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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

Il romanzo popolare di Alex Schwazer si trasforma in tragedia, e poi in giallo, con misteriosi ingredienti che complicano la già intricata trama

Il romanzo popolare di Alex Schwazer si trasforma in tragedia, e poi in giallo, con misteriosi ingredienti che complicano la già intricata trama. “È un incubo. Non ho fatto nulla. Probabilmente qualcuno non vuole che vada alle Olimpiadi”, si difende il marciatore altoatesino. La favola dell’eroe redento che dopo la positività a Londra 2012 sconta la pena, e grazie a un programma di allenamento all’insegna della trasparenza con Sandro Donati, totem della lotta al doping, riesce a qualificarsi a Rio 2016, s’infrange su una provetta analizzata dalla Iaaf (Federazione mondiale di atletica): testosterone impazzito, tracce di anabolizzanti steroidi. Dalla salvezza all’infamia, dal riscatto al baratro. Altro che Rio. Adesso per lui, recidivo, è radiazione. Poi il romanzo, diventato tragedia, comincia ad assumere i contorni della farsa. Ieri mattina nei Giardini del Quirinale, dove il presidente Sergio Mattarella sta celebrando la spedizione olimpica italiana a Rio 2016, si presentano anche due ispettori della Iaaf con i whereabouts (spostamenti degli atleti da comunicare all’antidoping) della marciatrice Elisa Rigaudo. La vogliono testare lì, la vogliono far pisciare al Quirinale. Ma non sono fatti entrare, e devono accontentarsi di farlo nel pomeriggio al Foro Italico. Sempre la mattina, dopo che Mattarella consegna i tricolori alle portabandiera Federica Pellegrini e Martina Caironi, il presidente del Coni Giovanni Malagò invita alla “cautela”. E mentre la Pellegrini si dice dispiaciuta, ma chiede la radiazione, Filippo Magnini ritiene la vicenda “molto strana”. Ma le parole più dure arrivano dal professor Donati, che nella conferenza stampa serale a Bolzano racconta di “minacce, consigli a non vincere, arrivate da persone con un ruolo importante, nomi che saranno svelati nelle sedi competenti”. E dice che con questa provetta avvelenata “il sistema ha sventato la minaccia che la storia di un atleta tornato vincente da pulito potesse trasformarsi in un grande esempio positivo”. La storia è complessa, troppi elementi non tornano. Il tipo di sostanza, gli anabolizzanti vanno bene per un velocista, ma sono deleteri per un marciatore come Schwazer. La tempistica, negativa al test del primo gennaio a Vipiteno, la stessa provetta risulta positiva il 13 maggio, cinque giorni dopo che Schwazer si qualifica alle Olimpiadi. Il fatto che Donati con la sua storia e Schwazer con le sue testimonianze al processo di Bolzano abbiano inguaiato non poco la Iaaf, scoperchiando un sistema internazionale di corruzione e coperture. L’avvocato Gerhard Brandstätter annuncia battaglia, parla di “sospetti” e comunica che è partita una “denuncia penale contro ignoti”. Le controanalisi saranno il 5 luglio, forse troppo tardi perché Schwazer possa partire per Rio. Intanto gli chiedono se continuerà ad allenarsi, lui risponde: “Pensavo di dire basta, però ho fatto molti sacrifici e coinvolto troppe persone per mollare proprio adesso. Ci devo provare, anche se sarà difficilissimo, per allenarsi bisogna essere sereni e riposati”. La vicenda presenta troppi lati oscuri. Gli anabolizzanti sono molecole estranee al corpo e quindi o sono assunti volontariamente, o inconsapevolmente (“lo escludo”, dice Donati), oppure c’è stata manomissione. “Quando mi dopavo ho provato gli anabolizzanti, ma non servivano, per questo sono passato all’Epo”, dice ancora Schwazer. Trovato positivo all’eritropoietina a Londra 2012, la medaglia d’oro nella 50 km di marcia a Pechino 2008 piange, confessa, è squalificato per 3 anni e 6 mesi e decide di mollare tutto. Poi ci ripensa, comincia a collaborare con la giustizia. Nel farlo tira in mezzo l’ex fidanzata, la pattinatrice Carolina Kostner che è squalificata anche lei per averlo aiutato a eludere i controlli, ma non solo: le sue confessioni alla Procura di Bolzano vanno a finire dritte nel fascicolo che la Commissione Etica della Wada (Agenzia Mondiale Anti Doping) sta preparando per far saltare il tappo a un mostruoso sistema di doping e corruzione messo in piedi da medici e preparatori con la connivenza della Iaaf. L’ex presidente Lamine Diack e buona parte della vecchia gerenza, l’ex capo antidoping, sono indagati per corruzione, copertura e commercio di un sistema di doping globale. Intanto, nel 2015 Schwazer decide di tornare a correre, si affida a Donati, uno che con le sue denunce ha fatto scoprire il sistema del doping di Stato italiano degli anni Ottanta, quello di Conconi e della complicità del Coni, e poi il sistema del dottor Michele Ferrari, quello di Lance Armstrong. I due redigono un programma di allenamento all’insegna della trasparenza: niente sostanze dopanti, ça va sans dire, ma nemmeno medicine lecite o integratori. Poi monitoraggio ossessivo dei tempi e della resistenza, disponibilità totale 24/7 ai test Coni Nado, Wada e Iaaf. “E il fatto di non avere avuto risposte mi fa pensare che questa disponibilità sia stata intesa dalla Wada come una provocazione”, dice Donati. Ma non basta, e allora ecco i controlli volontari, ogni due settimane all’Ospedale San Giovanni di Roma. Il 30 aprile finisce la squalifica, l’8 maggio la vittoria in Coppa del mondo a Roma con il tempo olimpico: si può andare a Rio 2016. E invece no. Il 13 maggio, la Iaaf decide di rianalizzare il campione: è positivo. La notte di martedì la federazione lo comunica al Coni. Ieri la Gazzetta ci apre in prima pagina. Tutto sprofonda. In quattro anni, dal romanzo popolare di caduta e redenzione cominciato con le lacrime di un atleta, si è passati al racconto di una guerra sporca con in ballo soldi, potere e strategie geopolitiche.