Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 28 Sabato calendario

NON CI BASTERÀ UNA SEXBOT E VIA


Orgasmi metallici, sentimenti al silicone, amplessi reali con partner virtuali. Sotto le lenzuola, nel sesso del futuro, si vedranno cose che noi umani non potremmo immaginarci.
L’intimità coi robot sconvolgerà il concetto di coppia, avverando quanto predetto da letteratura e cinema, che sul tema dei rapporti non platonici con le macchine hanno molto fantasticato. Già nella mitologia greca: Pigmalione si innamorò di una statua d’avorio al punto da dormirci assieme nella speranza che si animasse. Millenni dopo, siamo sulla strada giusta per accendere quella scintilla. Secondo il famoso futurologo britannico Ian Pearson, entro il 2050 faremo più sesso coi robot che con altri umani. La dottoressa Helen Driscoll, psicologa della sessualità e delle relazioni all’università di Sunderland, ha fissato l’avvento della robophilia nel 2070, teorizzando che «le persone potranno innamorarsi dei loro partner virtuali». Ne è convinto anche David Levy, guru delle intelligenze artificiali e autore del controverso Love and sex with robots, libro in cui preconizza i matrimoni coi robot entro il 2050. «Se assomiglia a un essere umano, si comporta come un essere umano, parla come un umano, perché le persone non dovrebbero trovarlo attraente?».
I sexbot saranno la naturale evoluzione delle bambole sessuali che hanno avuto il boom negli anni ’90. La californiana Abyss Creations si è specializzata nelle RealDolls in silicone di altissima qualità (e prezzi da svariate migliaia di dollari), vendendone 5 mila dal 1996 a oggi. Il prossimo passo si chiama Denise. Progettata da Matt McMullen, è una testa robotica che si potrà applicare sulle versioni precedenti delle bambole. In una decina d’anni si punta a creare un corpo completo, che costerà 60 mila dollari. Nello spot Denise recita frasi come «Sogno di scoprire il vero significato dell’amore», «Toccami seriamente, non sto giocando». Il robot umanoide, secondo il creatore, «darà l’illusione di divertirsi quanto il padrone, sarà in grado di godere dell’atto sessuale», tanto che McMullen è arrivato ad auspicare un legame emotivo con il robot: «Vorrei che gli utenti provassero una sorta di amore per questo essere», ha dichiarato al New York Times.
La TrueCompanion ha perfezionato e messo in commercio la sua Roxxxy, realizzata dall’ingegnere elettronico Douglas Hines e sponsorizzata come «il primo robot del sesso al mondo». Una bambola alta 1 metro e 70, da personalizzare nei minimi dettagli estetici. Una sex doll dalle fattezze umane quasi perfette, «sempre accesa e pronta per parlare e giocare». Secondo la réclame, la versione Gold (che costa circa 10 mila dollari) è un’intelligenza artificiale in grado di interagire e soprattutto «può persino avere un orgasmo!». Si può scegliere tra 5 diverse personalità, dalla timida alla provocante, fino alla Young Yoko, «asiatica appena maggiorenne». E a breve, annuncia il sito, arriverà anche Rocky, la versione maschile.
Tra gli esperimenti più basic di sex robot c’è di tutto. Autoblow 2 è un simulatore di sesso orale per uomini, una guaina di gomma che replica le sembianze e i movimenti di una bocca impegnata in una fellatio. Ci sono poi finti fondoschiena che twerkano o visori per Oculus Rift che abbinati a vagine artificiali simulano sesso virtuale con il personaggio di un manga. La domanda è tale che i creatori giapponesi del social robot domestico Pepper hanno dovuto specificare nei termini di utilizzo che «non è adatto a scopi sessuali».
Siamo però ancora lontani dall’eccellenza. Un vero sexbot dovrà saper compiere spontaneamente azioni che piacciono all’utente. Serviranno le nanotecnologie per creare una pelle realistica. E nessun sexbot è, oggi, in grado di stare in piedi da solo. Lo scienziato Masahiro Mori nel 1970 coniò la teoria della “Uncanny valley” (la valle perturbante), secondo cui l’estrema somiglianza dei robot all’uomo provoca repulsione e inquietudine in chi lo guarda. L’obiettivo è quindi creare qualcosa di così convincente da non risultare disturbante.
Diverse serie tv come Humans e BlackMirror hanno trattato il tema dei rapporti coi robot. Mentre nel mondo reale si è già scatenato il dibattito etico. Kathleen Richardson, docente di Etica della robotica all’Università di Leicester, insieme al collega svedese Erik Billing dell’Università di Skövde ha lanciato lo scorso settembre una campagna per vietare lo sviluppo dei sex robots nel Regno Unito. Perché, sostiene, questi robot hanno una forte componente misogina e perpetuano stereotipi svilenti per le donne, considerandole oggetti. Inoltre i partner androidi «ridurranno l’empatia umana e contribuiranno ad aumentare sfruttamento sessuale e prostituzione». Su questo punto esiste una teoria opposta. Ian Yeoman e Michelle Mars, in un articolo scientifico intitolato Robots, men and sex tourism, ipotizzano gli effetti positivi dell’avvento dei sexbot nel Red district di Amsterdam del 2050: drastica riduzione di prostituzione, traffico di esseri umani e malattie sessualmente trasmissibili. Secondo David Levy i robot sessuali potrebbero avere una funzione terapeutica nel trattamento della pedofilia. Anche su questo caso Richardson dissente: «Pedofili, violentatori e coloro che non riescono ad avere relazioni umane hanno bisogno di cure, non di bamboline. Sarebbe solo un placebo. La nostra campagna non è per proteggere i robot, ma gli esseri umani».