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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

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1 Travaglio M’è scappato un pro
M’È SCAPPATO UN PRO –
Nel film di Steno I tartassati, Totò è un commerciante di abbigliamento nonché evasore fiscale e Aldo Fabrizi un maresciallo della Tributaria che lo incastra. Totò fa di tutto per entrare nelle sue grazie: gli spedisce a casa un televisore e un frigorifero (ma sbaglia indirizzo e i pacchi arrivano alla cognata), si finge cacciatore per seguirlo nelle sue battute con la doppietta (e combina altri disastri). Poi gli pare di intuire, da un suo discorso sulla “buonanima”, che il maresciallo sia un nostalgico del Duce e si tuffa a pesce: “Eh la Buonanima! Quando c’era Lui i treni arrivavano in orario! Italianiiii!”. Poi intona un “Maresciallo, maresciallo…” sull’aria di Giovinezza. Ma c’è un equivoco. “Ma cos’ha capito?”, si dissocia inorridito il sottufficiale: “io parlavo della buonanima di mia nonna. Guardi che io sono anti!”. E Totò, con agile guizzo: “Anch’io! Mi sarà scappato un pro, ma sempre stato anti!”.
È quello che accade sempre in Italia a ogni cambio di stagione. Tutti fascisti, poi antifascisti, poi democristiani, poi comunisti, poi craxiani, poi dipietristi, poi berlusconiani, poi montiani, poi renziani. E ora arrivano i 5Stelle e i più non sanno cosa mettersi addosso. Ma si può vivere così? La Stampa, renzianissima fino all’altroieri come i suoi editori Elkann e Marchionne, ha atteso il dopo-ballottaggi per rinfacciare a Renzi tutti i suoi errori che qualcuno – anche noi, nel nostro piccolo – aveva notato e segnalato per tempo. Un giornale ancor più renziano, Repubblica, ha scoperto all’improvviso di avere in casa un fuoriclasse come Alberto Statera (scomparso da mesi) e gli ha affidato un fantastico articolo sullo strapotere dei palazzinari romani dall’Unità d’Italia all’arrivo dei castigamatti pentastellati.
Poi ha riposto in cantina quel che resta di Fassino e s’è tuffata sull’Appendino con una bombastica intervista al banchiere Enrico Salza, l’ex presidente del comitato di gestione di Intesa San Paolo che faceva e disfaceva sindaci e giunte e che alla vigilia del ballottaggio avvertiva: “Fassino non può non vincere, altrimenti finiscono Torino e il Piemonte”. Ora invece rincorre il carro del vincitore, anzi della vincitrice: “Proprio con Chiara il sistema Torino può rilanciarsi”. Però, che agilità. Il presidente di Fiat-Fca John Elkann aggiunge che “Torino ha sempre avuto un buon governo e serio, come negli ultimi cinque anni con Fassino. Sono sicuro che col nuovo sindaco potremo raccogliere la tradizione di Torino”. Cioè spera che non cambi nulla: il contrario di quel che auspicano i torinesi.
Frattanto il direttore di un giornale ancor più renziano di Stampa e Repubblica, Il Foglio, dà un altro consiglio all’amato Matteo, come se non bastassero i disastri nati dai consigli precedenti: “Scommetta sulle Raggi e le Appendino del Pd” (e chissà mai chi saranno). Avvenire, giornale dei vescovi, nel 2013 scomunicava i 5Stelle: “Non ci si può sentire estranei al Paese, come sembra riemergere proprio con i ‘grillini’, e tornare d’attualità con la furia distruttrice di una formazione che disprezza molte espressioni di una nazione ‘in macerie’ e punta a conquistare le leve del comando per cambiare il mondo”. Ora invece il direttore Marco Tarquinio elogia Virginia e Chiara, “molto intelligenti e istituzionali”. L’Unità, pur continuando a dipingere i 5Stelle come un incrocio fra Hitler e Al Baghdadi (“Europa, Shoah, Isis: la compagnia di Grillo fa paura. L’antisemitismo, Farage, i jihadisti”), si accorge buon’ultima che “il Pd arretra, il centrodestra cresce e successi storici per i 5Stelle” e invita il M5S a votare Sì al referendum perché “gli conviene” (buonanotte). Ma il M5S, udite udite, comincia a piacere pure a Renzi, ammirato dalla sua “carica di cambiamento” e sempre più schifato dal Pd (lanciafiamme!). Secondo Repubblica e il Messaggero, il premier starebbe pensando di ritirare il ritiro annunciato in caso di vittoria del No al referendum, come gli suggerivano Bersani e D’Alema, e pure Di Maio.
Alla Rai si attendono i palinsesti e le nomine nei tg. E chi aveva faticosamente guadagnato la pole position cancellando le tracce del suo passato berlusconismo, tra qualche mese potrebbe dover ricominciare daccapo, dando prova di un discreto tasso di grillismo nel sangue. Tanto lì, come diceva Gaber, “passare alla cassa conta più che passare alla Storia”. Francesco Storace, da presidente della Vigilanza Rai, raccontava di quei funzionari che tenevano sempre in tasca due foto: quella del nonno fascista alla marcia su Roma, e quella dell’altro nonno (o forse era sempre lo stesso) partigiano col fazzoletto rosso al collo. Ma poteva funzionare nell’Italia bipolare: due blocchi politici, due nonni. Ora che il sistema è tripolare, un terzo nonno grillino sarebbe poco credibile, anche perché i 5Stelle sono troppo recenti. Ma niente paura: le famiglie sono numerose. Pare che nei corridoi Rai gli eterni voltagabbana siano pronti a esibire le foto del nipote pentastellato che sfila in piazza per la decrescita felice, pur di evitare che la propria carriera abbia una decrescita infelice. Altri, appena vedono Carlo Freccero – fino all’altroieri murato vivo negli scantinati dopo l’editto bulgaro e quelli nazareni – corrono ad abbracciarlo e a chiedergli un selfie. E c’è pure chi rovista furiosamente nella cassapanca in soffitta, a caccia del biglietto di un vecchio spettacolo di Grillo acquistato negli anni 80.
Alle brutte, c’è sempre quel cugino di terzo grado che un giorno incrociò Casaleggio sul Frecciarossa e gli chiese un autografo, o l’amicizia su Facebook. “Renziano io? Mi sarà scappato un pro, ma sempre stato contro!”.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 23/6/2016