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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

CARTELLINO GIALLO PER I TELECRONISTI

Non lo dico io, ma un grande, grandissimo scrittore, Thomas Bernhard. Prendete appunti, imparate a memoria questo brano: «I telecronisti trattano sempre gli spettatori che sono stati loro affidati come se questi non fossero altro che dei cretini, nient’altro che incomparabili cretini, mentre costoro non sono mai così cretini, ma i telecronisti imperterriti spiegano sempre di preferenza ciò che per sua natura risulta quanto mai evidente, e cioè cose che non hanno bisogno di spiegazioni, eppure i telecronisti non smettono mai di spiegare, non smettono mai di indicare e non smettono mai di parlare. I telecronisti nel mondo del calcio non sono altro che ingranaggi vanesi per la produzione della chiacchiera, ingranaggi tenuti in funzione per tutto il tempo che dura una partita, e questo ingranaggio per la produzione della chiacchiera ripete sempre, partita dopo partita, le stesse cose…».
In verità, il brano originale (tratto da Antichi maestri) era un po’ diverso: al posto di telecronisti bisogna leggere le guide dei musei e al posto di partita di calcio il museo stesso. Uno scherzo, una provocazione ma a fin di bene, come direbbero quelli che vogliono salvare il mondo. Sta di fatto che i telecronisti (ma non vorrei fare di tutta un’erba…) parlano troppo, per non parlare delle cosiddette seconde voci, ormai avviate alla logorrea perpetua.
Ne sono l’ennesima prova questi Europei di calcio: come non capire che anche i silenzi parlano, come non sfruttare i rumori ambientali per una partecipazione emotiva non ossessivamente mediata? Tempo fa, mi è capitato di scrivere su Rivista Undici (del gruppo di Studio) questa osservazione: «Dalle origini in poi… le telecronache hanno privilegiato la funzione tautologica. Il valore argomentativo di tale prassi è quello di stabilire delle identità tra il video e l’audio, come se lo spettatore fosse un’analfabeta delle immagini, come se il cronista mettesse in dubbio la sua competenza a capire se X sta passando la palla a Y piuttosto che a X. La telecronaca, e questo è anche il suo aspetto più anacronisticamente affascinante, resta uno scomodo reperto archeologico. In fondo, considera sempre lo spettatore uno “spaesato” da accompagnare in una visita guidata: a destra si vede questo, a sinistra quest’altro e così via».
Non farò i nomi dei telecronisti preferiti né delle seconde voci che stimo di più, perché il problema non va personalizzato. La questione principale è altra: mentre dal punto di vista tecnologico c’è stata un’evoluzione straordinaria (l’alta definizione, in continua crescita), dal punto di vista della telecronaca siamo fermi da anni. Diventa sempre più necessario armonizzare i due universi, trovare una nuova liturgia, elevare la voce all’altezza dell’immagine.