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 2016  maggio 28 Sabato calendario

CERCAVO UN’AVVENTURA HO TROVATO MIO MARITO


Da New York a Milano, su Tinder è come osservare una persona che balla in discoteca o che beve al bancone di un bar. L’approccio è lo stesso. Almeno così assicura chi usa la app degli anni 10. Invece di trovarci fisicamente di fronte a qualcuno, vediamo la sua foto scorrere sul nostro cellulare: se ci piace, un cuore; se non è il nostro tipo, passiamo al successivo. Fondata nel 2012, Tinder in pochi anni è diventata forse l’app di incontri più usata al mondo. Si contano ormai circa 50 milioni di iscritti in 196 Paesi. E, infatti, li ritroviamo dappertutto: single (e non solo) che controllano metodicamente il display del cellulare, distribuendo cuori o x ai vari profili. Sono amici, colleghi di lavoro, parenti, sconosciuti. L’utente tipo, è stato calcolato, accede a Tinder 11 volte al giorno e ci passa mediamente 90 minuti. Un lasso di tempo considerevole se si pensa che spesso gli iscritti hanno profili da consultare anche su altre piattaforme concorrenti, come Match.com, PlentyOfFish, OkCupid e Meetic, per citarne alcuni. Tutti nuovi modi di pensare l’amore. Il fenomeno delle app di dating ha avuto la forza dirompente di una rivoluzione, quasi quanto quella registrata dalle popolarissime chat di incontri negli anni ’90. Oggi è possibile collegarsi in ogni momento e in qualsiasi situazione senza aver bisogno di un computer. Grazie al sistema di localizzazione, inoltre, è ancora più facile trovare a pochi chilometri di distanza l’avventura di una sera. Il numero dei rapporti occasionali è cresciuto esponenzialmente, assicurano i critici, che accusano Tinder di essere responsabile anche dell’aumento delle malattie sessualmente trasmissibili. Ma se fino a poco tempo fa la semplicità di approccio tra gli utenti (il primo contatto è stabilito attraverso il gradimento della foto) offerto da Tinder rendeva l’applicazione perfetta per chi fosse alla ricerca solo di sesso, al netto delle complicazioni relazionali, oggi i numeri raccontano anche un’altra realtà. È usata da tutti e per molteplici scopi. Hanno un profilo su Tinder persino le aziende in cerca di candidati a cui offrire uno stage e, purtroppo, non mancano gli spacciatori di droga, facili da rintracciare attraverso parole chiave. Soprattutto però - e questa sembra essere la più grande scommessa vinta dalla società guidata da Sean Rad - quattro anni di attività hanno festeggiato l’unione di numerose coppie che, pur cercando inizialmente soltanto una notte di sesso, alla fine hanno messo la fede al dito; in alcuni casi hanno dato alla luce i “Tinder baby”, come sono stati ribattezzati i piccoli nati da amori sbocciati grazie all’applicazione. Per esempio il figlio di Rachel Honowitz e Jason Cosgrove, che arriverà quest’estate. Quando si sono conosciuti, lei era in contatto con almeno altri dieci profili, lui era già uscito, dice scherzando, con almeno una cinquantina di ragazze. Che si dovessero conoscere, ci spiegano, era destino. La dating app ha probabilmente solo velocizzato i tempi. Prima che i loro profili si incrociassero, infatti, lei era in cura da una dentista che si sarebbe rivelata poi essere la cognata del suo futuro marito. «La nostra storia sarebbe potuta iniziare tranquillamente alla vecchia maniera», ci racconta Rachel. Trentacinquenne, originaria di Philadelphia, dopo 12 anni di lavoro a New York all’interno della popolarissima rivista People, nel 2014 si è trasferita a Los Angeles. «Ero nuova in città, ho creato un profilo per fare conoscenze». Jason invece ha 38 anni, in California ci è nato e a Los Angeles lavora nell’industria dell’intrattenimento. «Quando è arrivata Rachel avevo da poco chiuso una lunga relazione. Prima di lei usavo Tinder, ma senza grandi aspettative». Due settimane dopo aver scambiato i primi messaggi, l’incontro in un ristorante giapponese. Quattro ore filate di chiacchiere sono bastate a Jason per capire che quella sarebbe stata forse l’ultima persona conosciuta su Tinder. Per Rachel la sicurezza è arrivata dopo un mese. Da questo amore fiorito su smartphone nascerà presto un bambino. Jason e Rachel non hanno avuto problemi a raccontarci la loro storia «perché negli Usa non ci sono più pregiudizi. In tanti si conoscono online, questi amori sono sempre più numerosi».
Poi ci sono Maurice e Caroline. Quando Maurice (il nome è di fantasia, ci ha chiesto l’anonimato), ventotto anni, ha messo il primo cuoricino sulla foto di Caroline stava finendo il suo turno in un ristorante francese di Manhattan. «Era rimasto solo un tavolo», ci racconta, «e per riempire i momenti morti guardavo sul telefono i profili che Tinder mi proponeva». Aveva scaricato l’app per riuscire a “scaricare” la sua ragazza di allora. «Era diventata una relazione malata, ma faticavo a chiuderla perché avevo paura di non trovare altre donne con cui uscire». Sull’app Maurice, nato in una cittadina non distante da Parigi, inizia quindi a cercare prima di tutto l’approvazione femminile, anche se virtuale. Ritornato single, ha fissato i primi appuntamenti. «Devo essere sincero, non avrei mai voluto trovare la mia fidanzata su internet. Ero solo alla ricerca di un’avventura. Facendo il cameriere non ho mai avuto tanto tempo per andare in giro la sera, su Tinder mi sono molto divertito. Non mi era mai capitato di portare a letto una donna al primo incontro. Finalmente, il sesso senza impegni non aveva lo stigma negativo che ha nella vita reale. Mi sono imbattuto in donne libere». A unirlo a Caroline, 23 anni, inizialmente è stato proprio il sesso. «Da subito un’intimità incredibile. Lei è bellissima e passionale. Dopo un mese e mezzo di frequentazioni, però, ha iniziato a chiedermi di più: voleva andare al cinema, fare le passeggiate sull’Hudson. Ci sono voluti quattro mesi per capire che di lei mi piaceva tutto». Ora, il suo visto è scaduto ed è dovuta tornare in Francia: per restare a New York ha bisogno di trovare un lavoro che le permetta di regolarizzare i documenti. Non sarà facile, ma al momento può tornare con un visto da studentessa. A sua madre Maurice ha già parlato di lei: «Le ho detto di averla conosciuta al ristorante».
Gli amici e i parenti di Luke, invece, sono riconoscenti all’app californiana perché «percepiscono che Sarah è riuscita a rendermi felice come mai nessuna prima», ci confessa. Il suo ingresso nelle dating app inizia a seguito di una tragedia, la morte della moglie cinque anni fa. Da quel momento «avrò avuto almeno 300 appuntamenti. Nessuno era più sorpreso di me quando l’ho incontrata: lei era esattamente quello che stavo cercando». E adesso Luke vuole sposarla. Sarah ha 29 anni, ha fatto vari lavori, passando dal design al management; lui 35, spirito avventuroso, è appassionato di surf. «Anch’io ho avuto diversi appuntamenti prima di incrociare il profilo di Luke: per la maggior parte sembravano colloqui di lavoro», commenta Sarah. Poi il doppio clic che avrebbe cambiato le loro vite per sempre. Quando lui ha visto la foto di lei si trovava per strada, alla ricerca di una gelateria. «Mi ha contattato chiedendomi: “Perché penso di conoscerti già?”. Le ho risposto che avevamo 25 amici in comune. Quindi ci siamo visti, per un aperitivo». Sono bastate due settimane per capire che avevano fatto centro. «Ora non abbiamo segreti l’uno per l’altro, e insieme stiamo girando il mondo». La data del matrimonio è già fissata, per il 22 luglio. «Mi ha chiesto di sposarlo dandomi l’anello più brillante che avessi mai visto». «L’ho disegnato io. Le ho fatto credere che dovessi fare un servizio fotografico per lavoro, e siamo partiti per le Hawaii. Il bello è che siamo cresciuti a meno di duecento chilometri distanza, nel sud dell’Ontario, e poi per lavoro ci siamo trasferiti entrambi a San Francisco. Da ragazzi abbiamo persino frequentato lo stesso college». Nel mondo reale le loro vite sono proseguite senza sfiorarsi. Vicine, ma parallele. C’è voluta un’app a creare il ponte su cui si sono incontrati. Qualcuno lo chiama destino. Altri, semplicemente, l’algoritmo di Tinder.