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 2016  maggio 29 Domenica calendario

IL CERVELLO È CRESCIUTO TROPPO IN FRETTA

Sta succedendo qualcosa di molto interessante nel campo delle malattie mentali. La ricerca della base genetica di un paio di quelle sembra rivelare che da un certo punto di vista il nostro cervello è cresciuto un po’ troppo in fretta, evolutivamente parlando, e noi ne stiamo pagando il prezzo. Una nozione questa, tanto interessante quanto inquietante. Pur considerando che non possiamo sapere quasi niente dei disturbi mentali degli animali non umani, non può non colpirci la relativa abbondanza di disturbi psichici o psicologici che affliggono i membri della nostra specie, nonché le complicazioni diagnostiche e terapeutiche che molti di essi comportano. È abbastanza ovvio che una malattia psichica non può essere semplice e inconfondibile come una malattia puramente organica, ma potrebbe esserci sotto qualcosa di più.
Una di queste malattie è l’autismo, una condizione patologica che influenza sfavorevolmente, fin da ragazzi, la vita di relazione degli individui affetti e, nei casi più gravi, può arrivare a compromettere la loro capacità di comunicare o addirittura di riuscire a farsi un quadro appropriato del mondo circostante. Anche se non tutte le forme hanno sintomatologie gravi, ed esistono pure degli autistici adulti ben inseriti nella società e nella comunità produttiva, una famiglia nella quale cresca un ragazzo autistico si preoccupa molto seriamente e cade facilmente in preda allo sconforto. Certi tratti tipici di questo disturbo sono comuni a molte forme ma si tratta chiaramente di una patologia piuttosto diversificata, sia qualitativamente sia quantitativamente, al punto che oggi si preferisce parlare di disturbi appartenenti allo spettro autistico (Asd, autistic spectrum disorders ) piuttosto che di autismo tout court . In linea di principio è anche possibile che forme di gravità diversa abbiano cause diverse.
Fra le cause invocate figura certamente la genetica, anche se la trasmissione del disturbo non punta verso l’indicazione di una precisa natura ereditaria. Negli anni si è cercato di associare qualche regione del genoma a questa o quella forma di autismo ma i risultati sono stati scarsi e, soprattutto, non riproducibili. Un vero peccato, perché lo sforzo è stato veramente enorme. In tempi più recenti si è appurato, non senza contrarietà, che i difetti genetici associabili a casi diversi di autismo sono molto eterogenei. Si tratta spesso di difetti strutturali o microstrutturali di questa o di quella regione del genoma degli individui affetti ma tali difetti sono tutti diversi. Ciò rende estremamente difficile ogni tentativo di diagnosi precoce o prenatale e non costituisce una buona premessa per una soluzione imminente del problema, nemmeno per quanto concerne il solo aspetto conoscitivo. Per difetti strutturali e microstrutturali si devono intendere lesioni più o meno estese, ma sempre contenute, a carico del Dna intorno a questo o quel gene, o anche in regioni genomiche lontane da ogni gene conosciuto.
Si è visto in sostanza che molte forme sono associate a microscopiche soppressioni di regioni genomiche o, al contrario, a duplicazioni delle stesse, e queste alterazioni sembrano tutte diverse da un caso a un altro. Da una parte, ciò è in sintonia con la variabilità clinica delle varie forme, dall’altra questo fatto non fa ben sperare per una futura identificazione delle cause della malattia. A meno che non si tratti di regioni genomiche diverse, ma tutte associate a geni appartenenti alla stessa famiglia e aventi quindi funzioni analoghe.
Una recente vastissima analisi dell’intero genoma di persone affette e non affette da autismo ha confermato e generalizzato il quadro. Si è visto inoltre che le diverse microalterazioni sono localizzate in regioni genomiche contenenti fin dalla nascita ripetizioni più o meno estese di sequenze di Dna. Laddove ci sono ripetizioni di sequenze di Dna, simili anche se non identiche, è più facile che compaiano soppressioni o duplicazioni geniche, perché in esse si vengono spesso a creare dei veri e propri «pizzicotti», risolti poi con un impietoso taglio di frammenti di Dna. Le diverse cause genetiche dei vari autismi potrebbero essere quindi una conseguenza, imprevista e tutto sommato imprevedibile, della struttura di certe regioni genomiche, il cui effetto si fa sentire prevalentemente nel controllo del funzionamento del cervello. Quelle regioni sarebbero quindi il risultato dell’evoluzione genetica disordinata che ha accompagnato l’incremento della massa del nostro cervello che, ricordiamolo, è aumentato di tre volte in «solo» un paio di milioni di anni.
Nello stesso tempo, un grande passo avanti è stato compiuto di recente verso la comprensione del fenomeno schizofrenia, la più tristemente famosa delle malattie psichiche, la psicosi per eccellenza, che colpisce intorno all’1% della popolazione mondiale, e deteriora in modo intermittente o permanente le facoltà mentali degli individui affetti e ne turba a volte disastrosamente il comportamento.
Si sa da tempo che il disturbo possiede una grossa componente genetica ma la sua natura non è a tutt’oggi nota, anche se ci sono molte indicazioni del fatto che lo schizofrenico possieda un cervello un po’ anomalo: la corteccia cerebrale in particolare sembra leggermente più sottile e presenta qualche problema anche a livello delle cellule nervose di cui è composta. In passato sono stati riportati numerosi esempi d’individuazione di specifiche regioni genomiche associabili all’occorrenza del morbo ma nessuna si era rivelata fino a oggi affidabile.
Le cose sembrano cambiate con un nuovo spettacolare studio che ha scandagliato l’intero genoma. Si è visto che esiste una regione del nostro genoma che è associata alla schizofrenia molto più strettamente di altre; si tratta del cosiddetto Complesso Maggiore di Istocompatibilità, che nell’uomo prende il nome di Hla, e che viene studiato tra le altre cose per determinare la compatibilità dei trapianti di tessuto o di organo. Le sue dimensioni sono enormi, 3,6 milioni di nucleotidi, ma i geni in esso contenuti sono stati in passato molto studiati. In particolare, uno di questi sembra implicato nella strutturazione e nel mantenimento della connettività fra neuroni diversi della corteccia cerebrale.
Non entro in dettagli perché molti risultati sono da confermare ma c’è un fenomeno che ci può interessare nel quadro del discorso che stiamo facendo: casi diversi di schizofrenia, associati a fenomeni di severità molto diversa, sembrano associati a differenze quantitative nella produzione di certe proteine. Queste differenze quantitative paiono ascrivibili, a loro volta, a microalterazioni del Dna delle regioni genomiche limitrofe ai geni che le producono. Anche qui, insomma, si osserva una presenza di regioni genomiche contenenti ripetizioni più o meno numerose di corte sequenze di Dna. Qualcosa, insomma, di molto simile a ciò che è stato osservato per l’autismo.
Per questo ci possono essere almeno due tipi di spiegazioni. Secondo la prima, le regioni limitrofe a geni importanti per il funzionamento del cervello «richiedono» una particolare struttura consistente in una serie di duplicazioni di sequenze di Dna. Oppure ciò non è vero ma le dette strutture sono solo il risultato di una tumultuosa espansione di quelle sequenze al momento del notevole aumento della nostra massa cerebrale. Altri dati genetici, vecchi di decenni, sembrano puntare nella stessa direzione: crescere in fretta comporta i suoi problemi. Abbiamo forse un cervello troppo grosso o cresciuto troppo alla svelta. Almeno adoperiamolo.