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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

AVERE TITOLI A TASSO NEGATIVO? C’È UNA RAGIONE

Le economie avanzate stanno attraversando una stagione straordinaria, di fatto mai vissuta prima: quella dei tassi d’interesse a zero o addirittura sotto zero. Dare denaro allo Stato tedesco e pagarlo affinché lo conservi e ce lo restituisca tra dieci anni – è questo il senso del Bund decennale andato a rendimento negativo la settimana scorsa – non è normale ed è solo l’esempio più eclatante di una situazione apparentemente oscura in Europa, in America, in Giappone. Di fronte alla perversione del debitore che viene pagato per prendere i nostri soldi, una spiegazione almeno parziale occorre darsela. Anche perché in questa fase i maggiori beneficiari dei tassi a zero sono gli Stati: i privati approfittano poco degli interessi così favorevoli.
Il vantaggio di potere prendere a prestito senza pagare, o pagare sempre meno, è palesemente un vantaggio per tutti i governi, in particolare per quelli con il maggiore stock di debito. E per un’area come l’Eurozona che ha attraversato una crisi del debito portentosa tra il 2010 e il 2012, e ancora ne risente, è un beneficio sostanziale. Ma perché un investitore privato è disposto a dare soldi a uno Stato in cambio di nulla o addirittura in perdita? La risposta che di solito si dà è che c’è una fuga dagli investimenti rischiosi e si cerca un porto sicuro. Il che è vero ma, detto così, nasconde la realtà sottostante: gli investitori e soprattutto le imprese non trovano abbastanza opportunità d’investimento, soprattutto nella cosiddetta economia reale; con la conseguenza che grandi masse di liquidità vanno a comprare titoli degli Stati, soprattutto quelli più solidi, e spingono i tassi sempre più in basso. Detto diversamente: al fondo c’è qualcosa che non funziona nelle economie avanzate, qualcosa che non crea occasioni d’investimento.

Malattia strisciante. Certo, i rischi politici e geopolitici consigliano prudenza. Al fondo di tutto, però, ci sono probabilmente una caduta della capacità d’innovazione delle economie avanzate e una produttività che non cresce. Nonostante le apparenti scoperte tecnologiche, i dati internazionali indicano un rallentamento nella crescita della capacità di creare ricchezza reale. Quasi che una malattia strisciante abbia colpito l’Occidente e il Giappone, in gran parte impegnati a ridurre i debiti, a tenere alto il livello delle tasse, a introdurre nuove regole in economie già poco dinamiche. Problemi cronici diventati emergenza dopo la Grande Crisi e misurati da una temperatura sotto lo zero.