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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

QUANTO DURANO 11 MINUTI


Venerdì sera, 13 gennaio, ore 21, cena al ristorante Milano. Una sera come tante, ma sentivo che sarebbe stata molto importante. Avevo scelto la cravatta più bella, la camicia su misura, i gemelli portafortuna. Non volevo apparire, solo mostrare il giusto rispetto ai miei convitati. Perché di mestiere invento programmi televisivi e avevo un appuntamento con un importante produttore di Sky al quale stavo per vendere il mio nuovo format tv.
Per rompere il ghiaccio – noi italiani la prendiamo alla larga, prima di parlare di soldi – abbiamo riempito due grandi calici di vino. Poi ho scoperto che si chiamano “ballonito”, si usano per i rossi importanti e sono perfetti per “far respirare” il vino. La cena stava per cominciare, quando all’improvviso ho sentito un rumore lontano. Irreale. Inquietante. TA TA TA TA TA... BAM! Come se in autostrada a cento all’ora avessi messo la prima. Il tavolo si è inclinato e il bicchiere di vino s’è rovesciato sul vestito. Una macchia gigante: sulla camicia più bella, sulla mia cravatta preferita.
È capitato a tutti. Ecco, ricordate quello stato d’animo e moltiplicatelo per dieci: tovagliolo, acqua fredda, acqua calda, acqua gasata, strofina, non strofinare: c’è sempre qualcuno al tavolo che sa come risolvere le macchie. Degli altri. Quella era troppo invadente e campeggiava, arrogante, sulla camicia. Mi sono rassegnato, abbiamo rimesso a posto il tavolo e cercato di riprendere la conversazione. Io sentivo ma non ascoltavo: continuavo, infastidito e distratto, a pensare a quella macchia.
Dopo undici minuti esatti, lo stesso rumore. Più forte, sordo: TA TA TA TA TA... BAM! Da lì in poi, ho smesso di preoccuparmi della macchia perché l’unica priorità era salvarmi la vita... Il ristorante Milano era al ponte numero 4 della Costa Concordia. Ero là, la notte in cui è naufragata. Quando sono arrivato a terra e ho visto la nave inclinata, ho capito che potevo essere morto e che avrei sprecato gli ultimi 11 minuti della mia vita a preoccuparmi di una macchia.
Da allora, quando alcunché mi rende infelice, sposto avanti le lancette di 11 minuti, e mi chiedo: ma questa cosa conta ancora o non conta più? Quasi sempre, credetemi, dopo 11 minuti, quello che mi fa arrabbiare, quella macchia che mi fa sprecare vita, non conta più!

Quella notte ho compreso che il tempo non è un concetto assoluto, come avevo sempre creduto. Possiamo viaggiarci, allungarlo, plasmarlo a piacimento; e farlo influenza il nostro modo di vivere. Sin dall’infanzia siamo vittime di un potente presupposto condizionante: che esso, cioè, è una variabile esogena della nostra vita, immodificabile, da accettare in modo assolutamente passivo. In realtà, è un’illusione della percezione, è una dimensione vincolante, sì, ma è manipolabile. Dobbiamo solo renderci conto che, all’interno di essa, possiamo muoverci con discreta libertà.
Ci hanno insegnato che una giornata è suddivisa in 24 ore, dunque assumiamo come dogma che il tempo sia una misura assoluta: ma nessuno ci ha mai insegnato che la percezione soggettiva di quelle 24 ore è più importante del tempo stesso. Mi ha sempre affascinato indagare i meccanismi percettivi dell’uomo e le strategie per condizionarli; conoscendo quelle strategie possiamo modificarne la percezione del tempo, a moltiplicarne la durata, a migliorarne la qualità, a organizzare al meglio la vita e, come vedremo, a scegliere di essere felici.
Come? Iniziamo analizzando l’alterazione dei nostri processi percettivi temporali quando siamo al cinema. A volte un film di tre ore sembra durare un attimo, altre sembra eterno. Stesse tre ore, sensazioni del tutto diverse. È l’abilità del regista ad agire sui nostri sensi: cambia ritmo, pause, sposta il focus. Usa, insomma, tutte le armi della drammaturgia per alterare la percezione di chi guarda. Allo stesso modo, assumendo il ruolo di registi della nostra vita, possiamo agire direttamente sulla sensazione di ogni singolo minuto per massimizzare la qualità del tempo, scegliendo di riempirlo di soli istanti interessanti e, contemporaneamente, migliorarne la qualità. Ma possiamo anche allungare le giornate e “vivere più a lungo”. Sempre in ritardo nel consegnare un lavoro? Sempre finito di studiare la notte dell’esame? Vi sentite oberati da impegni e avete la sensazione che il tempo non basti mai? Dite spesso: «Quante cose farei se avessi un’ora in più al giorno»?

Vivere più vite in serie non ci è concesso, ma viverle in parallelo sì: mutuando la millenaria tecnica dei prestigiatori detta “training differenziale”. Il “mago” necessita di almeno dieci ore al giorno di pratica per poter raggiungere la perfezione in ogni singolo movimento – e per ogni gioco di prestigio ci sono decine di specifici movimenti da allenare. Un tempo inconciliabile con una vita sola. Ecco perché gli illusionisti sono costretti ad allenarsi continuamente: camminano per strada nascondendo una moneta nel palmo, guardano la televisione mischiando le carte, giocano in modo compulsivo con qualunque oggetto. Cioè, rubano secondi alla vita compiendo diverse attività in parallelo. Riempire il tempo con 60 secondi di intensa attività è uno dei segreti per sfruttare a pieno l’esistenza.
È incredibile come ognuno abbia la sensazione di vivere alla massima velocità, di essere sempre vicino al limite. Eppure, quante volte abbiamo catastroficamente mancato la consegna di un lavoro? Mai o quasi mai! Magari ci abbiamo passato sopra la notte ma alla fine siamo riusciti a consegnarlo entro la scadenza. Quante volte abbiamo perso un treno o un aereo? Poche, una percentuale infinitesimale nella totalità dei nostri ritardi. Questo effetto in tv è noto come “la magia della diretta”. Alla vigilia prima sembra impossibile andare in onda, mezza scenografia è da finire, mancano i copioni, i conduttori non sono preparati. Poi, il giorno dopo, tutto fila liscio. Capita in tutti i lavori, ogni giorno, a ognuno di noi. Che, in quanto umani, sembriamo avere una propensione masochistica a sentirci oberati: assegnato un compito da svolgere e dato un intervallo di tempo, autolimitiamo la nostra velocità per completarlo, affannati, un secondo prima della scadenza. Come se inseguissimo il piacere patologico di essere in ansia.
Anche nella vita esiste una magia della diretta, che chiamo “teoria dello yogurt pre-esame”. Nel mese precedente il test studiamo lenti, distraendoci di continuo: dall’sms a un amico bisognoso fino alla voglia compulsiva di yogurt, ogni scusa è buona per lasciare la scrivania. Poi, man mano che i giorni diminuiscono, anche le pause scemano e la produttività aumenta. Nel rush finale non si mangia, non ci si lava, non si telefona, non si dorme più e, come per magia, in 24 ore si assorbono più cose di quante non se ne siano imparate in un mese.
Da ciò si evince che spalmiamo le attività in base al tempo, invece di gestire il tempo in base alle attività. Ne ho avuto la piena consapevolezza una mattina... Premesso che ognuno ha le proprie stranezze, io preferisco impostare la sveglia a orari non usuali: 7:27 o 7:33, mai alle 7:30. Così mi sembra di dare maggior valore a ogni singolo istante. Calcolo con precisione i minuti necessari a fare la doccia, i secondi della colazione, i centesimi per vestirmi. Se devo prendere il treno, so che dalla sveglia al binario mi separano 33 minuti e 22 secondi: è il tempo esatto necessario ad arrivare al treno di corsa, con il fiatone e all’ultimo secondo.
Un giorno dovevo prendere quello delle 8:10. Di conseguenza avevo impostato la sveglia alle 7:36 con ben 38 secondi di margine. Mi sveglio, pronto a scattare, ma trovo un messaggio della mia segretaria che avvisa di non scapicollarmi perché l’appuntamento era stato spostato di un’ora e il treno di conseguenza. Avevo quindi un’intera ora di tempo “omaggio” da usare a mio piacimento! Avrei potuto rispondere alle mail, finire un articolo, finalizzare un budget e chissà cos’altro, ma mentre fantasticavo, senza che me ne accorgessi il tempo della barba era passato da due a cinque minuti, la doccia da quattro a dodici e la colazione, arricchita dal telegiornale, da un minuto a un quarto d’ora. Risultato: sono arrivato al treno di corsa, con il fiatone e all’ultimo secondo.
Molte volte siamo vittime del tempo, lo subiamo assumendo per assurdo che la velocità con cui esso scorre non dipenda da noi. Invece dipende anche da come lo usiamo e lo riempiamo. Il primo passo necessario a sfruttare questa nuova consapevolezza consiste nel darsi tempi stretti, precisi e rispettarli. Questo non comporta una vita più stressata: al contrario, significa prendere coscienza della nostra esistenza e scegliere come gestirla.

È possibile manipolare il tempo per vivere più a lungo? Assumendo che la vita media sia di 80 anni, statisticamente ne passiamo circa quattro fermi nel traffico, nove a tavola, 27 dormendo, tre in fila, 110 giorni a farci la barba e 140 a baciarci.
A volte, proprio le piccole reiterazioni quotidiane sono la causa del vivere frenetico. La somma delle nostre singole abitudini ha un impatto incredibile sulla vita e sovente neppure ce ne rendiamo conto. Passate venti minuti al giorno su Facebook? Un’inezia, ma se provate a moltiplicarli per i giorni della settimana, per le settimane dell’anno e per gli anni della vita scoprirete che al termine dei vostri giorni avrete passato un anno intero navigando tra profili di amici e sconosciuti. Considerando invece le giornate lavorative di otto ore, sappiate che venti minuti quotidiani equivalgono a circa quattro anni di professione, durante i quali avreste potuto prendere una laurea, conquistare una promozione, iscrivervi a un corso di chitarra o realizzare qualsiasi sogno abbiate sacrificato pensando di non avere abbastanza tempo.
Facebook è solo un esempio: in tutto ciò che facciamo nella giornata, dobbiamo essere consci che stiamo esercitando delle scelte più o meno consapevoli: stiamo decidendo cioè come impiegare il nostro tempo. Ne consegue che impegnarsi in una cosa, porta necessariamente a sacrificarne un’altra. Abbiate solo contezza che ogni secondo può essere manipolato da voi, perché avete il potere di scegliere come gestirlo. Dire «non ho tempo di farlo», spesso significa scaricare a terzi una responsabilità propria. A causa della nostra distorta percezione del tempo, infatti, abbiamo spesso l’impressione di non averne a sufficienza; il che ci porta a impiegarlo male, senza rendercene conto. Avere coscienza di poterlo manipolare è il primo passo per moltiplicarlo.
Ho spostato le lancette avanti di 11 minuti per ricordarmi che posso sempre vedere il mondo da una prospettiva diversa. Cambiare il focus nella linea cronologica mi permette di spostare il percepito della vita vissuta. Viaggiare nel tempo e portarci 11 minuti avanti è una metafora per ricordare che quanto oggi ci rende infelici o ci fa arrabbiare oppure ci preoccupa, domani ci sembrerà sfumato e poco importante. Undici minuti non sono tanti, ma per me sono stati importanti: mi hanno consentito di prendere coscienza che si può scegliere di essere felici. Una consapevolezza che aiuta ad attribuire il giusto valore alle cose della vita... quindi non guardate la singola ora o l’attimo ma analizzate la figura d’insieme. Il tempo, in quanto tale, è vita e guardarlo olisticamente ci rende liberi. Il tempo, nell’attimo è fatto di secondi, e guardare i secondi ci rende ciechi.

Se ripenso al 13 gennaio, mi rendo conto che a bordo della Costa Concordia guardavo i secondi, poi quando sono arrivato a terra e ho visto la nave ho guardato il tutto. Mi sono dimenticato della macchia e ho osservato il naufragio da lontano. Quando racconto di quella notte il mondo si divide in due categorie. Il 95% mi dice: «Eh... ma che sfortuna che hai avuto!». Poi c’è un 5%, che mi dice: «Che fortuna hai avuto, hai vissuto un miracolo!». A me piace pensare che abbia ragione quel 5%. Certo la Concordia è stata una tragedia, ma per noi che siamo vivi, credo sia giusto pensare di aver vissuto un miracolo.
Così ogni mattina, quando mi alzo, mi chiedo cosa farò per trasformare anche oggi in un miracolo. A voi chiedo: cosa farete da domani, per vivere pienamente il vostro tempo e scegliere di essere felici?

P.S. Adesso dovreste avere le lancette dell’orologio avanti di 11 minuti. Se le rimettete a posto, non cambierà nulla, oppure tenetele così: servirà a ricordarvi di dare il giusto peso alle cose che contano e, quanto meno, vi permetterà di arrivare più puntuali agli appuntamenti.


Walter Rolfo è il ceo di Masters of Magic, multinazionale dell’illusionismo. Autore, produttore e conduttore, negli ultimi 10 anni ha creato tutti i programmi di magia su Rai, Mediaset e Sky. Detentore di 4 Guinness World Record, è un prestigiatore atipico: ingegnere, giornalista, formatore, esperto in processi percettivi, applica il pensiero laterale illusionistico come comunicazione e per aiutare le aziende, attraverso percorsi di coaching. Il testo in corsivo è tratto dal one man show teatrale L’arte di realizzare l’impossibile, di Walter Rolfo e Alessandro Marrazzo.