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 2016  giugno 27 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SULLA BREXIT


REPUBBLICA.IT
ROMA - Dopo lo shock del referendum sulla Brexit e la notizia che David Cameron martedì non chiederà l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per uscire dall’Unione Europa, oggi è il giorno del summit a Berlino tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande.
La Merkel è lapidaria: "Per avviare i negoziati serve la richiesta ufficiale del Regno Unito. A settembre ci rivedremo per poter parlare delle misure concrete. Dovremo procedere" nel modo "più rapido possibile per la procedura di uscita". Si dovrà "evitare ogni movimento centrifugo in Ue" e perciò "fare una proposta concreta agli stati membri circa le misure concrete da prendere nei prossimi mesi" su terrorismo, rifugiati, Turchia "e tutto quel che riguarda l’aspetto migrazione. La crescita economica è un ulteriore aspetto fondamentale", aggiunge Merkel, e "c’è la necessità di garantire posti lavoro ai nostri lavoratori. Dovremo dare alle nuove generazioni maggiori prospettive e rispondere alle loro aspetttative", conclude la cancelliera, e in questo si dovrà "mandare un segnale chiaro ai giovani".
Anche per Hollande "non bisogna perdere tempo. Dobbiamo rispettare la decisione" della Brexit, "ma bisogna dare un impulso alla Ue, non c’è niente di peggio dell’incertezza. Non bisogna perdere tempo. Bisogna impedire conseguenze, l’Europa è forte, ma bisogna che ci siano modifiche", afferma, "la comunicazione da parte della Gran Bretagna dovrebbe avvenire al più presto. Prima non ci saranno alcuni colloqui sui negoziati. Dobbiamo avere rispetto del Regno Unito, ma bisogna anche esigere rispetto. I rapporti resteranno buoni", aggiunge. "Non dobbiamo reinventare l’Europa, l’acqua calda già è stata inventata".
"L’Italia farà la sua parte" ha detto Renzi, d’accordo con gli omologhi francese e tedesco. "È un momento particolare, come se i cittadini improvvisamente si fossero resi conto della delicata bellezza del sentimento europeo. Come se ci fossimo svegliati privati di qualcosa. Credo che vada tenuta insieme la doppia attenzione: da un lato il buon senso e la lucidità che in questo momento occorrono, dall’altro il bisogno di dare gambe e cuore al progetto europeo per i prossimi decenni. Il percorso prende atto della decisione della Gran Bretagna, si volta pagina, non si può perdere tempo ma contemporaneamente avere a cuore una strategia che ci porti a ciò che l’Europa dev’essere. Bene l’attenzione su sicurezza, giovani e sociale, perché non può essere solo l’Europa delle banche. Quello che è accaduto ci dimostra che questo è un tempo propizio perchè si può scrivere una nuova pagina e lo vogliamo fare insieme". E sottolinea: "L’Unione europea non ha un direttorio. L’Ue è un’organizzazione complessa in cui ciascuno dà il suo contributo".
Brexit, Renzi: "Ora voltiamo pagina, diamo gambe e cuore al progetto europeo"
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E cerca di sdrammatizzare la situazione e la preoccupazione degli italiani per la Brexit: "Credo che gli italiani saranno molto attenti al processo di potenziale uscita della Spagna dai campionati europei più che del Regno Unito" facendo riferimento al fatto che il summit si è svolto proprio durante gli ottavi di finale tra l’Italia e la Spagna agli Europei di calcio. "Ma in realtà, battute a parte, credo che sia un momento davvero di rilevanza storica". E sul finale della conferenza stampa, ha proseguito: "Nessuno mi toglie dalla testa che Angela mi ha chiamato perché è preoccupata dal quarto di finale...". Un riferimento alla possibilità che gli azzurri, se battono la Spagna, potranno sfidare i tedeschi al prossimo turno.
Brexit, Renzi scherza: "Merkel mi ha chiamato perché è preoccupata per i quarti agli Europei"
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Hollande ha ribadito l’importanza della presenza dell’Italia a Berlino, rispondendo alla formula scelta per discutere della Brexit: "Italia, Germania e Francia sono i Paesi più popolati dell’Ue, inoltre siamo tre Paesi fondatori. Dal momento che la Gran Bretagna uscirà, è importante che l’Ue sia unita sulle responsabilità da prendere", ha spiegato, "avevamo concordato questo vertice. È importante che l’Italia ci sia".

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"Usciremo dall’Unione solo quando saremo pronti". Il ministro dell’Economia della Gran Bretagna sa e ammette che il "Leave" porterà "ancora volatilità sui mercati". Ma nel suo primo discorso pubblico dopo il referendum, George Osborne ha un obiettivo: rassicurare i mercati. Perciò la ammissione sulla instabilità finanziaria è accompagnata da due rassicurazioni. La prima è puramente economica: "La Gran Bretagna ha un’economia abbastanza forte e solida da poter affrontare la sfida", precisa il conservatore. Ma poi aggiunge, rivolgendosi a questo punto non più solo alle borse ma anche ai vertici europei: "Attiveremo l’articolo 50 solo quando saremo pronti".

Osborne e i tories. Proprio Osborne, 45 anni, è tra i personaggi chiave del partito Tory, c’è anche lui nel parterre dei possibili nuovi coinquilini di Downing Street. "Chiarirò il mio ruolo nel partito nei prossimi giorni", ha detto lui in pubblico. Ma c’è già chi osserva che il suo primo discorso pubblico post Brexit "è un discorso da futuro premier".

I tempi della brexit. Entro tre mesi, infatti, scatteranno le dimissioni già annunciate da David Cameron e al congresso di ottobre il partito conservatore individuerà il nuovo primo ministro e il cancelliere "furioso" per il comportamento dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson e dell’altro leader dei Tories Michael Gove, capi dei ribelli euroscettici, starebbe valutando di candidarsi lui stesso alla leadership. E’ quindi probabile che la richiesta di exit non scatti prima dell’autunno e le dichiarazioni di Osborne lo confermano: "Nei prossimi giorni non ci sarà una navigazione tranquilla - ha spiegato - e i nostri conti pubblici soffriranno per la decisione di uscire dall’Unione europea ma le nuove misure fiscali non potranno essere attuate fino a quando non avremo un nuovo premier in autunno". Il presidente della Commissione europea aveva invece auspicato una "uscita rapida".

L’articolo 50 del trattato di Lisbona è la "clausola di recesso" di uno Stato membro dall’Unione. Solo dopo che la Gran Bretagna avrà notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di recedere dall’Ue, scatteranno i due anni di negoziati bilaterali per concordare un accordo di uscita. La prima occasione utile per far scattare l’uscita è il Consiglio di domani, ma Downing Street ha già fatto sapere che non coglierà l’attimo.

Boris Johnson. "Non c’è una grande fretta di lasciare l’Unione europea", ha ribadito Boris Johnson citato dal Daily Mail. L’ex sindaco di Londra ha poi ringraziato Osborne per aver messo "fine al progetto paura", ovvero alle fosche previsioni sugli effetti della Brexit per l’economia britannica da parte della campagna ’Remain’, di cui Osborne è stato paladino. "Non ci sarà una finanziaria di emergenza, le pensioni della gente sono al sicuro, i mercati sono stabili. Sono buone notizie." Johnson ha anche voluto rassicurare i cittadini Ue residenti nel Regno Unito: "Avranno i loro diritti pienamente garantiti e lo stesso accadrà per i britannici che vivono nei Paesi del continente".

Francia, Germania e Commissione Ue: "Fare presto". Ma intanto anche Parigi e Berlino e la Commissione Ue si dicono d’accordo sul fatto che si debba "agire velocemente" e in maniera decisa sulla messa in atto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Lo ha affermato il ministro francese delle Finanze Michel Sapin a France 2. "Abbiamo temperamenti differenti, tutti conosciamo bene il modo in cui i tedeschi cercano di ragionare seriamente, e hanno ragione", ha aggiunto. Ma "non c’è alcuna differenza tra Francia e Germania sulla domanda d’attualità: la Gran Bretagna deve andare in fretta? Sì. Londra ha votato, ha votato per il Brexit, il Brexit si deve mettere in atto fin da adesso".

Anche la Commissione europea resta alla dichiarazione dei quattro presidenti letta da Jean Claude Juncker venerdì scorso e quindi "ci aspettiamo che venga notificato l’art.50 al più presto", ha affermato il portavoce, Margaritis Schinas, precisando che per la Commissione "non ci sarà alcun negoziato" con la Gran Bretagna "se non sarà stato prima notificato l’art.50". Il prortavoce ha anche ribadito che il presidente Jean Claude Juncker non intende dimettersi: "Ho già avuto questa domanda giovedì scorso e la risposta è stata una parola di due lettere, di cui la prima è la ’N’", ha detto Schinas. A chi chiedeva quali sarebbero state le conseguenze politiche del voto nel Regno Unito, il portavoce ha risposto: "La Commissione non ha chiesto il referendum, chi ne deve trarre le conseguenze è chi ha chiesto il referendum".

Dimissioni dei ministri ombra Labour. Altri tre membri del governo ombra del leader laburista Jeremy Corbyn hanno rassegnato oggi le proprie dimissioni in rappresaglia contro la leadership del politico 67enne. Il portavoce laburista per le Forze Armate, Toby Perkins, la numero due degli Esteri, Diana Johnson, e la ministra per la Società civile, Anna Turley, si sono uniti agli altri 12 ministri ombra che ieri si sono dimessi in segno di sfiducia verso Corbyn, che nel frattempo ha annunciato che non si dimetterà. Inoltre, ha rassegnato le proprie dimissioni anche Stephen Kinnock, segretario parlamentare della portavoce per le Imprese e l’Innovazione del partito, Angela Eagle, anche se non fa parte del governo ombra. Corbyn è stato criticato da diversi membri del suo "gabinetto" per uno scarso impegno nella campagna referendaria a favore della permanenza del Regno Unito nella Ue.

Continua l’attività dell’eurodiplomazia. Si intensificano i contatti tra le varie cancellerie d’Europa in attesa del vertice a Berlino tra la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il primo ministro italiano Matteo Renzi e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. La Merkel ha invitato i leader dei Paesi fondatori dell’Unione europea a incontrarsi prima della riunione informale di mercoledì che si terrà a margine del Consiglio europeo: riunione informale, che vedrà, per la prima volta, la partecipazione di 27 Stati membri dell’Ue, senza Regno Unito quindi e si concentrerà sulle implicazioni politiche della Brexit e il futuro dell’Unione europea.
Stamattina Renzi ha avuto questa mattina un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano John Kerry che oggi a Bruxelles avrà colloqui con l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini e con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

SPACCATURA TRA TORIES E LABOUR
Perde un pezzo dietro l’altro il governo "ombra" britannico. Lasciano undici ministri. È caos quindi nel partito laburista dopo l’esito del voto del 23 giugno che ha decretato l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Una fronda di ministri ’ombra’ sta facendo pressing per costringere Jeremy Corbyn alle dimissioni. Ma Corbyn tiene duro. "Non ci saranno dimissioni da parte di un leader democraticamente eletto e con un forte mandato della base", si legge in un comunicato della sua segreteria.

La cacciata di Benn. Il leader laburista ha silurato il ministro degli Esteri ’ombra’, Hilary Benn, dopo le rivelazioni dell’Observer su un possibile ’golpe’ interno al Labour guidato dallo stesso Benn. "In una telefonata, ho detto a Jeremy di aver perso fiducia nella sua capacità di guidare il partito, mi ha congedato", ha spiegato Benn alla Bbc. Un portavoce del Labour ha confermato alla Press Association: "Jeremy lo ha licenziato perché aveva perso fiducia in lui". "Se Jeremy rimarrà leader - aveva aggiunto Hilary Benn - c’è sfiducia nella nostra possibilità di vincere le elezioni che potrebbero arrivare prima di quanto ci si aspetti". Il siluramento di Benn da parte di Corbyn "ha scatenato un ammutinamento" tra i deputati laburisti, che stanno esprimendo il loro sostegno pubblicamente a Benn sui social media.

Brexit, Labour nel caos: lasciano undici ministri ’ombra’ in polemica con Corbyn

Hilary Benn
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I dimissionari. Dopo la cacciata di Benn, l’ultima a essersi dimessa è Seema Malhotra, segretaria al Tesoro. Prima di lei hanno rassegnato le dimissioni la ministra ’ombra’ della Salute Heidi Alexander, Ian Murray, responsabile per la Scozia, e la ministra ai Giovani Gloria De Piero. A questi si uniscono gli altri tre: Lilian Greenwood, segretario ai Trasporti, Lucy Powell, all’Educazione, Kerry McCarthy, all’Ambiente. "È con il cuore pesante che le scrivo per dimettermi dal governo ombra", ha scritto la Alexander nel testo rivolto al leader del partito, Jeremy Corbyn. "Il risultato del referendum della scorsa settimana mostra che il nostro Paese affronta sfide senza precedenti", ha affermato. Poi, rivolta a Corbyn: "Non credo che lei sia in grado di delineare la risposta che il nostro Paese chiede. E credo che, se dobbiamo dare forma al prossimo governo, un cambio di leadership sia essenziale".
Brexit, Labour nel caos: lasciano undici ministri ’ombra’ in polemica con Corbyn

Heidi Alexander
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Si vota la sfiducia a Corbyn. È atteso per lunedì in seno al gruppo parlamentare del Labour il dibattito sulla mozione di sfiducia contro Jeremy Corbyn presentata venerdì da due deputate, Margaret Hodge e Ann Coffey. Il presidente del gruppo, John Cryer, dovrà decidere se la mozione potrà essere votata dai parlamentari. In caso positivo, il voto a scrutinio segreto si dovrebbe tenere già martedì. Se Corbyn non terrà conto dell’esito, che non è vincolante, "ci potrebbero essere altre dimissioni tra i ministri del governo ombra". Corbyn era stato duramente criticato anche dall’ex premier britannico Tony Blair per aver "dato un sostegno insufficiente alla causa del Remain". Ma il leader laburista aveva replicato dicendosi pronto a ricandidarsi alla guida del partito, se la sua leadership fosse stata messa in discussione.

È fronda interna anche tra i ’tories’. Non solo tra i laburisti c’è tensione, anche tra i conservatori si sta consumando una fronda che, dopo le tensioni durante la campagna referendaria, si sposta ora sul terreno dell’elezione del leader. La resa dei conti, dopo l’annuncio di dimissioni di David Cameron, è fissata dopo l’estate. È il Times a rivelare la guerra interna al partito conservatore per evitare che Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra leader della campagna pro-Brexit, diventi primo ministro in seguito alle annunciate dimissioni di Cameron.


BORSE
MILANO - Continua la caduta senza sosta della sterlina che scivola ad un nuovo minimo da oltre due anni contro l’euro e da circa 30 anni contro il dollaro, soffrendo le incertezze politiche ed economiche dopo la vittoria di Brexit che nel referendum di venerdì ha decretato l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. La sterlina è scesa a 83 pence nel cambio con l’euro, aggiornando i minimi da aprile 2014 toccati venerdì. Nel cambio con il biglietto verde è scesa a 1,317 dollari, aggiornando il minimo da settembre 1985 di venerdì. L’esito del voto costa caro anche al debito pubblico della Gran Bretagna, che perde il giudizio ’tripla A’. Standard & Poor’s ha infatti tagliato il rating del Paese di due gradini, da AAA a AA, con l’outlook che resta negativo.

In mattinata anche la Cina si era accodata al Vecchio continente con lo yuan scivolato ai minimi degli ultimi 5 anni e mezzo sul dollaro: il renminbi, la cui parità sul biglietto verde è stata fissata oggi a 6,6375, ha toccato quota 6,6402, il livello intraday più basso da dicembre 2010 e in calo dello 0,2% dalla chiusura di venerdì. Il dollaro, di conseguenza, si rafforza sulle piazze asiatiche.
Le Borse europee affondano, Milano ha perso il 30% da inizio anno

Il cambio sterlina dollaro dal 1970 a oggi
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"Sotto queste circostanze - ha affermato il premier cinese Li Kequiag, parlando al World Economic Forum di Tianjin - dobbiamo gestire le sfide, rafforzare la fiducia, creare un ambiente internazionale stabile e trovare soluzioni per risolvere tutti insieme le questioni" aperte. Il premier ha quindi invitato a mettere in campo tutti gli sforzi congiunti possibili per proteggere e ristabilire la fiducia nell’economia globale. La preoccupazione, però, sui mercati resta a livelli di guardia come dimostra la corsa del prezzo dell’oro a seguito dell’afflusso degli investitori sui beni rifugio: il metallo con consegna immediata avanza dell’1,5% a 1335,5 dollari l’oncia dopo il balzo dell’8% visto venerdì. L’incertezza pesa, invece, sulla quotazioni del petrolio che perde ancora terreno con il Wti che scende in area 47 dollari al barile.

Nonostante il crollo record di venerdì, i mercati non riescono a rimbalzare e - anzi - cadono ancora: Milano chiude in rosso del 3,94% arrivando a perdere il 30% da inizio anno e tornando sui minimi dal 2012. Londra ha perso il 2,55% (la piazza londinese però deve scontare anche il crollo della sterline), mentre Francoforte arretra del 3,02% e Parigi del 2,97% con l’intero comparto finanziario ancora sotto pressione. A Wall Street, quando i mercati europei chiudono, il Dow Jones cede l’1,4%, l’S&P 500 il 2% e il Nasdaq il 2,3%. A Piazza Affari continuano le sospensioni al ribasso sulla banche. Crolla Easyjet che ha lanciato un profit warning a causa di Brexit. Prosegue, intanto, l’intervento della Banca centrale europea sui titoli di Stato dell’Eurozona: nonostante le tensioni derivanti anche dal voto in Spagna dove non emersa una maggioranza di governo i debiti sovrano non hanno subito alcuno shock con lo spread tra Btp e Bund sostanzialmente invariato rispetto a venerdì a quota 161 punti base con i titoli italiani che rendono l’1,51%, mentre il decennale tedesco - nuovo bene rifugio - mostra un tasso negativo vicino al -0,1%. Nel frattempo, il Tesoro ha collocato 692,925 milioni di euro di Btp indicizzati all’inflazione dell’area euro con un rendimento lordo all’1 per cento e prezzo di aggiudicazione è pari a 103,73. Minimi storici per i rendimenti sui governativi britannici: il tasso del decennale è sceso per la prima volta sotto l’1%. L’euro è ancora in calo a 1,0973 dollari, ma - come detto - recupera terreno sulla sterlina.
Le Borse europee affondano, Milano ha perso il 30% da inizio anno

Il cambio sterlina euro da inizio anno
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Gli analisti però restano preoccupati: "Facciamo fatica a comprendere le implicazioni reali di Brexit, non sappiamo ancora quale sarà la magnitudo dello shock" dice Steva Barrow responsabile di "Group-of-10 strategy" a Standard Bank che poi aggiunge: "Sul fronte del cambio sterlina-dollaro, abbiamo visto solo la metà del calo che ci aspettiamo per quest’anno".
Le Borse europee affondano, Milano ha perso il 30% da inizio anno

Il cambio sterlina dollaro da inizio anno
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In mattinata, l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha chiuso in recupero del 2,39% dopo una riunione di emergenza convocata prima dell’apertura dei mercati dal premier Shinzo Abe con il ministro delle finanze Taro Aso e il governatore della banca del Giappone Haruhiko Kuroda. La prova di ripresa a Tokyo è stata guidata dai titoli difensivi - come farmaceutici, costruzioni e utilities - mentre i gruppi finanziari - a partire da Nomura, che ha il 12% del personale in Europa - restano sotto forti pressioni. Intanto i tassi sui titoli di stato ventennali nipponici hanno toccato un nuovo minimo storico sotto lo 0,09%.

Gli investitori sono quindi in attesa dei nuovi dati in arrivo: domani uscirà l’ultima revisione del Pil del primo trimestre, accompagnata da indicatori sulla fiducia dei consumatori. Mercoledì, inoltre, il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, parlerà mercoledì al simposio annuale della Bce che si svolge a Sintra, in Portogallo (l’agenda dei mercati).

CRISI DEL VINO
ROMA - "Il referendum che ha sancito la Brexit potrebbe avere conseguenze preoccupanti per l’Italia nel settore del vino". Ne è convinto Ottavio Cagiano de Azevedo, direttore generale di Federvini, nel commentare l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. La Gran Bretagna, infatti, è il terzo mercato mondiale per il vino tricolore dopo Stati Uniti e Germania, con un giro d’affari pari a 152 milioni di euro nel primo trimestre di quest’anno, in crescita del 7% rispetto al medesimo periodo del 2015 secondo gli ultimi dati Istat elaborati da Ismea (Istituto per il mercato agroalimentare). Inoltre, come evidenzia una ricerca della Wine & Spirit Trade Association (Wsta), presentata a maggio alla London Wine Fair (una sorta di Vinitaly inglese), il commercio di vino nel Regno Unito è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni. E il vino è tutt’altro che d’élite, essendo diventato la bevanda alcolica d’elezione per il 60% degli adulti britannici.

INFOGRAFICA Vino, quanto valgono le nostre esportazioni

Cagiano, quali sono i possibili danni di Brexit all’export di vino italiano?
"Accanto ai giganteschi temi culturali, storici e politici che Brexit implica, ci sono degli effetti immediati. Il primo è la svalutazione della sterlina del 30% che scombussola la politica dei prezzi, basata per quel che ci riguarda su criteri di qualità, e favorisce i paesi produttori extraeuropei che fanno concorrenza all’Italia come l’Australia e il Sudamerica. All’improvviso il valore delle nostre esportazioni è stato tagliato di un terzo".

La sterlina debole farà aumentare i prezzi?
"L’incidenza del cambio così forte condiziona le scorte esistenti e i contratti in essere. Inoltre in Uk c’è una forte cultura dei prodotti a marchio della distribuzione, si pensi alle grandi catene come Harrods: anche in questo settore possono nascere nuove triangolazioni con altri paesi fornitori. Queste sono le preoccupazioni immediate di cui dobbiamo tener conto, a prescindere dalle decisioni del governo inglese sui tempi e le modalità di uscita dall’Ue".

Quali sono i vini italiani più venduti in Uk?
"Il Prosecco ha fatto un grande balzo in avanti negli ultimi tempi, ma il mercato inglese è di grande qualità e
apprezza le etichette di prestigio. I consumatori britannici hanno imparato la cultura dell’abbinamento e della degustazione e il Regno Unito rappresenta la più bella e completa vetrina in Europa della produzione mondiale di vino di qualità".