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 2016  giugno 25 Sabato calendario

COSÌ È SPARITA LA TELEFONATA DI DE BENEDETTI

La Procura di Roma ha chiesto di archiviare il procedimento nel quale sono finite le conversazioni di Carlo De Benedetti che si vantava al telefono di avere avuto una dritta da ambienti vicini a Palazzo Chigi sull’imminente decreto sulle Banche Popolari e chiedeva ai suoi intermediari di investire perché era un buon affare.
Nell’ambito di questo procedimento sono stati sentiti prima Carlo De Benedetti e poi Matteo Renzi, entrambi come persone informate dei fatti perché nessuno dei due è indagato. In questa inchiesta è indagato invece Gianluca Bolengo, in quanto amministratore delegato di Intermonte Sim. Con un’apposita nota di ‘cortesia istituzionale’ il Procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, appena sono uscite le notizie sull’esame di Renzi, ha comunicato la richiesta di archiviazione per l’intermediario per l’accusa di ostacolo alla vigilanza.
La Procura di Roma aggiunge nella nota che l’archiviazione è supportata persino dalle “conclusioni di una consulenza tecnica disposta dall’Ufficio”. In coda i pm aggiungono una postilla che lascia un po’ di ansia ai protagonisti delle speculazioni sulle banche, non solo Carlo De Benedetti. L’inchiesta nasce da una segnalazione del presidente dell’autorità di vigilanza sulla borsa, Giuseppe Vegas, in occasione di un’audizione alla Camera dei Deputati dell’11 febbraio 2015. “Gli altri profili che hanno costituito oggetto delle dichiarazioni del presidente Vegas costituiscono – spiega la nota del procuratore Pignatone – tuttora oggetto di accertamento”.
La gestione mediatica del caso Renzi-De Benedetti da parte di Palazzo Chigi non poteva essere migliore per i protagonisti. La notizia dell’audizione da parte dei pm dell’ingegnere che controlla il gruppo Repubblica-L’espresso e del premier era una circostanza imbarazzante per entrambi.
Il premier è stato sentito dai pm perché tirato in ballo indirettamente nelle telefonate dell’editore che conosce molto bene. Renzi ha incontrato De Benedetti da sindaco a Firenze nel 2013, da premier a Palazzo Chigi nel 2014. In alcuni casi le società del gruppo sono state sospettate di avere ricevuto un aiutino dal Governo o da società partecipate.
È accaduto con la società sanitaria Kos, controllata dal Gruppo De Benedetti ma le cui quote per il 46,7% sono state rilevate pochi mesi fa al prezzo di 240 milioni di euro dal fondo F2I, partecipato dalla Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Ministero dell’Economia. Oppure con il provvedimento del 2014 sul capacity payment, definito dal Corriere della Sera “un salvagente formidabile per quanti oggi producono ancora energia elettrica con il gas”, compresa la Sorgenia, allora del gruppo De Benedetti.
Anche per questi intrecci tra politica e affari, la storia dell’audizione del premier e dell’editore di Repubblica poteva essere imbarazzante, anche se non rilevante penalmente. De Benedetti sostiene nella telefonata – che ha interessato la Consob e i pm romani – di avere notizie da ambienti politici vicini a Renzi non su una legge qualsiasi o su una banca qualsiasi, ma sul decreto che ha trasformato le banche popolari, compresa Banca Etruria.
Ieri sui quotidiani però la storia non è stata raccontata proprio così. Renzi, nello story-telling dei grandi giornali, è stato sentito quasi come se fosse un consulente della Procura sulla diffusione delle notizie relative alle leggi in materia bancaria. Negli articoli le telefonate di Carlo De Benedetti e le sue vanterie in merito alle dritte da ambienti vicini a Palazzo Chigi scompaiono o scolorano a note secondarie.
La cautela in questi casi non è mai abbastanza senza disporre delle carte giudiziarie. Da giorni girava voce che Renzi c’entrasse qualcosa con l’indagine. Si diceva fosse stato sentito ma nessuno confermava la notizia. Il Fatto giovedì ottiene la notizia con certezza e chiama Palazzo Chigi alle 18 per chiedere la versione del premier sull’esame testimoniale. Cosa ha risposto Renzi quando la procura gli ha ricordato quello che De Benedetti ha detto al telefono?
Poco prima delle 22 chiamiamo anche lo staff di Carlo De Benedetti per chiedere solo e soltanto cosa avesse detto l’ingegnere nel suo interrogatorio.
Improvvisamente in tarda serata la notizia arriva nelle redazioni di tutti i maggiori quotidiani e viene girata ai cronisti giudiziari. I pezzi finiscono in pagina. Però stranamente salta proprio la notizia più succulenta. Casualmente la telefonata di Carlo De Benedetti all’intermediario e le confidenze sulle dritte dai palazzi romani non sono citate. Anche l’ingegnere è stato trattato in guanti bianchi. Nessun riferimento alle sue vanterie sulle fonti istituzionali. A Palazzo Chigi ringraziano.
Marco Lillo e Valeria Pacelli, il Fatto Quotidiano 25/6/2016