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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

IL QUIDDITCH IN ITALIA VOLA E SOGNA LE OLIMPIADI


Dalla saga di Harry Potter alla realtà, il quidditch – creato dalla fantasia di J.K. Rowling – è ormai uno sport (non più solo fantastico) con migliaia di appassionati in tutto il mondo. Nato nel 2005 da un gruppo di studenti del Middlebury College, nel Vermont, nel 2011 è sbarcato in Italia, dove oggi si contano una ventina di squadre, di cui nove ufficiali. E una nazionale, che ha debuttato l’anno scorso agli European Games di Sarteano e a luglio si batterà per il titolo mondiale a Francoforte.
Nel frattempo, il 15 maggio a Vignola, il campionato nazionale ha visto trionfare la Virtute Romana, mentre a aprile gli europei a Gallipoli, vinti dai Titans Paris, hanno superato per dimensioni e partecipanti (ben 40 squadre) l’edizione 2015 di Oxford, diventando l’evento di Quidditch più grande di sempre in Europa.
Potter-mania? Certo, ma non solo. «Ormai» racconta Andrea Miglietta, presidente dell’Associazione Italia Quidditch, «in campo non ci sono più solo fan di Harry Potter». Moltissimi (e moltissime, visto che le squadre sono rigorosamente miste) sono stati conquistati da questo sport di contatto, una sorta di incrocio fra rugby, dodgeball e pallamano. Nulla di più lontano dall’immaginario nerd, o almeno dal suo stereotipo. Certo, l’elemento caratterizzante restano le «scope», che purtroppo non volano, ma devono restare saldamente fra le gambe dei giocatori, e ormai sono sostituite con tubi in pvc. Abbandonati anche i goliardici mantelli che si indossavano agli esordi negli Usa, a richiamare l’atmosfera e la magia di Hogwarts sono le regole e la terminologia, a cominciare dal nome dei tre tipi di palloni da gioco: la pluffa (una palla da volley), i bolidi (da dodgeball) e il boccino d’oro, che nella versione «babbana» (cioè, nel gergo di Harry Potter, per umani non maghi) è una palla da tennis infilata in un calzino, attaccato ai pantaloni di un giocatore supplementare, chiamato «boccinatore».
Lo scopo del gioco è centrare uno dei tre cerchi difesi dalla squadra avversaria con la pluffa per guadagnare punti, cercando di evitare i bolidi lanciati dai battitori. E riuscire a catturare il boccino. Niente duelli volanti, insomma, ma tanti placcaggi. E tanta preparazione atletica. Ecco perché l’obiettivo dell’Aiq, in futuro, è «di essere riconosciuti dal Coni» spiega Miglietta. «E anche a livello internazionale si sta puntando al professionismo: c’è già una federazione, l’International Quidditch Association, e il sogno, prima o poi, è di poter arrivare alle Olimpiadi».
Nel frattempo, quest’anno in Italia ha debuttato anche il kidditch, la versione per bambini. Perché maghi si nasce, ma giocatori si diventa.