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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

A CORLEONE GLI INCHINI A RIINA E IL “MAFIA TOUR” DELLA SINDACA

Pronunciata seccamente, la frase è una didascalia su una foto in bianco e nero degli anni 50: “La megghio parola è quella che non si dice’’, sentenzia serio Gianfranco Ruggirello, proprietario del bar di fronte al municipio di Corleone, impegnato a rimuovere il cartellone che pubblicizza la Galleria Corleone, luogo d’approdo dei suoi “mafia tour”, giri turistici sui luoghi set del Padrino: dalla chiesa in cui si sposarono Michael e Apollonia, alle trazzere di campagna teatro degli omicidi in cinemascope a colpi di lupara offerti ai turisti americani in cerca di emozioni forti. Peccato, però, che a Corleone Coppola non ha mai messo piede, come fanno notare i responsabili del Cidma, il Centro antimafia fondato da Giovanni Conso con i finanziamenti dell’Onu e le splendide foto di Letizia Battaglia, a meno di cento passi dal bar.
Il nostro è un messaggio di legalità inequivoco – giura Massimiliana Fontana, giovane corleonese alla reception – abbiamo i faldoni del maxi-processo e la stanza del linguaggio del corpo”. A spiegare cos’è ci pensa Emiliano, Cicerone gentile e disponibile: “Vede quella foto? È un morto ammazzato a faccia in giù con le mani in tasca: gli hanno girato il volto e sistemato le mani in quel modo per far capire che aveva parlato troppo”. Sarà così, anche se in trent’anni di cronaca nera non ce n’eravamo accorti.
Benvenuti a Corleone, dove l’impegno antimafia si dissolve nel business e dove a ricordare la fermata inopportuna di una processione sotto il balcone di casa Riina sono solo due lenzuoli con la scritta “non inchiniamoci”, appesi alla ringhiera della villa in piazza Falcone e Borsellino; poco lontano, una decina di anziani seduti su due panchine al giardino comunale non hanno dubbi: “Ha fatto bene il sindaco a querelare i giornalisti che ne hanno parlato”, dicono, convinti di difendere il buon nome di Corleone. Cento metri più avanti il municipio è segnato dal rischio di scioglimento per mafia per le relazioni pericolose di politici e funzionari, dopo che un avvocato del Comune ha scelto di non costituirsi parte civile contro i mafiosi con una motivazione inedita: “È stato il giudice a dirmi che la costituzione non sarebbe stata accolta”.
Il sindaco Lea Savona non ha battuto ciglio, e forse anche per questo, prendersela legalmente con i giornalisti deve esserle sembrato eccessivo: dopo una prima delibera in cui si dava mandato a un legale ne è arrivata un’altra, di revoca della prima, firmata sull’onda dell’indignazione dopo che su Facebook aveva condiviso un video di Vittorio Sgarbi, “indignato speciale” da 25 anni contro l’impegno civile antimafia, in questo caso avversario di chi vuole gettare fango su “Corleone e i suoi cittadini”.
Ovunque qui ci sono souvenir a tema: magliette con la faccia di Marlon Brando, bottiglie di amaro con un eloquente Don e calamite con il logo del Padrino, lo stesso che campeggia nelle foto che tappezzano il bar di Ruggirello, il quale non ha alcuna intenzione di toglierle, se non temporaneamente per sfuggire all’obiettivo di un fotografo, a cui ringhia: “Ora state esagerando”. Lui arrotonda gli incassi con i “mafia tour”, promossi dal sindaco Savona che gli ha assegnato senza delibera un intero piano di palazzo Sant’Agostino, lo stesso occupato da una mostra dell’Ansa sul tema della legalità: accanto a quei pannelli, gli uomini di Ruggirello piazzano ogni volta i loro “santini” con il volto del Padrino per illuminare gli ignari turisti a caccia di brividi mafiosi per la gioia della figlia di Totò Riina, Maria Concetta, amica su Facebook del sindaco Savona, anche se in “esilio” in Puglia. Un modo di consolarsi per l’insuccesso della vendita del libro del fratello Salvo; solo dieci copie rivela Claudio Di Palermo, titolare dell’unica libreria di Corleone, che ha tolto il volume dalla vetrina: “I corleonesi leggono poco e preferiscono non farsi vedere con quel libro”. Si consolano con la saga del Padrino, rievocata in modo virtuale, visto che l’appuntamento con la storia del cinema lo mancarono una mattina di 26 anni fa, quando in paese arrivò Al Pacino, accompagnato da Andy Garcia e Diane Keaton. Coppola girava in Sicilia Il Padrino – Parte III, e l’attore arrivò a Corleone il 1° aprile 1990 in cerca delle sue radici corleonesi: sua nonna materna era una Gelardi, famiglia di artigiani impegnati nella realizzazione di tegole in contrada Stazzone. Quella mattina Luciano Saporito riuscì a telefonare a casa Gelardi, ma sfortuna volle che a rispondere fu il patriarca, un nonno scontroso e diffidente che scambiò la visita dell’attore per un pesce d’aprile e buttò giù la cornetta. E Al Pacino andò via senza più rispondere alle disperate richieste dei familiari di rimediare alla gaffe.
di Giuseppe Lo Bianco, il Fatto Quotidiano 24/6/2016