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 2016  maggio 30 Lunedì calendario

ARMANI E LA FUSIONE ANAS-FERROVIE: "TRE TAPPE PER ARRIVARE SUL MERCATO" – [Intervista] – Sulla scrivania di Gianni Armani, nell’ufficio di presidenza dell’Anas, giacciono decine di dossier e una pila di 10 faldoni

ARMANI E LA FUSIONE ANAS-FERROVIE: "TRE TAPPE PER ARRIVARE SUL MERCATO" – [Intervista] – Sulla scrivania di Gianni Armani, nell’ufficio di presidenza dell’Anas, giacciono decine di dossier e una pila di 10 faldoni. "Sono le pratiche alla mia firma arrivate questa mattina. Questo è il lato oscuro della pubblica amministrazione, la burocrazia e l’effetto-cascata del carico di responsabilità. Spero che presto, nell’interesse del paese, l’Anas esca dalla Pubblica amministrazione. Abbiamo entrambi bisogno di crescere". L’uscita è già programmata. Avverrà con il conferimento delle azioni Anas alle Ferrovie. Le Ferrovie dello Stato sono già fuori dal perimetro della pubblica amministrazione e quindi possono muoversi con regole e logiche di mercato, raccogliere capitali e remunerare eventuali investitori futuri. L’operazione dovrebbe completarsi entro dicembre, dopo che in autunno avrà avuto via libera la scelta di un regime tariffario, per dotare la società di risorse raccolte in proprio, e risolto il nodo dei 9 miliardi di contenziosi che gravano sul bilancio. Presidente Armani, l’asfalto delle strade si unisce al ferro delle rotaie. Come è nata l’idea delle nozze tra Ferrovie e Anas? "È nata di ritorno dall’Iran, dopo un viaggio compiuto con una delegazione italiana che cercava accordi commerciali con Teheran, in vista della fine delle sanzioni e dell’embargo. Renato Mazzoncini, ad di Ferrovie, ed io c’eravamo trovati a discutere con una controparte interessata a treni e strade. Da un parte del tavolo un interlocutore integrato; dall’altra parte, la nostra, due distinti soggetti. Durante il viaggio verso Roma ci siamo detti che la cosa non poteva continuare così. Facciamo in parte lo stesso lavoro, prima che siano posati i binari bisogna fare la massicciata, che altro non è che una strada su cui poi si mettono le rotaie. Pensare insieme i progetti è utile, avere logiche diverse è demenziale. Oggi il paradosso è che noi gestiamo le interferenze tra treni e strade. Un esempio: dobbiamo fare un cavalcavia per superare i binari, nasce un conflitto, i lavori si bloccano. Treni e strade possono essere invece una sinergia, si può pensare una circonvallazione stradale che termina dove c’è un treno. Con Ferrovie- Anas questo accadrà". L’Anas questo percorso verso il mercato poteva farlo anche da sola. Perché unirsi alle Ferrovie? "C’è anche una ragione pratica, costituita appunto dalla possibilità di liberarsi dai lacci della pubblica amministrazione. Le Ferrovie sono fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, non hanno i blocchi di spesa che abbiamo noi. Unirci quindi è per noi un acceleratore di efficienza. Con il conferimento delle azioni a Ferrovie in pratica noi cambiamo azionista. Prima c’era il Tesoro, ora le Ferrovie. I vantaggi? Quelli operativi sono le sinergie con Italferr e Rete Ferroviaria Italiana. Quelli finanziari entrare sul mercato della raccolta di capitali dalla porta principale, quella che ci apre Ferrovie. Se avessimo deciso di fare da soli avremmo dovuto aspettare i tempi di Eurostat per contabilizzare l’uscita dalla Pa, e magari raccogliere capitali che sarebbero andati a gonfiare il debito pubblico. Invece saranno le Ferrovie il veicolo dell’indebitamento. A chi mi chiede se ciò significherà una retrocessione dell’Anas io rispondo che non sono qui per tutelare il mio posto di lavoro ma per creare valore per l’azienda per cui lavoro, e questa operazione lo fa. L’Anas da sola sul mercato oggi vale zero, nonostante lo Stato ci abbia messo 20 miliardi". Trovato il veicolo e costruita l’operazione adesso si tratta di capire come l’Anas intenda alimentarsi e diventare appetibile per gli investitori. Bisogna remunerare il capitale. Ora vivete di trasferimenti dello Stato. "Non sarà più così. Stare nella pubblica amministrazione significa avere la paghetta, noi vogliamo uno stipendio, perché con la paghetta le banche non ti danno il mutuo. Con lo stipendio sì. E allora stiamo studiando con le autorità regolatorie i meccanismi di finanziamento. La strada che al momento sembra più percorribile è quella di un prelievo sull’accisa che grava sui carburanti, cosa che risponde al principio di correlazione tra consumo di strade e di benzina e a quello europeo di far pagare chi inquina. Una volta stabiliti i parametri pensiamo di poter remunerare gli investitori. Terna, ad esempio, ha un ritorno del 6 per cento. Ma noi stessi, nella piccola parte in cui non siamo soggetti alle norme Pa, emettiamo bond. Titoli che, tra l’altro, hanno due gradini di affidabilità in più, da parte delle agenzie di rating, del livello assegnato all’Italia". Altre ipotesi sarebbero un intervento sul bollo, o la vignette, come in Austria, Svizzera e Slovenia. Ci avete pensato? "Certo. Come pure abbiamo pensato a una tariffazione basata sulla identificazione della targa. L’Anas ha tremila punti di rilevazione sulla sua rete che permettono di identificare il veicolo in transito. E stiamo anche studiando la strada di una scatola nera sui veicoli, magari facendo accordi con le assicurazioni. Ma il prelievo tramite accisa ci sembra il più diretto e il più protetto dall’evasione". Con più risorse ci saranno più investimenti e più opere. Non c’è il rischio di invadere il paese di cantieri inutili? "No, la nostra filosofia è diversa. In passato il paese ha ceduto alle pressioni di chi voleva massimizzare i suoi profitti lucrando su una garanzia latente dello Stato. In pratica: si costruivano autostrade, il progetto economico non funzionava, lo Stato ripianava. Unadissimmetria del rischio di mercato. Io credo che le strade e le infrastrutture vadano fatte dove ci sono le dimensioni adeguate. In questo senso funziona la sinergia Ferrovie-Anas. Se sulle lunghe percorrenze la strada o il treno non reggono la concorrenza con l’aereo bisogna tenerne conto, e magari costruire infrastrutture per l’aereo, non contro". Quindi su cosa vi concentrerete? La E-45 Orte Cesena qualcuno vuole trasformarla in autostrada a pagamento. Siete d’accordo? "No. Quella strada versa in uno stato indecente, per anni è stata trascurata la manutenzione dando così a qualcuno la possibilità di dire che sarebbe meglio trasformarla in autostrada a pedaggio. Noi la rimetteremo in sesto, i cantieri stanno già partendo, costerà 1,6 miliardi. E’ un’opera importante, che accorcia la direttrice verso est. Non servono giganteschi lavori infrastrutturali, la nostra missione è anche quella di far funzionare l’esistente, completare le opere incompiute, e - soprattutto - la modularità. Vanno collegati i porti alle strade che ci sono intorno, va rimessa in sesto la rete di 155mila chilometri di strade provinciali, vanno realizzate tratte metropolitane con la collaborazione degli enti locali. A Roma stiamo progettando di aumentare la capacità del Raccordo anulare e di creare un collegamento più diretto tra gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino. E va recuperato il senso del presidio delle strade: basta immondizia e trascuratezza. Stiamo installando più telecamere e facendo accordi con i comuni per migliorare la situazione". Non sarà a pagamento nemmeno la Salerno-Reggio Calabria, che state completando. Finirete in tempo? "I lavori procedono come da programma. Non sarà a pagamento perché i livelli di traffico stimato non consentirebbero di coprire il costo dell’opera". Lei parlava di modularità. Abbiamo circonvallazioni che finiscono contro un muro, gallerie che non collegano niente. La Salerno-Reggio finisce sul mare. Che fate con il Ponte sullo Stretto? "Io mi adeguo a quello che mi dice il mio ministro. Da un punto di vista economico fare un ponte per evitare che un camion dal nord si imbarchi su una nave non è conveniente. Dall’altro penso che insieme Reggio e Messina sono la quinta città italiana, e vedo i risparmi che potrebbero avere se un ponte le collegasse: università, aeroporto, servizi. Questo avrebbe un enorme valore. In ogni caso l’importante è decidere e non tornare indietro: non c’è nulla di peggio che dare il via libera a un’opera e poi fermarla perché ci si è ripensato". Con Ferrovie-Anas lo Stato torna a fare l’imprenditore, cosa che aveva dimenticato. Perché? "Inspiegabilmente con la crisi l’Italia ha scelto la via di ripiegarsi su se stessa, abbiamo ripianato i deficit tagliando gli investimenti. E questo nonostante i tassi di interesse per finanziare le opere siano i più bassi di sempre. Lo Stato si è ritirato, mentre i privati dimostravano di essere troppo piccoli per competere sul mercato delle grandi opere. Il risultato è la perdita della leadership in un settore, quello delle infrastrutture e delle grandi opere, nel quale abbiamo sempre avuto un ruolo guida per competenza e innovazione". Ora ci riprovate voi, e a giugno presentate un nuovo piano industriale che già si spinge molto avanti. Cosa avete previsto? "Per prima cosa tornare a presidiare le strade, che sono il biglietto da visita del Paese e delle amministrazioni di fronte ai cittadini e ai viaggiatori, il che significa potenziare i cantonieri e riportare dentro l’azienda i cantieri per la manutenzione. Poi tornare a fare in casa la progettazione, altra cosa che era stata inspiegabilmente esternalizzata. Infine fare quelle riorganizzazioni della nostra struttura territoriale che saranno necessarie per rendere più efficace la presenza sul territorio". di FABIO BOGO, Affari&Finanza – la Repubblica 30/5/2016