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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

FRANCIA, TI GUARIRÒ


[Emmanuel Macron]

Sto parlando con un futuro candidato all’Eliseo? Emmanuel Macron ,39 anni, ministro francese dell’Economia, dell’Industria e del Digitale, si allarga in un sorriso e liquida l’argomento con un saluto elusivo: «Buon pomeriggio». Quando e se lo annuncerà non sarà comunque in questa splendida cornice di Palazzo Farnese a Roma, l’ambasciata del suo Paese, ma a Parigi ovviamente. E potrebbe essere a settembre, mese a cui rimanda per spiegare esattamente cosa sia il progetto del suo movimento politico “En marche!” (il 12 luglio ci sarà il primo meeting nella capitale) anche se i contorni sono già chiari e resta da capire se sarà il cavallo capace di farlo volare fino alla presidenza della République, ambizione mai confermata però nemmeno smentita. I sondaggi, dopo una spinta propulsiva prodigiosa durata un paio d’anni, lo vedono in difficoltà, un segno meno dovuto al suo appoggio alla Loi Travail che ha infiammato le piazze. Però è pur sempre tra i più graditi, discrete chance da giocare se non farà passi falsi. Soprattutto la carta d’identità che lo colloca nei pressi dei Matteo Renzi (lo cita più volte, lo incoraggia a proseguire con le riforme) con cui sembra aver stretto un patto generazionale.
Alle presidenziali mancano dieci mesi, eppure sono già centrali, a dispetto dei problemi contingenti, l’incubo terrorismo sugli Europei di calcio, gli scioperi, il disagio sociale e il montante populismo del Front National di Marine Le Pen. E a conferma della loro assoluta preminenza nella politica transalpina che Macron riconosce: «La Quinta Repubblica risponde alla logica presidenziale. Le istituzioni vengono per prime, i partiti vengono dopo, sono secondi». Letta come si deve, una dichiarazione di distanza con le primarie annunciate sia a destra sia a sinistra e attraverso le quali dovrebbe passare anche l’attuale inquilino dell’Eliseo François Hollande, novità assoluta sulla quale il rampante Macron non si sbilancia: «Il presidente della Repubblica non si è ancora pronunciato. Io non sono iscritto al partito socialista che ha deciso di organizzarle dunque non mi esprimo. Il mio scopo è un altro, occuparmi non di questioni personali o di partito ma di progetti e del mio Paese». Ritiene tuttavia che l’offerta politica in Francia sia «épuisée», esaurita e non saranno i partiti classici a rispondere a questo «esaurimento».
L’offerta nuova per lui è “En marche!”, un ponte lanciato tra i moderati di sinistra e di destra. Del resto perfettamente corrispondente a quanto diversi francesi delle due sponde pensano da tempo. E cioè di essere molto più vicini agli ex principali avversari che all’ala estrema del proprio campo. Tradotto: un républicain la pensa assai più come un socialista che come Marine Le Pen. Un socialista è più lontano da un radicale di sinistra che da un républicain. Insomma il bipolarismo ingessato da decenni sta evolvendo verso uno scontro tra forze “del sistema” contro forze “anti sistema”. Macron ascolta la diagnosi e vuole puntualizzare: «Non è esattamente così. Ma questa descrizione è comunque conforme all’intuizione che mi ha spinto a fondare il movimento. Quali sono oggi le grandi questioni su cui si deve fondare l’offerta politica? Anzitutto il rapporto col lavoro, come organizzarlo nell’impresa, come regolarlo, come correggere le disuguaglianze. Su tutto questo destra e sinistra sono divise al loro interno. Ci sono fronti progressisti e conservatori trasversali. Io sono di sinistra ma non ho nessuna paura di dire che mi sento più vicino a qualcuno di destra che condivide questi valori piuttosto che a persone di sinistra che sono contro l’Europa, per un conservatorismo economico e sociale, per una forma di economia della rendita, per una politica di lotta contro le disuguaglianze basata solo sulla fiscalità».
Togliere i troppi vincoli a un mercato del lavoro che «protegge i garantiti» e penalizza i giovani è la sua ossessione. La Loi Travail, che secondo il governo dovrebbe favorire gli esclusi, è però osteggiata proprio dai giovani. Basta vedere quelli che si sono organizzati nelle “Nuits debout”, le “Notti in piedi”, in place de la République come in altre città francesi. Macron ribatte: «Chi fa la “Nuit debout” poi va a dormire, non è in strada al pomeriggio». Come a sostenere che si tratta di “borghesi”, si sarebbe detto un tempo. Alla battuta fa seguire un ragionamento: «Sarebbe sbagliato negare che esistono tensioni forti e multiple. Ci sono sindacati come la Cgt - Force ouvrière che sono contro la Loi Travail, anche movimenti estremisti che considerano il governo traditore della gauche. E poi i casseur, i quali non difendono una causa politica ma vanno in piazza solo per sfogarsi attraverso la violenza. Però noto che i movimenti giovanili più strutturati hanno abbandonato la mobilitazione dopo le concessioni fatte dal governo».
Esiste, in Francia, quella che il ministro definisce «aristocrazia egualitaria», contro le disuguaglianze ma a tutela solo dei diritti degli insider. Tanto più pericolosa, questa posizione, in un momento in cui le disuguaglianze colpiscono in particolare i francesi figli di immigrati. L’ascensore sociale si è rotto per loro. E i motivi risalgono almeno a ieri. «Il modello assimilazionista è entrato in crisi da quando la Francia è uscita dagli anni d’oro del dopoguerra. I tassi di disoccupazione hanno cominciare a salire dagli anni ‘80. Che si tratti di bianchi francesi, bianchi stranieri, meticci, o magrebini la loro prospettiva è restare senza lavoro per lungo tempo. I figli degli immigrati hanno visto i loro genitori vittime di un sistema che li ha rigettati dopo che avevano lavorato duramente. E loro, se hanno nomi di assonanza musulmana, hanno quattro volte meno possibilità di trovare un’occupazione rispetto a un Michel o a un Édouard». Dunque bisogna intervenire, a suo parere, persino penalizzando le imprese che discriminano perché quei giovani di banlieue devono avere un orizzonte, anche per non cadere nelle tentazioni dell’islamismo. Forse è troppo tardi. Dieci anni fa, durante la rivolta delle aree disagiate, i ragazzi avevano rabbia perché volevano essere più francesi. Oggi alcuni di loro hanno preso una via senza ritorno. Ma Macron è ottimista: «Non credo sia troppo tardi. I governi precedenti avevano elaborato una risposta positiva, avevano investito per migliorare gli alloggi nelle periferie. Si tratta di andare oltre. Un giovane deve avere la possibilità di uscire dal suo ambito, deve poter trovare lavoro e casa anche nei bei quartieri di Parigi. Bisogna che chi vuole riuscire abbia la possibilità di farlo». E cita un esempio legato al controverso esperimento delle auto a noleggio Uber, fumo negli occhi dei taxisti: «Uber sta nelle banlieue. Ha dato lavoro a dei giovani che non avevano nessuna prospettiva. Questi giovani sono fieri di alzarsi presto la mattina e di rincasare tardi perché hanno un lavoro, un ruolo, una dignità».
Cioè faticano assai più delle 35 ore prevista da una legge criticata da Emmanuel Macron. L’uomo che rompe i tabù e si è fatto molti nemici. Al punto che il settimanale “l’Express” ha messo in fila tutti i suoi detrattori sotto il titolo di copertina “Qui veut sa peau?”, chi vuole la sua pelle?