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 2016  giugno 25 Sabato calendario

DAI MERCATI PUO’ ARRIVARE IL COLPO ALL’ECONOMIA – A

votare sono gli inglesi, ma a crollare sono le Borse di Milano e Madrid. Se Brexit ha fatto solo il solletico al listino di Londra, a Piazza Affari è riuscita a produrre più danni di quanti non fecero gli attentati alle Torri Gemelle o il crack di Lehman Brothers. Mai, negli ultimi 30 anni, l’indice della nostra Borsa aveva infatti perso in un solo giorno più del 10%. Ma proprio dietro questa debacle, in apparenza paradossale, si nasconde la principale lezione che l’Europa deve trarre dal referendum britannico: senza una reazione forte della politica, i mercati finanziari colpiranno duramente. E colpiranno soprattutto i Paesi più deboli. Italia inclusa. Con il rischio che siano gli stessi mercati, ormai troppo grandi e automatizzati per un’Europa così vulnerabile, a rendere concreto il loro stesso timore: un nuovo rallentamento economico o addirittura una nuova recessione.
I perché della tempesta
Il motivo per cui le Borse di Milano e Madrid sono crollate quattro volte di più di quella di Londra è semplice: il mercato crede che l’Europa sia oggi più debole e incerta, per cui penalizza i Paesi che al suo interno hanno maggiori fragilità. Per esempio la Spagna, che sta cercando di uscire da una durissima crisi economica senza un vero Governo: il voto di domenica potrebbe infatti non essere in grado di produrre una maggioranza, come accaduto lo scorso dicembre, per cui il Paese potrebbe restare ingovernabile proprio in un momento così cruciale. Oppure l’Italia, che ha un gigantesco debito pubblico e un sistema bancario ancora troppo fragile. E, dopo la tornata elettorale di domenica scorsa, un Governo percepito dagli investitori più debole: tanti temono che a ottobre, con il referendum costituzionale, possano
essere gettate le premesse per la sua caduta.
Questo rende Italia e Spagna ancora più fragili agli occhi degli investitori, questo aumenta l’incertezza sul loro futuro, proprio nella settimana in cui Brexit sembra cambiare le carte in tavola dell’Europa. Ecco dunque che le vendite in Borsa si concentrano proprio su questi due Paesi. E, soprattutto, sul settore più fragile al loro interno: quello bancario. Che subisce anche il vortice di vendite tecniche: quelle di tutti gli investitori che vogliono “coprirsi” dal rischio-Italia, ma non vogliono vendere i BTp perché sono “protetti” dalla Bce.
Conseguenze sulla vita reale
Possibile che già nei prossimi giorni il panico borsistico rientri, magari anche grazie a interventi di banche centrali o di istituzioni varie. Ma se dovesse perdurare l’incertezza, c’è il rischio concreto che prima ancora di capire come si evolveranno i rapporti commerciali con la Gran Bretagna, sia la Borsa a “creare” una nuova crisi economica in Italia e Spagna. Banche continuamente prese di mira in Borsa non possono infatti effettuare aumenti di capitale, qualora si rendessero necessari. Non riescono a vendere, a prezzi adeguati, i crediti in sofferenza. Non riescono a effettuare le necessarie fusioni. Insomma: una nuova turbolenza borsistica rischia di peggiorare la situazione in un settore già fragile. Questo potrebbe causare la chiusura nuovamente dei rubinetti del credito (che per le piccole imprese non si sono mai veramente riaperti) e provocare di conseguenza un nuovo rallentamento economico. E, come conseguenza finale, potrebbe peggiorare i parametri di deficit e debito sul Pil, causando nuove necessità di austerità.
Del resto tutte le ultime recessioni economiche e crisi sociali sono state prodotte proprio da shock finanziari: il crack di Lehman nel 2008 ha causato la recessione globale del 2009, la crisi dello spread italiano a fine 2011 ha fatto partire la recessione negli anni successivi. E così via. Questo perché i mercati finanziari, che complessivamente sono 9 volte più grandi del Pil del mondo intero, sono ormai così veloci nello spostare grandi quantità di denaro da poter determinare le sorti di Governi, di Stati e di popolazioni senza che nessuno riesca a davvero opporsi. Ecco perché il crollo borsistico di ieri, per quanto scontato e determinato anche da fattori tecnici, non va sottovalutato: perché se non arrivasse una risposta politica in fretta, potrebbe creare le premesse per una nuova crisi europea prima ancora che la politica capisca come risolvere il caso Gran Bretagna.
Morya Longo