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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

STEFANO LORENZETTO ESERCITA L’ARTE DELLA MAIEUTICA E COMPONE UNA NUOVA GALLERIA DEI SUOI “TIPI ITALIANI”

Chi sa di giornalismo sa che l’intervista, insieme con l’inchiesta – quella vera –, è di gran lunga il genere più difficile. Il reportage e il commento sono molto più semplici. Certo, devi andare sul posto, parlare con la gente, studiare, prepararti. Ma sei comunque solo con te stesso. L’intervista presenta questa complicazione: l’intervistato. E l’intervistato non è lì ad aspettare te (se lo è, sono interviste che non lasciano traccia). Puoi decidere di fare bella figura occupando la scena, magari alterando le domande, giocando la parte di chi gliele canta chiare. Oppure puoi lavorare sulla persona che hai di fronte, sino a cavargli fuori le cose che aveva dentro e non pensava di poter dire. Poi nella stesura devi sintetizzare, rispettando le parole e il pensiero dell’intervistato, ma anche trovando la forma più scorrevole e incisiva possibile. Meno l’intervistatore occuperà la scena alla fine, migliore sarà l’effetto; il lavoro resta dietro le quinte. Ci sarà chi non lo capisce, o finge di non capire: pazienza.
Stefano Lorenzetto usa questa tecnica. Non a caso è un intervistatore straordinario. Uno dei migliori giornalisti italiani. Ho amato tutti i suoi libri, a cominciare da Cuor di Veneto, che rende giustizia alla regione più maltrattata e sottovalutata d’Italia; ma i migliori sono quelli in cui dà la parola a chi non l’ha mai avuta.
Già Tipi italiani era un autentico viaggio nella nostra provincia profonda attraverso una galleria di personaggi. Ora con Giganti – pubblicato come sempre da Marsilio – Lorenzetto porta in scena «italiani seri nel Paese del blablà».
C’è il cieco amico di Bocelli diventato il mago dei suoni del cinema (meraviglioso il racconto della morte di Michelangelo Antonioni). Abramina Pirlo, la circense che assiste nel suo camper il figlio ex trapezista ora disabile. La madre di due poliziotti caduti in servizio. L’imprenditore che assume i malati. La donna che ha incontrato 60 mila genitori che hanno conosciuto la massima disgrazia data in sorte a un essere umano, sopravvivere a un figlio. L’altra donna che vive a Malpensa da sedici anni. L’industriale che possiede il maglio più grande del mondo ma non ha potuto montarlo in Italia ed è dovuto andare in Texas («g’ho ciamà i me tosi a Houston…»). Il suo collega che si batte per i cattolici prigionieri nei laogai, i lager cinesi. Il medico che cerca donatori di musica.
Poi ci sono i personaggi pubblici. Ermanno Olmi che racconta la sua amicizia con Celentano lunga mezzo secolo. Liliana Segre che rievoca Auschwitz. Giorgio Boatti che smonta la comunità di Bose. Onestamente, non tutti mi sono parsi convincenti. Si capisce benissimo, ad esempio, che il vescovo Luigi Negri vede papa Francesco come il fumo negli occhi; però trova sempre un giro di parole per non ammetterlo. E Piero Buscaroli è ancora fermo all’idea della Resistenza voluta solo dai comunisti (e Mozzoni? Montezemolo? Artom? I carabinieri delle Ardeatine? Sogno? Galimberti? Fenoglio?). Pazienza. Le parole appartengono a chi le dice; e compito dell’intervistatore non è ricercare la medietà, che spesso confina nella mediocrità. Con tutti Lorenzetto applica la propria arte maieutica. E da tutti cava fuori cose che non pensavano di poter dire.