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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

AH, IL BEL SESSO DI UNA VOLTA– [Natalia Aspesi] MILANO. «Cent’anni fa, nella mia adolescenza, ci si pastrugnava moltissimo

AH, IL BEL SESSO DI UNA VOLTA– [Natalia Aspesi] MILANO. «Cent’anni fa, nella mia adolescenza, ci si pastrugnava moltissimo. Eravamo delle belle schifosette, però quella cosa ce la tenevamo stretta perché era il nostro solo tesoro, soprattutto di noi ragazze povere». Nella sua casa di Milano, piena di libri, e di fiori e tetti al di là della finestra, Natalia Aspesi parla d’amore. «Giocavamo al dottore, non ci controllava nessuno, adesso invece si è troppo sorvegliati. Ma lei lo sa che in Svizzera ai genitori è vietato accompagnare i bambini a scuola? Mi ricordo che a 12 anni – c’era ancora la guerra – per andare alla pista da schettinaggio alla Borletti passavo da un prato dove c’era sempre un signore con il cappotto aperto, io però ero una bambina miope così vedevo soltanto una cosa rosata, e avevo desiderio di andare a vedere. Avrei voluto saperne di più». Questioni di cuore – la rubrica d’amore del Venerdì – uscì per la prima volta il 9 ottobre 1992. La prima lettera, firmata da Gianni Filardi, uno studente di sociologia di Roma, incominciava così: «Che fine hanno fatto le ragazze? Chi le ha cancellate? Chi le ha sostituite con ultracorpi di aspetto femminile?». E terminava, lamentosa e straziante: «Finirò per sposare una di loro, cattiva, o resterò sempre solo, come adesso?» Natalia Aspesi rispondeva: «Ha provato a scriverle lettere, a mandarle fiori, a regalarle libri, a dedicarle una poesia, ad aspettare per baciarla una notte speciale – mi scusi la retorica da anziana – magari di luna, silenziosa, incantata?... Se lei è deluso, le ragazze lo sono ancora di più». Sono passati 24 anni, quasi cinquantamila lettere – una quarantina a settimana – di cui quasi 4 mila pubblicate, ma di Filardi non si è più saputo niente. L’unico papabile – rintracciato sull’elenco telefonico di Frosinone – purtroppo non ha risposto al telefono. La signora Aspesi continua a parlare, di fianco al suo gatto rosso che se la dorme beato. Dopo tutte queste lettere, è riuscita a capire che differenza c’è tra uomini e donne? «Certo. Gli uomini hanno sempre a che fare con una parte del loro corpo che è indipendente, mentre le donne fanno volentieri l’amore se si innamorano, non è detto che gradiscano il sesso, non per altro, è che spesso gli uomini non sanno come sei fatta, pensano solo a se stessi e allora fai a meno. L’altro giorno ero alla presentazione di un libro e si è alzato un signore anziano che ha detto: “Gli uomini amano dalla vita in giù, le donne dalla vita in su”. Ma veramente ci sono degli uomini che pensano che quella parte del corpo femminile stia lì solo per loro?». È un’incomprensione biologica o culturale? «È anche un problema storico. Nell’Ottocento le donne erano divise in due categorie. Parlo dell’aristocrazia, perché il resto non lo so. C’erano le cortigiane, le prostitute, che avevano il dovere di godere, e poi c’erano le mogli che avevano il dovere di non godere, altrimenti le mandavano dal dottore. In quel film, Hysteria – l’ha visto? – si vede che i dottori le curavano masturbandole e pensi che ai mariti non importava niente. Strano!». Una specie di infibulazione culturale... «Sì, ma solo nell’Ottocento, il periodo più oscuro. Nel Settecento era tutto permesso, le corna volavano. La gelosia c’era da innamorati, ma poi passava». Sul tavolo pieno di libri davanti al divano – vicino a «Sono una donna, sono la Santa» di Daniela Santanchè – c’è la prima edizione di «The Age of Consent», un saggio del 1972 sulla prostituzione in epoca vittoriana. Natalia Aspesi si accorge che lo sto guardando. «Ha visto che bel libro? Siccome sono vecchia e sola, e alla mia età non mi piace nessuno, l’unica cosa di cui sono felice sono i miei libri. Questo qui fa capire che gli uomini sono un po’ schifosi. Pensi che intorno al 1870 in Inghilterra passò una legge che vietava la prostituzione prima dei 12 anni. C’era questa famosa strada dove le bambine alzavano la gonna per fare vedere che erano impuberi, e se erano più grandi, si rasavano». Anche Degas dipingeva le ballerine perché gli piacevano. «Sì, appunto: non è mica vero che oggi gli uomini cercano di più le ragazze giovani. Una volta avevano la fortuna che le mogli morivano di parto, così si risposavano e ne avevano sempre una di vent’anni. A innamorarsi delle giovani sono quelli più fragili. Chi ha una visione più ampia, mi scrive ammirato della donna con cui sta. All’inizio erano più incattiviti». Anche le donne oggi possono cercarsi uomini più giovani. «Non so, credo che sia piuttosto raro. I giovani son belli da guardare, certo, io mi incanto, ma sono così noiosi. Non ho amiche con morosi più giovani, anche per via del contrasto fisico che è umiliante, la pancia tremolante, va be’ il buio, ma insomma... Oggi le donne sono belle più a lungo, basta non farsi quei tiraggi che ti rendono un mostro. Una cosa di cui sono orgogliosa è avere scoperchiato il mondo dell’amore tra le persone anziane, di cui non si parlava tanto. Non c’è età per l’amore». Quali le lettere più belle che riceve? «Mi interessano di più quelle degli uomini, perché soffrono moltissimo per la mancanza di un rapporto d’amore. Scrivono soprattutto quelli sposati: dopo un po’ le donne si stufano, e allora loro s’innamorano o cercano su internet, ma mica solo il sesso, anche per parlare o andare al cinema. Adesso ci stan montando la testa col sesso, con il sadomaso, che devi fare le porcate. Non è indispensabile. Si dà troppa importanza al sesso, magari è la cosa più bella del mondo, ma mica può durare per sempre. Il matrimonio lo contempla, ma solo per un po’. Invece c’è ancora quest’idea che duri tutta la vita, e non si capisce come facciano a crederci». E allora come si fa? «Come mai nel Settecento tradirsi era normale? Secondo me bisogna distinguere tra famiglia e coppia. Chi si sposa deve sapere che la fine del sesso potrà accadere, ma che questo non dovrà distruggere la famiglia. È la famiglia che può durare, non la coppia. Il divorzio è giusto perché ti permette di rifarti una vita, ma allo stesso tempo è sbagliato perché è difficile che insieme alla coppia non si distrugga anche la famiglia, che è una cosa importante. La famiglia o non la fai oppure non la distruggi». Quindi non è vero che tutte le famiglie infelici sono infelici a modo loro... «Forse è che tutti desideriamo troppo. La pubblicità ci fa una testa così: vedi una che lecca un gelato e sviene dal piacere, un altro mangia il formaggio ed esplode di gioia. E invece la vita è difficile. La felicità non è una cosa che prosegue. È fatta di attimi. È un sentimento che va vissuto a piccolissimi sprazzi». Dalle lettere che riceve ha visto l’omosessualità trasformarsi? «All’inizio i gay mi scrivevano molto di più. Che cosa strana! Forse il fatto di non doversi più nascondere, li ha pacificati. Dico sempre che per me la coppia vera è quella omosessuale proprio perché per i gay l’infedeltà non ha importanza. Uomini e donne pensano al sesso in modo diverso, mentre per le coppie omosessuali non è così». Rispetto a quando era giovane, il sesso è migliorato o peggiorato? «In fondo, anche se ho ricordi antichissimi, la realtà mi pare cambiata solo superficialmente. Una volta non se ne parlava, ma si scopava di più. Essendo ormai possibile far l’amore con chiunque, ovunque e comunque, si fa molto meno. O no?». Giacomo Papi