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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

SEMAFORI PER SETTE

Carlo Ratti, direttore dell’Mit Senseable City labs, dice che in futuro, con l’uso delle auto che si guidano da sole, i semafori non serviranno più. Sulla base degli studi di Ratti e degli esperimenti che ha portato avanti a Boston, all’incrocio tra la Columbus e la Massachusetts Avenue, e a Singapore, le macchine intelligenti, cioè dotate di sensori che permettono una comunicazione continua tra i mezzi, potrebbero ridurre sia il traffico che la tipica concentrazione di polveri sottili facendone a meno. Invece in 12 incroci di Guiyang, in Cina, un esperimento condotto da Ntt Docomo, colosso telefonico giapponese, insieme all’Institute of Software Chinese Academy of Sciences, ha dimostrato che grazie all’adeguamento al traffico, in tempo reale, dei semafori, si è registrata una riduzione del tempo di passaggio di circa il 10%, con punte del 51% (Sideri, Cds).


Il primo tipo di semaforo, apparso il 10 dicembre 1868 a Londra, all’angolo tra Bridge Street e New Palace Yard: un segnale simile a quelli ferroviari, costituito da una lanterna a gas rotativa, montata su un palo di ferro alto quasi sette metri, che alternava una luce rossa a una verde. L’esperimento durò appena tre settimane: il 2 gennaio 1869 la lanterna esplose, ferendo agli occhi il poliziotto che l’azionava. Per molto tempo quel semaforo rimase l’unico di Londra e, quando fu rimosso, nel 1872, trascorsero cinquant’anni prima che se ne sperimentassero altri.


Nel 1912 Lester Wire, comandante della divisione traffico della polizia di Salt Lake City (Utah) - snervato dal traffico che stava aumentando in città - aveva installato al «suo» incrocio uno congegno simile al semaforo: una scatola di legno con delle lampade. In un primo momento, quella «casetta degli uccelli illuminata» venne accolta con indifferenza e con qualche sguardo di scherno. Ben presto però, la città riconobbe l’utilità del sistema.



Il primo semaforo a illuminazione elettrica venne installato a Cleveland, all’angolo fra la 105ª strada Est e la Euclid Avenue. Messo in funzione il 5 agosto 1914, disponeva di due sole luci, una rossa e l’altra verde.

Vittorio Zucconi: «Non c’era, in quel 1914 a Cleveland, alcuna necessità reale di scandire il transito con imperiosi segnali colorati. Con 469mila automezzi, autocarri inclusi, circolanti in una nazione grande quasi trentadue volte l’Italia, i guidatori delle prime Chevrolet, Dodge, Ford, Hup scoppiettanti lungo la Euclid Avenue e la 105 Street avrebbero potuto benissimo rallentare, fermarsi e concedersi la precedenza. Ma il ripetersi di incidenti, anche mortali nonostante la scarsa velocità, fino a tre al mese, e la frequenza di risse violente fra conducenti decisi a transitare per primi nell’incrocio, indusse il padre della fuligginosa città industriale sul Lago Erie a riesumare l’idea di un inventore inglese che già nel 1868 aveva tentato di installare segnali luminosi alimentati a gas in tre strade di Londra. […] Gli incidenti all’incrocio “maledetto”, come i giornali locali lo avevano subito battezzato introducendo un immortale luogo comune per generazioni di futuri giornalisti, si ridussero a un decimo».



Il primo semaforo a tre colori, installato nel 1920 a New York.


Il segnale luminoso di colore giallo, brevettato dall’afroamericano Garret Morgan, figlio di uno schiavo.


In Europa il primo semaforo si accende nel 1922 a Parigi. Poi, a catena, la novità fa la sua comparsa ad Amburgo, a Berlino, a Londra. In Italia occorre attendere il 1925 per vedere in azione il primo semaforo a Milano, all’incrocio tra Piazza Duomo, Via Orefici e Via Torino. Migliaia accorrono in piazza, dove ora c’è una rotatoria in cemento, per assistere all’evento. E subito ci si divide tra chi resta affascinato da quella «diavoleria che cambia i tempi della città» e gli scettici che sentenziano: «È’ un inutile marchingegno che dura minga...».


Nel 1929, l’ingegner Filippo Ugolini, vice comandante dei Vigili del Fuoco, inventore per diletto e padre fra l’altro del tassametro, si mette all’opera per collaudare anche a Roma quel nuovo strumento. L’esordio, come raccontano le cronache dell’epoca, non è dei più esaltanti, causando subito un tamponamento per via del repentino passaggio dal verde al rosso. Accanto al segnale luminoso se ne aggiunge così uno acustico. Ma il continuo scampanellio simile a quello adottato nei passaggi a livello, suscita le proteste dei residenti. Ugolini continua a sperimentare prototipi costruiti a sue spese: l’11 gennaio 1934, a Largo Goldoni, viene installato un semaforo a più luci, in cui il passaggio dal rosso al verde, e viceversa, è segnalato da una serie di lampadine che si spengono in progressione. E’ un successo, tanto che sul finire del 1934 la Commissione Traffico decide di installare altri 15 semafori come questo in altrettanti incroci. Per Ugolini, dirigente del Comune, arriva un attestato di benemerenza e un premio di duemila lire, insieme ad un riconoscimento in rima, omaggio di Trilussa: «O Ugolin che Filippo ti nomi, ingegner di gran voglia ben sei, per te scrivere fia d’uopo più tomi, tanto tu con tua scienza ci bei, poiché fosti inventore d’un don, tutt’in pro dell’onesto pedon».

Nel 1961 a Berlino venne installato il primo semaforo per i passaggi pedonali.

Enzo Bianco, sindaco di Catania, nel gennaio 2016 ha inaugurato un semaforo pedonale a chiamata. Premendo l’apposito pulsante, il semaforo fa scattare il verde immediatamente alla prima chiamata e dopo 20 secondi per le altre. Costo: 20 mila euro.



Nei semafori, secondo una convenzione universalmente riconosciuta, si possono accendere solo tre colori: il verde, il rosso e il giallo. Ma non tutte le Nazioni utilizzano la sequenza cromatica allo stesso modo. Se in Italia il giallo segnala l’imminente obbligo di stop, in altri Stati viene usato anche in combinazione con il rosso per indicare l’avvicinarsi del via libera.


Indovinello. Per un traffico cittadino più scorrevole, è meglio che i rossi e i verdi dei semafori durino molto o durino poco?
Soluzione. E’ meglio che durino molto, in modo che vi siano meno periodi di "sosta assoluta" (semaforo giallo) in cui tutti i veicoli stanno fermi. Se i rossi e i verdi durano poco e si succedono con troppa frequenza, la somma dei tempi morti (semaforo giallo) diventa significativa e incide sulla fluidità del traffico.


In un campus universitario giapponese si è osservato il comportamento delle cornacchie nere quando il semaforo della strada accanto diventa rosso: volano sulle strisce pedonali e depositano lì delle noci, al segnale verde tornano sul marciapiede e aspettano che le auto passando schiaccino le noci; quando poi le auto si fermano, tornano sulle strisce a recuperare le noci aperte.

In Russia la vita in città ha costretto gli animali randagi a sorprendenti adattamenti. I cani che girano da soli, per esempio, hanno imparato ad attraversare le strade quando scatta il semaforo verde per i pedoni.


In Spagna, a Fuenlabrada, città di 190mila abitanti a sud di Madrid, nel 2007, nell’ambito del programma «Uguaglianza dei diritti nella sicurezza stradale», sono entrati in funzione quattro nuovi semafori dedicati alle donne, con la sagoma femminile, capelli lunghi e gonna, che si alterna al più classico omino. Ache a Valencia, nel 2016, alcuni omini dei semafori sono stati sostituiti da sagome femminili.

In Germania i primi semafori dove il pedone è raffigurato da una figura femminile hanno debuttato a Colonia nel 2009. A Zwickau, cittadina della Sassonia, è possibile vedere sui semafori, oltre a Ampelmann, l’omino verde o rosso, la donnina in trecce e gonna larga.

A Londra in questi giorni (giugno 2016) l’omino verde che segnala ai pedoni la possibilità di attraversare la strada non è più solo, ma in compagnia di un suo simile. Da alcuni giorni a Trafalgar Square una cinquantina di semafori si illuminano con due "omini" stilizzati che camminano mano nella mano. L’unione delle loro mani, poi, forma un cuore. Uomini con uomini, donne con donne: è l’ultima iniziativa del nuovo sindaco Sadiq Khan per sostenere la comunità Lgbt. Un’installazione temporanea realizzata in collaborazione con la Siemens in occasione del Gay Pride Festival.

In Germania l’ultima novità in fatto di semafori, per garantire la salvezza dei pedoni moderni sempre con lo sguardo rivolto al cellulare: i semafori a terra. Luci verdi e rosse sono state installate sull’asfalto, in due incroci, in modo da essere più visibili ai pedoni distratti con lo sguardo verso il basso fisso sullo smartphone.

Nella primavera 2017 la Comunità montana valli del luinese, per evitare incidenti causati da animali selvatici, installerà sei semafori che «urlando» terranno cinghiali cervi caprioli eccetera lontani dalla strada. I sei impianti anticollisione, così vengono definiti, saranno posizionati la prossima primavera a Gemonio, Cuveglio, Porto Valtravaglia, Mesenzana, Germignaga, Luino su strade provinciali circondate da boschi. Il costo è di 480mila euro, finanziati dalla Fondazione Cariplo. Secondo l’esperto Federico Pianezza l’impianto, realizzato da una ditta di Bologna, funziona bene e dove è stato applicato gli incidenti sono praticamente spariti. I sensori installati hanno due funzioni: da un lato segnalano la presenza dell’ostacolo all’automobilista tramite un cartello luminoso. Se la vettura non diminuisce la velocità, entra in azione un sensore che fa scattare l’altoparlante che diffonde i rumori «scacciabestie». Dal 2000 a oggi gli animali hanno causato 440 incidenti stradali di cui 130 nel 2015 (nel 2000 furono solo 13).


A Johannesburg, in Sudafrica, nel 2011 furono rubati in pochi giorni quattrocento semafori ad alta tecnologia. Motivo: contenevano Sim card dotate di credito telefonico che potevano essere usate per chiamare.

A Thimphu, capitale del Bhutan, non esistono semafori. Il traffico è regolato esclusivamente dai vigili.

«Quando siete fermi al semaforo aspettando il verde, provate a vedere il colore dei vestiti delle persone ai vostri lati che stanno per attraversare la strada: aumenterà la vostra visione periferica. Nell’ultimo stage a Cipro dell’Uefa abbiamo fatto un test in questo senso». (Pierluigi Collina, nel 2011, durante una lezione agli arbitri della sezione romana)

Barbara Bonanni, vice sovrintendente alla polizia stradale di Pisa, ha riportato nel libro Lo scusario dell’automobilista le bugie dei multati raccolte in anni di servizio in pattuglia. Esempio: «Sono passato col rosso, è vero, ma il semaforo era quasi verde».

A Napoli, essendosi fermato al semaforo, e sentendo che dietro gli suonavano, Marcello Veneziani si girò e si sentì dire: «Vai, vai che è rosso fresco».

ATTENZIONE: le cose che seguono, uscite su Il Giornale nel 2008, sono molto carine ma per quelle che ho messo in rosso non trovo riscontri, non vorrei fossero cazzate:

In una vita il semaforo ci porta via 1825 giorni (l’orgasmo solo 16 ore). (Massimo M. Veronese, Il Giornale 10/12/2008)

Il semaforo «ammazza un milione e mezzo di persone l’anno» (ibidem)

«In Indonesia, chi non lo rispetta, è obbligato a un centinaio di flessioni sul posto; in Iran, dove passare col rosso è come bestemmiare Maometto, ti becchi una decina di frustate sui malleoli; in Belgio è lui che ti spia da lontano e se ti vede che arrivi a manetta scatta in anticipo sul rosso anche se in giro non c’è anima viva; in Sudafrica sostituito con gli esorcisti. Perché dicono che a certi incroci a provocare gli incidenti in realtà sono i fantasmi de li mortacci di quelli che ci sono rimasti» (ibidem).

«In questi anni gliene hanno fatte di tutti i colori. A La Spezia c’è chi lo ha agganciato alla tv per risparmiare sulla luce, a Buenos Aires sono arrivati a rubarne 50 al giorno per rivenderli alle fonderie di alluminio, a Mosca li hanno accompagnati con il trillo di un usignolo finto per i ciechi fino a quando gli usignoli, quelli veri, che passavano di lì non hanno fatto strage di pedoni, a Stoccarda un tipo se l’è persino leccato e c’è rimasto appiccicato con la lingua. Solo un americano, Jason Niccum, se l’è fatto amico: con una diavoleria elettronica acquistata su ebay e usata dai vigili del fuoco cambiava luce ai semafori lungo la strada come Mosè sulle acque. In ufficio era l’unico puntuale» (ibidem).