto chiaro come uscirà. Fondato nel 1991, con grandi illusioni e speranze, il mercato comune dei Paesi del cono sud latinoamericano che ha sede a Montevideo, in Uruguay, è finito per diventare con il tempo più una camicia di forza che una opportunità per le economie che ne fanno parte. Intanto perché il sospirato accordo commerciale con la Ue, sul tavolo di un negoziato che dura da 16 anni, è ancora lontano dall’essere realizzato. Poi, perché il suo corsetto legale, ha impedito ai singoli Paesi di firmare trattati di libero scambio unilaterali. Ma adesso il principale problema per la sopravvivenza del Mercosur sono diventate le svolte politiche nei suoi due principali soci: il Brasile e l’Argentina. Nel gigante verde-oro, dopo l’impeachment di Dilma Rousseff, l’arrivo al potere del nuovo presidente a interim, Michel Temer, ha avuto anche l’effetto di rilanciare i mal di pancia dei manager delle grandi industrie di San Paolo, la capitale economica e finanziaria del Brasile, che da tempo vedono il Mercosur come un freno alle loro aspirazioni di espansione internazionale verso l’Europa e gli Stati Uniti. Così, complici la recessione economica in corso e la necessità del debole governo Temer di trovare sostegni, anche nei palazzi del potere a Brasilia, le richieste di San Paolo vengono ascoltate ora con maggiore attenzione. Colui che è stato il principale leader dell’opposizione a Dilma Rousseff, e alle politiche protezionistiche del Pt di Lula, il capo dei socialidemocratici (Psdb) Aécio Neves ha già sparato a alzo zero contro il Mercosur durante l’ultima campagna elettorale, chiedendone una profonda riforma che consenta al Brasile di avere le mani libere per stringere altri accordi commerciali. Ora il suo compagno di partito e nuovo ministro degli esteri brasiliano, José Serra, ha messo al primo posto nell’agenda la riforma del Mercosur con l’idea di conservare soltanto il mercato comune tra i Paesi membri (insieme al Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) ma aprirne le frontiere esterne. Con la fine dell’egemonia peronista in Argentina e l’uscita di scena di Cristina Kirchner, che insieme al marito Nestor ha voluto per 12 anni una politica economica nazionalista e protezionista, il neo presidente Mauricio Macri ha un problema simile a quello dei brasiliani. Vuole riaprire l’economia agli investimenti e ai mercati internazionali. E, per questo, guarda molto al di là del Mercosur. In particolare ha iniziato a guardare all’Allenza del Pacifico, la comunità commerciale formata da Messico, Colombia, Perù e Cile, che sembra avere in futuro molte più possibilità di crescita e successo rispetto al Patto del Cono sud. Il più importante socio commerciale dell’Argentina è il Brasile ma questo significa anche che quando questa grande economia è in difficoltà ne paga le conseguenze pure Buenos Aires. Un circolo vizioso che Macri vorrebbe almeno provare a rompere. In questi giorni il nuovo governo argentino parteciperà per la prima volta come osservatore a un vertice dell’Alleanza del Pacifico che si svolgerà a Santiago del Cile. I due blocchi economici dell’America Latina hanno dimensioni abbastanza simili. 217 milioni di abitanti l’Alleanza del Pacifico, 295 milioni il Mercosur. Con un Pil procapite di 13mila dollari la prima e di 10.300 il secondo. E’ inevitabile che nel futuro siano destinati a collaborare ma finora si sono guardati con molte gelosie e preconcetti. Per esempio, sia Cristina Kirchner, che il boliviano Evo Morales, o il venezuelano Maduro, hanno sostenuto che l’Alleanza del Pacifico, il progetto di integrazione regionale nato nel 2011, non era altro che “un cavallo di Troia per difendere gli interessi delle multinazionali americane” e che andava combattuta per principio, anche perché si trattava di un accordo tra Paesi che hanno già firmato Trattati di libero scambio con gli Stati Uniti. E in effetti a partire dall’inizio del nuovo secolo, in tutto il periodo che ha coinciso con l’exploit delle materie prime e la forte crescita economica di quasi tutti i paesi latinoamericani, il Mercosur ha accentuato il suo carattere di alleanza politica tra gli Stati cosiddetti “bolivariani”, guidati da governi populisti di sinistra, sottovalutando invece gli aspetti più commerciali. Come hanno sottolineato molti analisti, la crisi del Mercosur è diventata sempre più evidente mentre aumentava l’inclinazione protezionista dei suoi soci maggiori, Argentina e Brasile, gli stessi che adesso, dopo le svolte politiche, guardano al mercato comune come a un fardello da portarsi dietro. Così la sopravvivenza del Mercosur è legata alla sua capacità di riformarsi rapidamente e, in realtà, di annacquarsi. Il primo obiettivo dei brasiliani, se l’attuale compagine politica verrà confermata dall’allontanamento definitivo di Dilma, è l’abolizione della clausola che impedisce ai paesi membri di stringere patti commerciali unilaterali senza che anche gli altri ne siano coinvolti. Clausola che, per esempio, ha impedito all’Uruguay, ma anche al Brasile, di trattare per conto proprio un accordo con l’Unione europea. Quando venne fondato con il Trattato di Asunción nel ‘91, il Mercosur si proponeva di formare una zona di libero mercato e, subito dopo, una unione doganale con dazi esterni comuni e una politica commerciale comune. In realtà, venticinque anni dopo, nessuno di questi obiettivi è stato pienamente raggiunto. E c’è chi ha detto che, dopo l’inizio dell’incorporazione nel Mercosur di Venezuela, Bolivia e Ecuador, l’alleanza è un treno del quale non si conosce la direzione ma che continua a far salire passeggeri. L’anticamera di una possibile catastrofe. Cosa possa accadere nei prossimi mesi non è facile da prevedere. Le nuove politiche economiche di Brasile e Argentina sembrano destinate a prescindere sempre di più dal Mercosur anche se, per ora, i nuovi leader dei due Paesi si affrettano a dire che l’intenzione di aprirsi a altri mercati e altre prospettive di relazioni economiche non vuole mettere in discussione la loro appartenenza al mercato comune. D’altra parte con l’Europa i capitoli da risolvere prima di poter firmare un patto di libero scambio che rafforzerebbe il Mercosur sono ancora numerosi. E vanno dalle quote di importazione di carne - settore nel quale Brasile e Argentina sono leader mondiali - , all’etanolo, ai latticini. Nonostante i paesi del Cono sud siano sempre più una destinazione importante per le industrie europee, dai farmaci, ai prodotti chimici, ai macchinari, e anche per i nuovi investimenti (nel corso del 2015 il 61,5% dei capitali stranieri investiti in questi Paesi sono europei), un Trattato definitivo sembra ancora lontano. Il porto industriale di Buenos Aires: l’Argentina cerca di liberarsi dalle maglie strette del Mercosur nel momento in cui vuole rilanciare con forza il proprio sviluppo
Omero Ciai, Affari&Finanza 27/6/2016