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 2016  maggio 28 Sabato calendario

DONNE RIBELLI SUL FRONTE DEL PORNO


L’ultima a fare notizia parlando di porno femminile è stata l’attrice americana Susan Sarandon, che all’ultimo Festival di Cannes non si è fatta scrupoli nel dichiarare che, in scarsità di scene di sesso credibili dirette da uomini, a ottant’anni diventerà lei stessa una regista porno. Una provocazione che ha rimbalzato sui giornali e siti internet così tanto da rendere lecito il sospetto che quella del porno femminile non sia solo una questione di genere.
Quando si prova a parlarne la prima domanda che salta fuori è quasi sempre: nel senso di diverso da quello maschile? Cerchi di spiegare che in parte sì, è diverso da quello maschile, e in parte no, è sempre porno, solo girato da donne. Ti chiedono: ma è femminista? Dici che sì, può anche esserlo, e che no, non deve esserlo per forza. Più ti sforzi di spiegare, più ti accorgi che i tuoi interlocutori mancano di ogni immaginazione. E la colpa non è necessariamente loro. Non è un caso che ad accendere azioni e intenzioni delle registe che a un certo punto hanno deciso di fare porno femminile sia stata prima di tutto la mancanza: mancanza di film porno che le eccitassero.
Com’è vero che di importanti film porno è costellata la storia del cinema, è altrettanto indiscutibile che un bel film porno sia più l’eccezione che la regola e che il genere sia sempre stato dominato da brutti film tutti abbastanza simili tra loro, girati quasi esclusivamente da uomini e soprattutto in grande economia (di talento prima ancora che di soldi). Ribellandosi più all’omologazione che all’esclusione di genere, alcune donne si sono dette: perché invece di criticare non proviamo a girare anche noi i nostri film porno?
Il porno femminile è nato più o meno così, in luoghi e tempi diversi, con esiti che spaziano dalla videoarte al soft porn ai film porno belli e buoni, ma con una trama, scene di sesso e fisici credibili, bravi attori, una regia e tutto quello che il cinema richiede.
«La gente si è stancata del porno mainstream», ha dichiarato pochi giorni fa al quotidiano inglese Mirror la regista e produttrice di soft porno per donne Erika Lust. «Le nuove generazioni hanno gusti più ampi e diversi dei nostri. Vogliono realismo, vogliono che la loro sessualità venga rappresentata, vogliono vedere persone, contesti e tra me in cui riconoscersi». Svedese di nascita e spagnola di adozione, Erika Lust si è affermata negli ultimi quindici anni producendo e dirigendo lungometraggi e corti, scrivendo e pubblicando la prima guida al cinema erotico per donne Per lei (Pink Books, pp. 190, euro 18), distribuendo il meglio della produzione internazionale di porno femminile (acquistabile online nella sezione store del sito erikalust.com). Il suo libro inizia così: «Eccoci qui, finalmente siamo arrivate noi donne a cambiare il porno».
Prima, insieme e dopo di lei è facilmente riconoscibile una scena di registe che si è messa al lavoro per cambiare il porno. Vengono in mente i nomi di Mia Engberg in Svezia, Annie Sprinkle e Candida Royalle negli Usa, Le Ragazze del Porno in Italia (collettivo di registe che ha appena prodotto i due cortometraggi Insight, diretto da Lidia Ravviso e Slavina, e Queen Kong, diretto da Monica Stambrini). In Francia il censurato Baise-moi di Coralie Trinh Thi e Virginie Despentes in poco più di quindici anni è diventato un film di culto, sulla cui scia si sono mosse dieci registe (non porno), autrici della raccolta di corti e mediometraggi erotici X-Femmes.
Dichiaratamente porno è il lavoro della giovane regista francese Lucie Blush (luciemakesporn.com). Spiegandole ragioni per cui si è messa a fare porno, Blush ne dà una definizione essenziale e ineccepibile: «Il porno è sesso sullo schermo». Come altre registe prima di lei, Lucie ha iniziato perché trovava il mainstream poco verosimile e per niente eccitante: «I modelli rappresentati dai film convenzionali non riflettevano affatto la realtà del sesso, e nemmeno il piacere che il buon sesso può procurarci», spiega. «Che non c’entra niente con quanto grandi sono le tue tette, o con quanto a lungo il tuo partner riesce a eiaculare». Cambiare il porno e farne uno migliore diventa, in questo come in altri casi, un’esigenza personale, potenzialmente utile tanto alle donne quanto agli uomini.
Se le donne sono le prime ad annoiarsi o a trovare poco sexy i soliti prodotti girati dagli uomini, d’altra parte non vogliono fare dei porno che siano poco eccitanti per i maschi. Dice ancora Blush: «Il porno mainstream è solo una delle prospettive possibili. Ed è una prospettiva unicamente maschile, quando il sesso è qualcosa che dovrebbe fare godere tutti».
Tra le registe citate la Blush è tra le più radicali, una di quelle che non hanno paura di fare porno e dirsi femministe: «Io personalmente non ci vedo nulla di malsano. È solo sesso: una cosa che tutti amano, tutti fanno e tutti guardano. Il porno femminista è un porno che rispetta attori, personaggi e pubblico. Richiede che l’ambiente in cui si lavora sia ottimale, cerca costantemente il piacere di tutti e prevede che tutti vengano pagati in modo equo».