Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 24 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - VINCE LA BREXIT ILSOLE24ORE.IT britannici hanno scelto Brexit e l’impatto su Europa e mercati, come temuto, è molto forte

APPUNTI PER GAZZETTA - VINCE LA BREXIT ILSOLE24ORE.IT britannici hanno scelto Brexit e l’impatto su Europa e mercati, come temuto, è molto forte. Il referendum in cui sono stati chiamati al voto 46,5 milioni di cittadini ha visto prevalere il «Leave» sul «Remain» per pochi ma significativi punti percentuali: 51,9% contro 48,1%. Smentiti così i sondaggi diffusi subito dopo la chiusura delle urne che disegnavano uno scenario esattamente opposto. Un punto di svolta non solo per il Regno Unito ma anche per la Ue, che ora affronta uno scenario politicamente inedito e carico di incertezze. Come prima conseguenza del voto David Cameron ha annunciato le sue dimissioni a ottobre in occasione del Congresso del partito. Le Borse sono in forte calo (qui la cronaca della giornata dei mercati in diretta). I mercati del Sud Europa - Milano, Madrid e Atene- come si temeva sono quelli più duramente colpiti, con ribassi superiori al 10 per cento. Paradossalmente, la piazza finanziaria meno colpita oggi è Londra. La Gran Bretagna però paga una pesante flessione della sterlina, che all’annuncio dei sondaggi dopo le 23 era schizzata a 1,50 dollari, ed è poi precipitata fino a 1,32, il livello più basso dal 1985 e un tracollo con pochi precedenti. Tutte le banche centrali sono in massima allerta: la Banca d’Inghilterra, ha detto il suo presidente Mark Carney, è pronta a iniettare 250 miliardi di sterline di liquidità per garantire il regolare funzionamento del mercato, alle prese con fortissime pressioni al ribasso. La Banca nazionale svizzera è intervenuta per fermare la corsa del franco, diventato una valuta rifugio dopo l’esito del referendum. Anche Bce e Fed sono pronte a intervenire. Ecco gli aggiornamenti in tempo reale di un venerdì drammatico per i mercati e l’Europa I MERCATI Apertura pesante a Wall Street. La decisione a sorpresa degli elettori britannici di lasciare l’Unione Europea dopo aver affossato i listini asiatici e quelli europei si sposta dall’altra parte dell’Atlantico dove le Borse americane hanno aperto in forte calo. Il Dow Jones e il Nasdaq hanno avviato le contrattazioni in flessione di circa il 3% . Crolla anche il petrolio che scende di oltre il 5% sotto i 48 dollari al barile mentre volano i beni rifugio come l’oro che viaggia oltre i 1.320 dollari l’oncia sui massimi da due anni. Negli Stati Uniti come in Europa sui mercati prevale nervosismo, volatilità, incertezza e corsa ai beni rifugio. Nonostante i cali non siano così marcati rispetto a quello che si è visto in Europa, si tratta comunque della peggiore apertura dal 1986 per l’indice S&P 500 e del calo maggiore dal 2011 per il Nasdaq. Citigroup e Morgan Stanley arretrano di oltre il 7%, Goldman quasi del 5%. In Europa, le vendite sull’azionario penalizzano soprattutto le Borse periferiche con Milano e Madrid in calo di oltre il 10%, mentre proprio Londra limita le perdite sostenuta da titoli minerari e farmaceutici (qui l’andamento dei principali indici europei). In un giorno, gli indici hanno azzerato il rally dell’ultima settimana: i mercati nelle ultime cinque sedute avevano scommesso con decisione su una vittoria del Remain, con lo Stoxx 600 che aveva guadagnato quasi l’8%. Oggi il reflusso. Rientra, invece, la tensione sugli spread che si allarga a 160 punti base, ma senza drammi. La sterlina recupera leggermente terreno dopo aver toccato i minimi da 31 anni. Acquisti sull’oro, giù il petrolio. Sull’azionario soffrono finanziari, assicurativi e bancari. L’Analisi I mercati crollano sul fallimento di leadership europea Scopri di più Istituti di credito nel mirino in tutta Europa E’ il settore bancario e assicurativo a essere nel mirino delle vendite più consistenti su tutti i listini azionari del Vecchio Continente: l’indice Eurostoxx dei bancari e quello delle compagnie di assicurazioni sono i peggiori (qui l’andamento dei settori europei). Le performance più pesanti sono quelle degli istituti britannici a cominciare da Barclays, Lloyds, Rbs con cali vicini al 20%. A Francoforte giù Deutsche Bank e Commerzbank che perdono oltre il 10% mentre a Parigi crollano Axa e SocGen. «Per il resto del giorno ci aspettiamo di vedere una estrema volatilità sui mercati di rischio - commenta Gareth Isaac, gestore obbligazionario di Schroders - ora che il risultato è chiaro, la reazione da parte di Banche centrali e politici sarà chiave per limitare le conseguenze negative». Per Ritu Vohora, Investment Director di M&G Investments, «le incertezze politiche ed economiche richiedono probabilmente un aumento nel premio al rischio azionario poiché i mercati assorbono le ramificazioni politiche ed economiche nei giorni e settimane a venire. Tuttavia - sottolinea - i broker hanno notato che c’è stata un’ingente accumulazione di liquidità negli ultimi mesi, che dovrebbe tornare ad essere investita quando i mercati si stabilizzeranno». A Piazza Affari Intesa Sanpaolo sui minimi dal 2014 e Unicredit dal 2012 Brexit 24 giugno 2016 Gestori e strategist evocano effetto Lehman, ma nessun panico Milano ha aperto la seduta con un calo solo in apparenza meno drammatico: -0,11%, condizionato però dalla raffica di sospensioni (qui l’andamento del FTSE MIB). Nelle primissime battute sul listino principale hanno fatto prezzo solo Recordati e Italcementi, man mano sono poi entrati in contrattazione nel corso della mattinata gli altri titoli e l’indice milanese si è prima allineato al resto d’Europa e poi è crollato fino a perdere oltre il 10%. Nel corso della seduta il FTSE MIB è sceso sotto quota 16mila punti tornando ai minimi dal febbraio scorso per poi recuperare leggermente terreno. Le vendite sono generalizzate su tutti i settori, ma le protagoniste in negativo anche a Milano restano le banche, continuamente fermate in asta di volatilità. Cali vicini al 20% per tutti gli istituti di credito quotati a Milano, con Monte Paschi che è arrivata a cedere quasi il 30% , Intesa Sanpaolo sui valori del 2014 e Unicredit sui minimi del gennaio 2012, toccati anche la scorsa settimana. Colpita Leonardo Finmeccanica visto che il Regno Unito rappresenta una componente importante del giro d’affari del gruppo aerospaziale. Tra i titoli italiani con la maggiore esposizione diretta al mercato britannico, in termini di fatturato, Equita segnala oltre a Leonardo Finmeccanica (14%), Yoox Net-A-Porter Group(16%), Prysmian (8%), Ferrari (7-8%), e tra le small/mid cap Technogym (10%), Brembo (8%), De Longhi (8%), Fila (5%), Ima(4%). Falk Renewables ha asset che generano il 40% dell’Ebitda. «Ci aspettiamo impatti negativi molto rilevanti nel breve sul settore azionario italiano e in particolare per i titoli del settore finanziario (banche, assicurazioni e asset managers) e i titoli industriali ciclici per un significativo aumento del premio al rischio - è il commento di Intermonte alla sorpresa Brexit - In termini relativi potrebbero performare meglio i titoli del settore utility, lusso e consumers meno esposti alla volatilità». IL CROLLO DELLA STERLINA Cambio contro dollaro da stanotte ad adesso Giu 2401:0002:0003:0004:0005:0006:0007:0008:0009:0010:0011:0012:0013:001,301,351,401,451,501,55 Crolla la sterlina, acquisti su dollaro e yen Corsa ai beni rifugio anche sul valutario, con la sterlina che crolla dopo il voto del referendum favorevole a Brexit e gli acquisti che premiano franco svizzero e yen. Forte anche il dollaro mentre l’euro è sotto pressione, visto che l’uscita della Gran Bretagna mette in serio pericolo la ripresa dell’economia europea. La sterlina nella notte è crollata di oltre il 10% a 1,32205 sul dollaro ai minimi dal 1985 per poi recuperare qualche punto (qui l’andamento del cambio). Il crollo di oltre il 10% in valore è il peggiore dal calo del 4,1% del mercoledì nero del 1992. La sterlina è scesa sui minimi da due anni anche contro euro a 0,8018 (qui il cross), con gli analisti che scommettono che nei prossimi mesi le due divise possano raggiungere la parità. Per quanto riguarda l’euro, sulla divisa europea pesano anche le imminenti elezioni spagnole in calendario domenica. brexit e zurigo 24 giugno 2016 Brexit, la Banca centrale svizzera interviene per frenare il franco L’euro è sceso sui minimi da marzo sul dollaro a 1,0934 per poi recuperare la soglia di 1,10. Acquisti anche sullo yen, considerato un bene rifugio: il dollaro è calato fino a un minimo di 99 yen (era da fine 2013 che non scendeva sotto i 100) prima di recuperare la soglia dei 102 yen . Il franco svizzero è balzato sui massimi da un anno contro euro e la Banca centrale svizzera è stata la prima tra le banche centrali a intervenire sulla sua divisa. Gli acquisti premiano anche il biglietto verde (a parte nel cross con lo yen): secondo gli analisti del Credit Suisse il rally del dollaro probabilmente continuerà con il dollaro/yen che potrebbe scendere sotto i 100 punti. L’unico elemento di cautela, sottolineano gli analisti, è dato dai possibili interventi delle banche centrali. Europarlamento: Juncker riassegni subito il portafoglio del commissario britannico Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker «riassegni il portafoglio del Commissario del Regno Unito (Jonathan Hill alla stabilità finanziaria, ndr) con effetto immediato». È quanto chiede la risoluzione congiunta firmata da S&D, Ppe, Liberali e Verdi che sarà votata durante la seduta straordinaria in programma martedì. Decade l’accordo di febbraio fra Unione e Uk. Juncker: «Ora Londra decida in fretta» «Ci aspettiamo ora che il governo britannico dia efficacia» alla decisione di lasciare l’Ue «presa dal popolo il più presto possibile, per quanto doloroso possa essere questo processo. Qualsiasi ritardo prolungherebbe l’incertezza, senza che ce ne sia la necessità». Lo dichiarano Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento, e Mark Rutte, presidente di turno del Consiglio Ue, riunitisi stamani a Bruxelles dopo il risultato del referendum britannico. «Abbiamo regole per affrontare la cosa in modo ordinato - continuano i quattro presidenti - l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea delinea le procedure che devono essere seguite se uno Stato membro decide di lasciare l’Ue. Siamo pronti a lanciare i negoziati rapidamente con il Regno Unito riguardo ai termini e alle condizioni del suo ritiro dall’Ue. Finché il processo dei negoziati non sarà concluso, il Regno Unito rimane un membro dell’Ue, con i diritti e gli obblighi che ne derivano». «Secondo i trattati che il Regno Unito ha ratificato, le leggi Ue continuano ad applicarsi in pieno al Regno e nel Regno, fino al momento in cui non sarà più un membro. Come concordato, il “nuovo accordo per il Regno Unito nell’Ue”, raggiunto nel Consiglio Europeo del 18 e 19 febbraio, non avrà effetto e cesserà di esistere. Non ci sarà alcuna rinegoziazione», concludono i presidenti. Merkel: «La Ue è forte». Lunedì vertice con Renzi e Hollande – di Al.An. La cancelliera tedesca Angela Merkel, nel commentare il risultato del referendum sulla Brexit, ha detto che l’Unione europea «è forte e darà la giusta risposta» alla decisione di oggi dei cittadini del Regno Unito. «Per questo mi impegno e metterò tutta la mia volontà assieme al mio governo», per far fronte a quanto accaduto. La Germania «ha un grande interesse e responsabilità nel fare in modo che l’Ue rimanga quella che è». Per questa ragione la cancelliera ha invitato «il presidente del Consiglio Ue Tusk, il presidente francese Hollande e il premier italiano Matteo Renzi ad incontrarci lunedì a Berlino per un colloquio». Martedì seguirà un incontro del Consiglio europeo con tutti gli altri leader dell’Unione. «Il nostro obiettivo - ha spiegato Merkel - dovrà essere quello di fare in modo che in futuro la Gran Bretagna diventi un partner dell’Ue, soprattutto nell’interesse dei nostri cittadini e della nostra economia». La cancelliera tedesca ha invitato i 27 Stati dell’Unione europea a non prendere decisioni «affrettate e semplici», ma a concedersi il tempo della riflessione dopo la Brexit. Le conseguenze della Brexit sul resto dell’Europa «dipenderanno in modo cruciale dal modo in cui noi, i 27 stati dell’Ue, ci mostreremo capaci in questa situazione di non tirare conclusioni affrettate e semplici dal referendum in Gran Bretagna, che divideranno ancora di più l’Europa», ha detto Merkel. Il vertice di lunedì a Berlino è in programma intorno alle 18. La partenza di Renzi da Roma dovrebbe avvenire nel primo pomeriggio. Sono in corso contatti per eventualmente ridefinire il calendario delle comunicazioni di Renzi al Parlamento su Brexit e Consiglio, previste sempre lunedì alle 11 in aula Senato e alle 15,30 in aula alla Camera. La City e la Ue: i banchieri preparano le valigie – di Al.An. (foto AFP) Con l’uscita dall’Unione Europea, la City di Londra si prepara a vedere migliaia di banchieri fare «armi e bagagli» e trasferirsi alla volta di Francoforte, Parigi o Dublino. L’attuale capitale finanziaria dell’Europa ospita numerose banche europee e americane, che vogliono restare nell’Ue; alcune di loro hanno addirittura partecipato finanziariamente alla campagna per il «Remain». Londra è stata fino a oggi la loro base per il mercato europeo, ma l’uscita dal mercato unico porterà diverse delocalizzazioni. La banca americana JPMorgan, che dà lavoro a 16mila persone nel Regno Unito, ha inoltre previsto di trasferire diversi dipendenti fuori dal Paese. «Potremmo aver bisogno di cambiamenti alla struttura della nostra entità legale europea e alla localizzazione di alcuni impieghi», ha indicato la direzione della banca in un memo interno. L’amministratore delegato Jamie Dimon aveva detto prima del voto che dai 1.000 ai 4.000 impieghi avrebbero potuto essere trasferiti. Anche Morgan Stanley è pronta a trasferire 2 mila dipendenti dalla sua sede di Londra in un altro Paese. Ne dà notizia la Bbc che cita fonti vicino alla banca d’affari. Fra le possibili destinazioni c’è l’Irlanda. Juncker-Tusk-Schulz: Ue avanti a 27 «L’Unione europea dei 27 Stati membri continuerà. L’Unione è il quadro di riferimento del nostro futuro politico». Lo affermano i presidenti di Commissione europea (Jean-Claude Juncker), Parlamento europeo (Martin Schulz), Consiglio europeo (Donad Tusk) e il primo ministro olandese presidente di turno della Ue (Mark Rutte), nella nota congiunta diffusa al termine della riunione tenuta per discutere della Brexit. «Siamo legati assiema dalla storia, dalla geografia, da interessi comuni e svilupperemo la nostra cooperazione su queste basi». I WILL DO EVERYTHING I CAN AS PRIME MINISTER TO STEADY THE SHIP OVER THE COMING WEEKS AND MONTHS BUT I DO NOT THINK IT WOULD BE RIGHT FOR ME TO TRY TO BE THE CAPTAIN THAT STEERS OUR COUNTRY TO ITS NEXT DESTINATION LONDRA – David Cameron lascia la guida del governo conservatore. Travolto dall’ondata Leave che ha sancito il distacco di Londra dall’Unione europea con il 52% dei voti a favore e il 48% contrario il premier britannico ha annunciato quanto lui stesso aveva detto di non voler mai fare: l’addio a Downing street. Esce con grande dignità e il suo gesto va rispettato ancorchè fosse inevitabile alla luce dell’esito di questa notte, ma, Cameron, esce nella polvere, travolto da un referendum che resterà sempre il suo storico errore, azzardo sulla pelle del suo popolo e dell’Europa intera. Lascerà entro ottobre per come lui stesso ha detto sull’uscio di Downing street per «pilotare la nave» in queste acque sconosciute nelle quali Londra ha deciso di avventurarsi. Mentre i mercati cadono, taluni con violenza inaudita, comincia così la nuova delicata fase della vita politica britannica. Sul piano della successione fra i conservatori, di eventuali nuove elezioni, di un Paese che marcia seriamente verso lo sfascio. La volontà scozzese di riproporre un referendum di indipendenza immaginata dalla leader nazionalista Nicola Sturgeon significa aprire di nuovo la partita della secessione e questa volta con l’obbiettivo esplicito di mantenere Edimburgo in Europa. Una priorità per lo Scottish national party egemone oltre il Vallo. Fremiti analoghi e assai piu pericolosi scuotono l’Irlanda del Nord. Ma nell’immediato è la partita interna al Tory party quella che pesa. Boris Johnson e Michael Gove marciano verso la leadership del partito avendo vinto la sfida di Leave di cui sono stati portabandiera. Brexit e downing street 24 giugno 2016 La scommessa vinta di Boris Johnson, da sindaco a premier in pectore Emerge con forza anche la figura di Nigel Farage, populista, eurofobo leader dell’Ukip. Se Londra è arrivata a questo il motore primo è stato lui. E lui ne rivendica il merito sventolando l’esplicito obbiettivo di affossare l’Unione europea tutta. A Farage e a quello che rappresenta l’Ue deve dare una risposta immediata, rilanciando compattezza e progettualità dell’integrazione europea, anche se Londra non ci sarà più. FACEBOOK Sulla Brexit mi limito ad alcuni dati statistici: tutta l’area inglese e gallese è a favore dell’uscita con percentuali fra il 59.2% (Midlands occidentali) e il 51.8 (Sud-est). Le roccaforte del no sono l’area metropolitana londinese (60% per rimanere) e la Scozia (62%). L’Irlanda del nord è al 55.8% per rimanere. La partecipazione elettorale non è stata uniforme: la media nazionale è del 72.2 ma hanno votato di più dove è prevalsa l’uscita. Più interessante è la disaggregazione per fasce sociali che qualche emittente ha tentato. Sembra che si profili una seria frattura per generazioni e status culturale. I ragazzi della generazione Erasmus, i ceti professionali e i residenti nelle aree urbane maggiori votano massicciamente Remain. Le campagne e i ceti salariati sono per l’uscita. La classe operaia sarebbe per due terzi a favore dell’exit. In sostanza: un Paese spaccato per linee di frattura sociali e per identità territoriali molto nitide. Rinvio a spaziolibero blog un’eventuale analisi nel merito politico di questa vicenda così rilevante (NICOLA RINALDO PORRO) https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10209669036580121&set=pcb.10209669037100134&type=3&theater Quindi la lingua "franca" dell’Unione Europea è la lingua ufficiale di nessuno degli Stati membri. (O meglio: solo dell’Irlanda come mi fanno notare).